Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 8913 del 14/11/2012


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 8913 Anno 2013
Presidente: VECCHIO MASSIMO
Relatore: CASSANO MARGHERITA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
1) AZZARONE MICHELE N. IL 23/10/1972
2) AZZARONE GIUSEPPE N. IL 25/12/1936
avverso la sentenza n. 1144/2011 TRIBUNALE di FOGGIA, del
04/07/2011
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. MARGHERITA
CASSANO;

Data Udienza: 14/11/2012

Ritenuto in fatto.
Con sentenza resa il4 luglio 2011 ai sensi dell’art. 444 c.p.p. il Tribunale di
Foggia applicava ad Azzarone Michele ed Azzarone Giuseppe, imputati dei reati
previsti dagli artt. 110, 2. 4, 7 1. n. 895 del 1967 e successive modifiche, 23 1. n. 110
del 1975, 648 c.p., la pena concordata fra le parti di due anni di reclusione e
duemila euro di multa ciascuno, riconosciute le circostanze attenuanti generiche,
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione, tramite il comune
difensore di fiducia, gli imputati, i quali lamentano mancanza di motivazione circa
l’insussistenza di ragioni legittimanti il proscioglimento ai sensi dell’ art. 129 c.p.p..
Osserva in diritto.
I ricorsi sono manifestamente infondati.
Il Collegio premette che l’applicazione della pena su richiesta delle parti è un
meccanismo processuale in virtù del quale l’imputato ed il pubblico ministero si
accordano sulla qualificazione giuridica della condotta contestata, sulla concorrenza
di circostanze, sulla comparazione fra le stesse e sull’entità della pena. Da parte sua
il giudice ha il potere-dovere di controllare l’esattezza dei menzionati aspetti
giuridici e la congruità della pena richiesta e di applicarla, dopo aver accertato che
non emerga in modo evidente una delle cause di non punibilità previste dall’art. 129
c.p.p.
Ne consegue che – una volta ottenuta l’applicazione di una determinata pena art.
444 c.p.p., – l’imputato non può rimettere in discussione profili oggettivi o
soggettivi della fattispecie, perché essi sono coperti dal patteggiamento.
Tanto premesso, il Collegio osserva che i motivi di ricorso appaiono privi di
specificità e, comunque manifestamente infondati, atteso che il giudice,
nell’applicare la pena concordata, si è, da un lato, adeguato a quanto contenuto all’
accordo intervenuto fra le parti e, dall’altro, ha escluso la sussistenza dei
presupposti di cui all’art.129 c.p.p. e ha correttamente qualificato il fatto.
Tale motivazione, avuto riguardo alla speciale natura dell’accertamento in sede
di applicazione della pena su richiesta delle parti, appare pienamente adeguata ai
parametri richiesti per tale genere di decisioni, secondo la costante giurisprudenza

ravvisata la continuazione fra i reati e tenuto conto della diminuente per il rito.

di legittimità (si vedano tra le altre, Cass. SS.UU. 27 marzo 1992, Di Benedetto;
SS.UU. 27 settembre 1995, Serafino; SS.UU. 25 novembre 1998, Messina).
Alla dichiarazione di inammissibilità dei ricorsi consegue di diritto la condanna
dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi atti
ad escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte
Cost. sent. n. 186 del 2000), al versamento ciascuno a favore della cassa delle
millecinquecento, ai sensi dell’art. 616 c.p.p.

P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese
processuali e ciascuno al versamento della somma di euro millecinquecento in
favore della cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, in camera di consiglio, il 14 novembre 2012.

ammende di una sanzione pecuniaria, che pare congruo determinare in euro

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