Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 8950 del 05/11/2015
Penale Sent. Sez. 2 Num. 8950 Anno 2016
Presidente: ESPOSITO ANTONIO
Relatore: CAMMINO MATILDE
SENTENZA
sul ricorso proposto nell’interesse di
LIBERATI Luca n. Roma il 31 luglio 1974
avverso l’ordinanza emessa il 28 maggio 2015 dal Tribunale di Livorno
Visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere dott. Matilde Cammino;
udita la requisitoria del pubblico ministero, sost. proc. gen. dott. Giulio Romano, che ha
chiesto il rigetto del ricorso;
Data Udienza: 05/11/2015
osserva:
Ritenuto in fatto
1.
Con ordinanza in data 28 maggio 2015 il Tribunale di Livorno ha rigettato la
richiesta di riesame proposta nell’interesse di Liberati Luca, legale rappresentante della
Daito Anime s.r.I., avverso il decreto di convalida del sequestro probatorio di merce
contraffatta eseguito il 20 marzo 2015 dal Servizio di vigilanza antifrode doganale
dell’Ufficio delle Dogane di Livorno. Il Tribunale ha ritenuto sussistente il fumus commissi
marchi contraffatti in relazione a merce, costituita da giocattoli e pantofole che
riproducevano personaggi di cartoni animati giapponesi e altri personaggi riconducibili a
marchi registrati, non corrispondente alla merce indicata nelle bolle di accompagnamento
e nelle fatture di acquisto. Sulla base dell’esito delle diverse consulenze eseguite sui
campioni di merce sequestrata, il Tribunale ha ritenuto adeguatamente motivato sia il
sequestro ex art.354 co.2 cod.proc.pen. dei prodotti contraffatti eseguito dalla polizia
giudiziaria, sia il relativo decreto di convalida emesso dal pubblico ministero e apposto
sullo stesso verbale di sequestro “evidentemente intendendo richiamarne integralmente il
contenuto, ampiamente descrittivo della sussistenza del fumus dei reati per i quali
Liberati Luca, quale legale rappresentante della società Daito Anime s.r.I., è indagato”. Il
Tribunale del riesame ha inoltre osservato, quanto alla motivazione del decreto di
convalida, che comunque la finalizzazione probatoria doveva considerarsi immanente
nella natura delle cose sequestrate che costituivano corpo di reato degli ipotizzati reati
previsti dagli artt.648 e 474 cod.pen. richiamati nello stesso provvedimento di convalida.
Il Tribunale ha, infine, analizzato, disattendendole, le censure difensive aventi ad oggetto
l’individuazione da parte dei consulenti delle difformità tra la merce esaminata rispetto
agli originali e, in un unico caso, l’illeggibilità della sottoscrizione del consulente.
2.
Avverso la predetta ordinanza il Liberati, tramite il difensore, ha proposto
ricorso per cassazione deducendo:
1)
il difetto di motivazione quanto alla necessità del sequestro ai fini del
compimento delle indagini preliminari e alla relazione esistente tra gli oggetti sequestrati
e le norme penali di cui si assume la violazione; la sentenza n. 4155 del 2015 citata
nell’ordinanza impugnata non si discostava da quanto affermato dalle Sezioni Unite con la
sentenza n.5876 del 2004, ric. PC. Ferazzi in proc. Bevilacqua circa l’obbligo, sancito a
pena di nullità, di motivare specificamente la necessità probatoria perseguita con il
provvedimento di sequestro probatorio del corpo di reato;
2) la violazione di legge per l’erronea convalida del sequestro anche degli oggetti
non raffigurati nelle fotografie inviate ai consulenti del pubblico ministero e non sottoposti
quindi in concreto ad alcuna verifica, come avvenuto per una serie di prodotti
delicti dei reati di ricettazione e introduzione nello Stato a fine di vendita di prodotti con
riconducibili alla Nintendo Pokemon e Marvel; la convalida avrebbe dovuto riguardare solo
il sequestro degli oggetti utilizzati per effettuare le consulenze.
Considerato in diritto
1.
Il primo motivo di ricorso è infondato.
Dall’ordinanza impugnata si desume che il provvedimento di convalida del
sequestro della merce eseguito dalla polizia giudiziaria ai sensi dell’art.354 co.2
sequestro è così formulata: “V° si convalida in rif. artt.648 e 474 c.p.. Si autorizza il
trasferimento nel luogo di custodia indagato dal custode a cura e spese dell’indagato
sotto il controllo degli operanti”.
L’inequivoco riferimento al contenuto del verbale di sequestro preso in esame dal
pubblico ministero e sul quale il provvedimento di convalida è stato vergato (il
documento costituito dal decreto di convalida è stato quindi notificato ex art.355 co.2
cod.proc.pen. alla persona cui le cose erano state sequestrate unitamente almeno alla
prima pagina del corrispondente verbale di sequestro, già peraltro consegnato alla
persona cui le cose erano state sequestrate ex art.355 co.1 del codice di rito) e lo
specifico riferimento agli articoli del codice penale riguardanti i reati di ricettazione
(art.648 c.p.) e di introduzione e commercio di prodotti con segni falsi (art.474 c.p.)
integrano, a parere della Corte, una motivazione adeguata, che non si discosta peraltro
dal principio enunciato dalla sentenza n.5876 del 2004 delle Sezioni Unite che ha
affermato la nullità del decreto di sequestro di cose qualificate come corpo di reato nel
caso di “radicale mancanza della motivazione” in ordine alla necessaria sussistenza della
concreta finalità probatoria perseguita in funzione dell’accertamento dei fatti. Va infatti
considerato che il sindacato di legittimità sulle ordinanze emesse dal tribunale del
riesame a norma degli artt.322-bis e 324 cod.proc.pen. è limitato dal primo comma
dell’art.325 cod.proc.pen. all’esclusivo vizio di violazione di legge comprendente secondo
l’ormai consolidato indirizzo giurisprudenziale (Cass. Sez.Un. 29 maggio 2008 n.25932,
Ivanov; 28 gennaio 2004 n.5876, p.c.Ferrazzi in proc. Bevilacqua; 28 maggio 2003
n.25080, Pellegrino) sia l’inosservanza o erronea applicazione della legge penale
sostanziale e processuale (art.606 co.1 lett.b e c c.p.p.) sia il difetto di motivazione che si
traduca, a sua volta, in una violazione della legge processuale (art.125 co.3 c.p.p.)
perché l’apparato argornentativo manchi completamente o risulti privo dei requisiti
minimi di coerenza, completezza e di ragionevolezza che consentano di rendere
comprensibile
l’iter
logico posto a fondamento del provvedimento impugnato
(motivazione meramente apparente).
cod.proc.pen. è stato apposto sullo stesso verbale di sequestro. La convalida del
Come questa Corte ha già avuto modo di affermare, deve ritenersi legittimo il
decreto del RM. di convalida del sequestro probatorio motivato mediante rinvio per
relationem al contenuto del verbale di polizia giudiziaria la cui copia sia stata consegnata
all’indagato, non rilevando la mancata allegazione dello stesso alla copia del decreto di
convalida notificata all’indagato (Cass. sez.III 16 marzo 2010 n.20769, Di Serio).
Nell’ordinanza impugnata il tribunale del riesame ha ritenuto che il pubblico ministero
abbia inteso richiamare “integralmente” il contenuto del verbale di sequestro nel quale la
giudiziaria proceduto all’attività di verifica dell’intera spedizione, nel corso della quale
erano individuati numerosi articoli rappresentativi di soggetti di anime giapponesi, “per i
quali era opportuno verificare la presenza di una istanza di tutela ai fini della
contraffazione”. A tal fine i funzionari doganali avevano proceduto alla rendicontazione
dettagliata della merce importata, anche attraverso foto rappresentative degli
articoli/modelli, al fine di richiedere ai titolari dei diritti intellettuali una
“perizia circa
l’autenticità dei prodotti importati in base a quanto previsto dal Reg. UE n.608/2013”. La
finalizzazione probatoria del sequestro era quindi esplicitamente e dettagliatamente
specificata nel verbale di sequestro, recepito e condiviso dal relativo provvedimento di
convalida apposto sullo stesso verbale avente un contenuto essenzialmente descrittivo
delle operazioni iniziate per la selezione della merce sequestrata e l’accertamento della
contraffazione (Cass. sez.VI 29 ottobre 2015 n.46080, Talbi Nejib; sez.III 4 marzo 2010
n.12464, RM. in proc. C. e altri). Ricorrevano pertanto nel caso in esame, quanto alla
finalità probatoria del sequestro (non essendo in discussione il fumus dei reati ipotizzati),
i presupposti di legittimità della motivazione per relationem, essendosi fatto inequivoco
riferimento da parte del pubblico ministero a un legittimo atto del procedimento coerente
con la sua decisione (atto rispetto al quale la convalida si presentava graficamente in un
unico documento, senza quindi che fosse necessaria la materiale riproduzione
dell’elencazione dei prodotti sequestrati e delle specifiche finalità probatorie perseguite),
conosciuto integralmente dal decidente e dall’interessato e la cui motivazione risultava
congrua rispetto all’esigenza di giustificazione della finalità perseguita dell’accertamento
dei fatti. L’obbligo della motivazione del decreto di convalida del sequestro probatorio
doveva quindi ritenersi soddisfatto sotto il profilo di legittimità, vale a dire dell’osservanza
della legge, essendo idonea nel caso concreto l’adozione di una motivazione sommaria
(ma non inesistente, né apparente) in considerazione della natura di corpo di reato della
merce sequestrata che richiedeva un minore impegno motivazionale ma consentiva
comunque il pieno esercizio del diritto di difesa cui la motivazione è preordinata.
2.
Il secondo motivo è infondato.
Il provvedimento di convalida del sequestro probatorio è diretto infatti a verificare
la necessità del sequestro per l’accertamento dei fatti.
finalizzazione probatoria del sequestro era specificamente indicata avendo la polizia
5
Nel verbale di sequestro convalidato dal pubblico ministero si dava atto di una
suddivisione degli articoli sequestrati riconducibili “da una prima valutazione” ai diversi
marchi rinvenuti e ad una verifica iniziata anche sulla base di foto rappresentative degli
articoli/modelli sequestrati. Tanto bastava per ritenere sussistente la finalità probatoria e
quindi legittimo il provvedimento cautelare, la cui durata è funzionale al permanere
dell’esigenza di accertare i fatti. Sarà il prosieguo delle indagini a rendere eventualmente
manifesto il venir meno della necessità di mantenimento del sequestro a fine di prova dei
conseguenza il soggetto interessato a presentare istanza di restituzione.
3. Al rigetto del ricorso consegue ex art. 616 c.p.p. la condanna del ricorrente al
pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Roma 5 novembre 2015
il cons. est.
beni sequestrati (in tutto o in parte), nel frattempo affidati in custodia, e a legittimare di