Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 8926 del 14/11/2012


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 8926 Anno 2013
Presidente: VECCHIO MASSIMO
Relatore: CAVALLO ALDO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
1) LACEDONIA FRANCESCO N. IL 17/06/1986
avverso la sentenza n. 3300/2008 CORTE APPELLO di BARI, del
04/07/2011
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ALDO CAVALLO;

Data Udienza: 14/11/2012

Considerato In fatto e In diritto:
– che la Corte di Appello di Bari, con la sentenza indicata in epigrafe,
confermava quella di primo grado, impugnata da Lacedonia Francesco, che aveva
condannato l’appellante alla pena di giustizia, siccome colpevole del reato di cui
all’art. 4 comma 4 legge n. 1423/1956, perché gravato da avviso orale emesso
dal Questore di Bari, veniva trovato in possesso di un telefono cellulare completo
di scheda;

l’imputato, con atto sottoscritto personalmente, chiedendone l’annullamento per
vizio di motivazione, avendo i giudici di appello omesso di specificare le ragioni
che escludevano l’applicabilità dell’art. 129 cod. proc. pen.;
– che l’Impugnazione è inammissibile in quanto basata su motivi non
specifici;
– che infatti, le censure sviluppate in ricorso, prescindendo del tutto dal
percorso argomentatIvo sviluppato dai giudici di appello – nel quale pure si
evidenziava, per un verso, l’assoluta genericità dei rilievi critici sollevati nell’atto
di appello in merito alla valutazione degli elementi di prova a carico dell’imputato
compiuta dal primo giudice e, per altro verso, la mancata indicazione di elementi
utili per disporre una riduzione dell’entità della pena inflitta già molto mite
rispetto alla gravità dei fatti contestati – si limitano a denunziare, del tutto
genericamente, l’inadeguatezza delle motivazioni fornite dai giudici di appello,
senza indicare, neppure, le specifiche argomentazioni trascurate dalla Corte
territoriale, che avrebbero dovuto condurre al proscioglimento del ricorrente ai
sensi dell’art. 129 cod. proc. pen.;
– che alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue la condanna
del ricorrente al pagamento delle spese processuali e – non ricorrendo ipotesi di
esonero – al versamento di una somma alla cassa delle ammende, congruamente
determinabile in C 1000,00, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen.;

P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese del procedimento ed al versamento della somma di C 1000,00 alla Cassa
delle Ammende.
Così deciso In Roma, il 14 novembre 2012.

– che avverso la predetta sentenza ha proposto ricorso per cessazione

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