Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 89 del 06/12/2013


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 89 Anno 2014
Presidente: DI VIRGINIO ADOLFO
Relatore: CAPOZZI ANGELO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
AIELLO GAETANO N. IL 02/01/1975
ANDRIANI FRANCO N. IL 03/11/1976
CASSANELLI GIULIO N. IL 11/01/1964
CORMIO ARTURO N. IL 19/06/1956
CORMIO CARLO N. IL 29/11/1967
DE BARI PATRIZIA N. IL 03/04/1976
DI RIENZO COSIMO N. IL 02/01/1971
PATI GIUSEPPE N. IL 09/05/1975
avverso la sentenza n. 693/2007 CORTE APPELLO di BARI, del
27/03/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 06/12/2013 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. ANGELO CAPOZZI
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.Cii -.34.4
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Data Udienza: 06/12/2013

Udito, per la parte civile, l’Avv r .

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Considerato in fatto

1. Con sentenza dei 29.6.2006 il Tribunale di Trani dichiarava:
AIELLO Gaetano colpevole dei reati di cui al capo A) art. 74 d.p.r.n.
309/90, escluse le aggravanti di cui all’art. 80 DPR n. 309/90, e di

episodi indicati ai capi E) ed F) , esclusa l’aggravante di cui all’art. 80 co.
2 d.p.r. n. 309/90;
ANDRIANI Franco colpevole dei reati di cui ai capi A) escluse le
aggravanti di cui all’art. 80 DPR n. 309/90, e di spaccio continuato di cui
ai capi B), F), G) e Q) limitatamente ai periodi ed episodi indicati ai capi
F), G) e Q) , esclusa l’aggravante di cui all’art. 80 co. 2 d.p.r. n. 309/90;
CASSANELLI Giulio colpevole dei reati di cui ai capi A) escluse le
aggravanti di cui all’art. 80 DPR n. 309/90, e di spaccio continuato di cui
ai capi B)e Q) limitatamente ai periodi ed episodi indicati al capo Q) ,
esclusa l’aggravante di cui all’art. 80 co. 2 d.p.r. n. 309/90;
CORMIO Arturo colpevole dei reati di cui ai capi A) escluse le aggravanti
di cui all’art. 80 DPR n. 309/90, e di spaccio continuato di cui ai capi B)
ed S) limitatamente ai periodi ed episodi indicati al capo S) , esclusa
l’aggravante di cui all’art. 80 co. 2 d.p.r. n. 309/90;
CORMIO Carlo colpevole dei reati di cui ai capi A) escluse le aggravanti di
cui all’art. 80 DPR n. 309/90, e di spaccio continuato di cui al capo B),
esclusa l’aggravante di cui all’art. 80 co. 2 d.p.r. n. 309/90;
DE BARI Patrizia colpevole dei reati di spaccio continuato di cui al capo
U), esclusa le aggravanti di cui all’art. 112 co, 1 nn.1 e 2 e art. 80 co. 2
d.p.r. n. 309/90;
DI RIENZO Cosimo colpevole dei reati di cui ai capi A) escluse le
aggravanti di cui all’art. 80 DPR n. 309/90, e di spaccio continuato di cui
ai capi B), P), Q), Z), A.1) e N.1), esclusa l’aggravante di cui all’art. 80
co. 2 d.p.r. n. 309/90 e concessagli l’attenuante ex art. 8 I.n. 203/91;
PATI Giuseppe colpevole dei reati di cui ai capi A) escluse le aggravanti
di cui all’art. 80 DPR n. 309/90 e di spaccio continuato di cui ai capi B),
Z), B.1) e L.1) limitatamente ai periodi ed episodi indicati ai capi Z),
B.1) e L.1) , esclusa l’aggravante di cui all’art. 80 co. 2 d.p.r. n. 309/90;
riconosceva la continuazione tra i reati, l’equivalenza delle attenuanti
generiche sulle contestate aggravanti per tutti i predetti imputati tranne

spaccio continuato di cui ai capi B), E) ed F), limitatamente ai periodi ed

che per DE BARI e DI RIENZO per i quali ne riteneva la prevalenza e
condannava i predetti imputati a pena di giustizia.
2.

Con sentenza dei 27.3.2012 la Corte di appello di Bari – a seguito di
gravame interposto dagli imputati – in riforma della sentenza di primo
grado, tra l’altro, escludeva l’aggravante di cui all’art. 112 co. 1 nn. 3 e 4
c.p. nei confronti di DE BARI Patrizia e quella dell’art. 8 I.n. 203/91 a DI
RIENZO Cosimo al quale riconosceva quella di cui all’art. 74 co. 7 d.p.r.

3.

Avverso la sentenza propongono ricorso per cassazione gli imputati,
personalmente ed a mezzo dei difensori.

3.1.

Nell’interesse di AIELLO Gaetano si deduce violazione ex art. 606 co.
1 lett. b),c) ed e) in relazione:

3.1.1.

all’art. 36 lett. g) c.p.p. per la partecipazione al giudizio della d.ssa
Giovanna de Scisciolo, avendo concorso a pronunciare la sentenza di
primo grado, risultando presente alla udienza del 10.11.2005 in cui
veniva raccolta la prova decisive del collaboratore Di Rienzo;

3.1.2.

in relazione alla affermazione di responsabilità dell’imputato in ordine
all’art. 74 DPR n. 309/90 per manifesta illogicità in ordine alle
affermazioni del collaboratore Di Rienzo, riportate solo parzialmente
senza evidenziare la rettifica di sue prime dichiarazioni.

3.2.

Per ANDRIANI Franco si deduce:

3.2.1.

violazione ex art. 606 co. 1 lett. b) e c) c.p.p. per l’incompatibilità
della d.ssa DE SCISCIOLO avendo la stessa fatto parte del Tribunale di
Trani che il 12.10.2004 ebbe a rigettare la istanza di giudizio abbreviato
condizionato richiesto dagli imputati.

3.2.2.

violazione ex art. 606 co. 1 lett. b) c.p.p. in relazione all’art. 74 dpr
n. 309/90, reiterandosi i motivi già proposti in appello, con riguardo alla
affectio societatis posto che nemmeno dalle dichiarazioni del collaborante
risultava la prova di attività di spaccio dell’imputato ricorrente e non
essendosi considerata la operazione che nel 1996 aveva portato
all’arresto di numerosissimi componenti dell’associazione già oggetto di
giudizio (c.d. “bancomat reset”). Illogica sarebbe , poi, l’affermazione
della sentenza impugnata secondo cui l’attività di acquisto di sostanze
stupefacenti da altre fonti diverse dal gruppo di appartenenza si
concentrasse proprio nel 1996, in significativa coincidenza con il blocco
delle attività dei vari gruppi per gli arresti, non risultando riscontrati
siffatti episodi riferiti dal Di Rienzo.

3.2.3.

violazione ex art. 606 co. 1 lett. b) ,c) ed e) c.p.p. in relazione all’art.
73 dpr n. 309/90 risultando illogico l’argomentare della Corte in ordine

2

n. 309/90 rideterminandone la pena, confermando nei resto la sentenza.

alla destinazione della sostanza stupefacente, per la erronea ritenuta
irrilevanza di elementi acquisiti in atti.
3.3.

Per CASSANELLI Giulio si deduce:

3.3.1.

violazione dell’art. 606 lett. b),c) ed e) c.p.p. in relazione agli artt.
546 lett.e), 238, 192 c.p.p. e 74 DPR n. 309/90, per difetto di
motivazione in ordine alla posizione dell’imputato con riguardo al rinvio
< in ordine al collegamento dei due predetti con altri due
spacciatori (GADALETA e GIANNOSSI). Ancora, tutti i servizi di
appostamento sono stati improduttivi di risultati nei confronti del
CASSANELLI e del PICCININNI, né v’è riscontro con sequestri di droga,

3

doglianze mosse in appello. Inoltre, erroneamente la sentenza avrebbe

somme di denaro sproporzionate o strumenti in uso a spacciatori o,
ancora, informazioni provenienti da tossicodipendenti. Non potendosi
compensare tale vuoto con congetture in ordine all’episodio del 8.6.96
che vorrebbero il ricorrente sottratto all’intervento o, ancora, il servizio di
appostamento del 21 successivo, privo di qualsiasi rinvenimento a carico
del PICCININNI e del CASSANELLI.
3.3.2.

violazione ex art. 606 lett. b) ,c) ed e) c.p.p. in relazione all’art. 74

strada»
3.3.3.

violazione ex art. 606 lett. b), c) ed e) c.p.p. in relazione agli artt.
546 lett. e) c.p.p., 62bis,133 e 69 c.p. per la disapplicazione dei criteri di
determinazione del trattamento sanzionatorio in ordine al quale la Corte,
in chiave di recupero del soggetto, avrebbe dovuto adottare una diversa
opzione decisoria.

3.4.

Per CORMIO Arturo si deduce:

3.4.1.

violazione ex art. 606 lett. b), c) ed e) in relazione all’art. 125 c.p.p.,
81-110-112 c.p. , 74-80 DPR n. 309/90 in ordine alla utilizzabilità della
sentenza del processo c.d. «reset», oggetto di censura in appello sia
sulla esistenza della associazione che sulla partecipazione ad essa
dell’imputato, non essendosi tenuto conto – da un lato – delle oggettive
differenze temporali tra le due compagini oggetto dei distinti giudizi ed
omettendo di verificare la «affectio societatis» tra gli imputati del
presente processo oltreché il profilo organizzativo e il contributo
associativo di ciascun imputato; dall’altro, la motivazione resa in ordine
alla partecipazione del ricorrente è solo la riproduzione del precedente
giudizio omissiva in ordine alle doglianze specifiche mosse al riguardo. In
ogni caso, si censura il travisamento della prova sulla attendibilità delle
dichiarazioni del DI RIENZO che avrebbe ammesso il fine utilitaristico che
ha mosso la sua collaborazione; come pure in ordine ai riscontri di tali
dichiarazioni «de relato», in dichiarata assenza di altre propalazioni
di riscontro, risultando assenti di riferimento al ricorrente le videoriprese
del 6.8.1996. Inoltre, la sentenza avrebbe dato validità a verbali del
14.2.1996 al cui contenuto era

del tutto estraneo

il CORMIO ed

essendosi dato rilievo ad un fatto storico avvenuto il 14.2.1996, che era
fuori dal periodo temporale in contestazione e non tenendosi conto che
lo SCIANCALEPRE era stato condannato quale sodale del gruppo facente
capo ai MANGANELLI.
3.4.2.

violazione ex art. 606 lett. b), c) ed e) in relazione all’art. 125 c.p.p.,
81-110-112 c.p. , 73-80 DPR n. 309/90 in relazione ai capi B),F) ed S)
4

co. VI dpr n. 309/90 trattandosi nella specie di occasionale «spaccio di

avendo la Corte omesso di motivare in ordine ai motivi di appello in
relazione ai capi B) ed F).
3.4.3.

violazione ex art. 606 (ett. b), c) ed e) in relazione all’art. 125 c.p.p.,
81-110-112 c.p. , 74-80 DPR n. 309/90 in relazione al capo S) risultando
la motivazione al riguardo meramente apparente, illogica e
contraddittoria, in relazione alle doglianze mosse con il gravame. In
particolare, la illogicità risiederebbe nel fatto che la asserita condanna

«Reset» rispetto alla generica contestazione del capo S) si pone in
contrasto sia con l’esito del processo «Reset» che con le risultanze
dell’attuale processo.
3.4.4.

violazione ex art. 606 lett. b), c) ed e) in relazione all’art. 125 c.p.p.,
73 co. V DPR n. 309/90, 62 bis c.p. avendo la sentenza riferito il diniego
della ipotesi attenuata alla posizione soggettiva di altri coimputati, attinti
da altre ipotesi di reato ed avendo disatteso i criteri legali di
determinazione della pena.

3.5.

Per CORMIO Carlo si deduce:

3.5.1.

Violazione ex art. 606 co. 1 lett. b) e c) c.p.p. in relazione all’art. 36
lett. g) c.p.p. risultando la d.ssa De Scisciolo incompatibile ex art. 34
c.p.p. avendo il predetto magistrato partecipato a quasi tutto il processo
di primo grado.

3.5.2.

violazione ex art. 606 lett. e) c.p.p. con riferimento alla valutazione
delle prove avendo la Corte desunto la partecipazione associativa del
ricorrente dalla precedente sentenza del c.d. «procedimento Reset»,
valutazione oggetto di gravame al quale la stessa Corte ha risposto
limitandosi ad elencare i tratti caratteristici della fattispecie associativa
ex art. 74 dpr n. 309/90 utilizzando una decisione al cui processo i
difensori degli imputati non avevano partecipato, violando il disposto
dell’art. 238 co. 2 c.p.p.. Inoltre, la prova dei fatti sarebbe stata desunta
dalle dichiarazioni del DI RIENZO alle quali, per stesso dire dei giudici di
merito, si attribuirebbe validità solo in senso presuntivo e probabilistico,
in violazione dei criteri di valutazione delle dichiarazioni di collaboratori di
giustizia e nonostante le doglianze mosse sul punto in appello. Si coglie,
inoltre, un profilo di contraddittorietà ed illogicità tra la affermata
lacunosità delle dichiarazioni del collaboratore e la responsabilità
affermata sulla base di dette dichiarazioni che – peraltro – sono state
ritenute insufficienti per sottoporre a giudizio altri imputati. Illogica
sarebbe, poi, la valutazione della videoripresa nell’ambito della quale da un lato – non si è tenuto conto del fatto che l’imputato abitava proprio

5

dei concorrenti solo per «spaccio di hashish» nel processo

nella via Mayer e – dall’altro- che in nessun momento l’imputato
compisse attività di spaccio o di controllo dello spaccio.
3.5.3.
3.5.3.1.

Con motivi aggiunti a firma congiunta dell’imputato e del difensore:
in relazione al capo A) , violazione e falsa applicazione degli artt.
81,110 c.p. e 74 DPR n. 309/90; mancanza, contraddittorietà o
manifesta illogicità della motivazione; inosservanza delle norme
stabilite a pena di

processuali

nullità/inutilizzabilità/inammissibilità/decadenza con riguardo:

stata desunta attraverso il solo recepimento della sentenza passata in
giudicato a carico di altri imputati, senza alcun altro riscontro esterno.
alla prova della partecipazione del ricorrente al predetto

3.5.3.1.2.

sodalizio che esulerebbe dall’accertamento di un accordo stabile e
duraturo e sarebbe desunto – da un lato – dalle insufficienti e generiche
dichiarazioni del collaboratore DE RIENZO «de relato> e riferite ad un
brevissimo periodo trascorso dai predetto nell’ambiente
dell’organizzazione e- dall’altro – dalle dichiarazioni del collaboratore
EVANGELISTA, assunte in violazione dell’art. 238 co. 2 bis c.p.p., ed
anch’esse «de relato». Inoltre, non costituirebbero riscontri sia le
riprese filmate del 5 e 6 agosto 1996, che documenterebbero

soltanto

l’abituale percorso fatto dall’imputato abitante nella stessa strada; né
l’episodio del PICARRETTA che non coinvolgerebbe con certezza il
CORMIO.
3.5.3.1.3.

alla prova dell’attività di spaccio di sostanze stupefacenti
desunta sulle inidonee chiamate in correità e dalle riprese filmate di cui si
è già parlato. La Corte ometterebbe, inoltre, qualsiasi considerazione sui
concreti quantitativi di sostanza stupefacente spacciata.

3.5.3.2.

violazione degli artt. 132,133 e mancanza di motivazione in
relazione alle ragioni per le quali al ricorrente sia stata applicata la
medesima pena rispetto agli altri soggetti coimputati maggiormente
gravati e senza tener conto che dal 29.11.96 al 1.11.97 l’imputato non
aveva potuto delinquere perché ristretto per altra causa in carcere come
pure della corretta condotta processuale.

3.6.

Nell’interesse di DE BARI Patrizia si deduce:

3.6.1.

Violazione ex art. 606 co. 1 lett. b) e c) c.p.p. in relazione all’art. 36
lett. g c.p.p. in relazione alla d.ssa De Scisciolo, incompatibile ex alt. 34
c.p.p. per aver il predetto magistrato partecipato a quasi tutto il processo
di primo grado.

6

alla prova della esistenza del sodalizio criminoso che sarebbe

3.5.3.1.1.

3.6.2.

violazione ex art. 606 lett. e) c.p.p. con riferimento alla valutazione
delle prove avendo la Corte desunto la partecipazione associativa del
ricorrente dalla precedente sentenza del c.d. <>,
valutazione oggetto di censura alla quale la Corte ha risposto limitandosi
ad elencare i tratti caratteristici della fattispecie associativa ex art. 74
dpr n. 309/90, utilizzando una decisione al cui processo i difensori degli
imputati non avevano partecipato, violando il disposto dell’art. 238 co. 2

del DI RIENZO alle quali, per stesso dire dei giudici di merito, si
attribuisce validità solo in senso presuntivo e probabilistico, in violazione
dei criteri di valutazione delle dichiarazioni di collaboratori di giustizia e
nonostante le doglianze mosse sul punto in appello. Si coglie, inoltre, un
profilo di contraddittorietà ed illogicità tra la affermata lacunosità delle
dichiarazioni del collaboratore e la responsabilità affermata sulla base di
dette dichiarazioni. Contraddittoria sarebbe la sentenza in ordine alla
individuazione degli elementi di riscontro alle dichiarazioni del DI RIENZO
( dichiarazioni di due tossicodipendenti e arresto della imputata),
trattandosi di ipotesi di spaccio continuato slegati tra loro.
3.6.3.

violazione ex art. 606 lett. e) c.p.p. in ordine all’omessa concessione
della ipotesi attenuata ex art. 73 co. V dpr n. 309/90 non risultando
provata la collaudata organizzazione familiare né dimostrata la tipologia
di sostanza stupefacente giustificativa della potenzialità offensiva della
condotta.

3.7.

Per DI RIENZO Cosimo si deduce l’erroneo computo della pena in
violazione dell’art. 63 c.p. essendo stato effettuata prima la diminuzione
relativa alle attenuanti generiche e poi quella di cui all’art. 74 co. 7 dpr
n. 309/90; si deduce, inoltre, l’intervenuta prescrizione e, in subordine,
l’omessa applicazione della attenuante speciale sulla pena determinata
per la continuazione.

3.8.

Per PATI Giuseppe si deduce:

3.8.1.

violazione ex art. 606 co. 1 lett. b) e c) c.p.p. per l’incompatibilità
della d.ssa DE SCISCIOLO avendo il predetto magistrato fatto parte del
Tribunale di Trani che il 12.10.2004 ebbe a rigettare la istanza di giudizio
abbreviato condizionato richiesto dagli imputati.

3.8.2.

violazione ex art. 606 co. 1 lett. b) c.p.p. in relazione all’art. 74 dpr
n. 309/90, reiterandosi i motivi già proposti in appello, con riguardo alla
affectio societatis che non avrebbe considerato l’esito della operazione
che nel 1996 aveva portato all’arresto di numerosissimi componenti
dell’associazione già oggetto di giudizio (c.d. “bancomat reset”). Illogica
7

c.p.p.. Inoltre, la prova dei fatti sarebbe stata desunta dalle dichiarazioni

sarebbe , poi, l’affermazione della sentenza impugnata secondo cui
l’attività di acquisto di sostanze stupefacenti da altre fonti diverse dal
gruppo di appartenenza si concentrasse proprio nel 1996, in significativa
coincidenza con il blocco delle attività dei vari gruppi per gli arresti, non
risultando riscontrati siffatti episodi riferiti dal Di Rienzo.
violazione ex art. 606 co. 1 lett. b) ,c) ed e) c.p.p. in relazione all’art.

3.8.3.

73 dpr n. 309/90 risultando illogico l’argomentare della Corte in ordine

irrilevanza di elementi acquisiti in atti.

Ritenuto in diritto

1.

Ricorso nell’interesse di AIELLO Gaetano.
Il primo motivo è manifestamente infondato. L’eventuale

1.1.

incompatibilità del giudice costituisce motivo di ricusazione, ma non vizio
comportante la nullità del giudizio

(Sez.

U,

Sentenza n.

23

del

24/11/1999 Rv. 215097 Imputato: Scrudato e altri) dovendo il motivo
essere fatto valere tempestivamente con la procedura di cui all’art. 37
cod. proc. pen. ( Sez. 5, Sentenza n. 13593 del 12/03/2010 Rv. 246716
Imputato: Bonaventura e altro) nella specie non adita.
1.2.

Il secondo motivo è aspecifico, non giustificando la decisività del

rilievo e non tenendo conto della complessiva motivazione che sorregge
la conferma della prima sentenza in ordine alla affermazione di
responsabilità del ricorrente che si fonda sulle più ampie dichiarazioni del
DI RIENZO e sui riscontri forniti dall’EVANGELISTA, dalle videoriprese in
via Mayer e dalla testimonianza di PICARRETA Giovanni che ebbe a
riconoscere l’AIELLO quale spacciatore di droga nella stessa via.
1.3. Purtuttavia, per l’effetto estensivo dell’accoglimento del motivo
proposto dai coimputati CASSANELLI e CORMIO Carlo in ordine alla
considerazione probatoria – avvenuta in violazione dell’art. 238 co. 2 bis
c.p.p. ed in relazione al principio di diritto richiamato sub 3.1.2.) – delle
dichiarazioni dell’EVANGELISTA assunte nel processo <<Reset», non
competendo a questa Corte le valutazioni in fatto correlate alla eventuale
cd. «prova di resistenza» del restante compendio probatorio, deve
disporsi l’annullamento della sentenza in relazione alla partecipazione
dell’imputato alla associazione di cui al capo A) con rinvio ad altra
sezione della Corte di appello di BARI per nuovo giudizio sul punto.
2.

Ricorso nell’interesse di ANDRIANI Franco.

8

alla destinazione della sostanza stupefacente, per la erronea ritenuta

Il primo motivo è manifestamente infondato per le ragioni già

2.1.

esposte sub 1.1 in relazione all’identico motivo proposto dalla difesa
dell’AIELLO.
Il secondo motivo è inammissibile perché ripropositiva di

2.2.

questioni di fatto senza attingere a difetti logico-giuridici valutabili in
questa sede. Invero, con motivazione logica e priva di vizi, la sentenza
ha affermato la responsabilità dei ricorrente in ordine alla vicenda
associativa sulla base della esistenza dell’articolato sodalizio, fondata

sulla costante rete di contatti intessuta dagli imputati facenti parte delle
varie squadre, per lo più a carattere familiare, che pacificamente si
spartivano il territorio e reciprocamente si agevolavano al fine di elidere
l’intervento dell’autorità di polizia e garantire il proficuo esercizio
dell’attività di spaccio. A tale conclusione – valorizzando la prima
decisione – convergevano gli esiti della complessa attività di indagine
sfociata nel processo <<Reset», gli atti irripetibili inseriti nel fascicolo dibattimentale ed utilizzati ai fini della decisione, gli atti acquisiti su accordo delle parti e le articolate dichiarazioni del collaboratore di giustizia DI RIENZO, con riferimento a condotte protrattesi oltre il giugno 1996 ed oggetto di contestazione. Quanto alla partecipazione dell’attuale ricorrente a siffatto sodalizio essa è correttamente ricostruita sulla base della chiamata in correità del DI RIENZO che lo ha indicato partecipe insieme a lui nello spaccio al PULO nel gruppo dei fratelli CORMIO, avendo anche spacciato nel gruppo coordinato dal CASSINELLI e PICCININNI, avendo proseguito nel 1997 all’autonomo spaccio di hashish dopo la disgregazione momentanea dei gruppi a causa del «bliz Reset» e considerando elementi di riscontro due operazioni di polizia effettuate nell’agosto 1997. Il terzo motivo è inammissibilmente generico nell’assunto sul 2.3. quale si fonda che rinvia a non specificati elementi asseritamente negletti dal giudice di merito. 3. Ricorso nell’interesse di CASSANELLI Giulio. 3.1. Quanto alle censure relative alle valutazioni pertinenti alla sentenza del procedimento «Reset» devono ribadirsi i seguenti principi di diritto. 3.1.1. Le sentenze irrevocabili acquisite ai sensi dell’art. 238 bis cod. proc. pen. sono utilizzabili anche nei confronti di soggetti rimasti estranei ai procedimenti nei quali esse, sono state pronunciate (Sez. 5, Sentenza n. 7993 del 13/11/2012 Rv. 255058 Imputato: Miceli e altri). , 9 i Le sentenze divenute irrevocabili, acquisite ai sensi dell’art. 238-bis 3.1.2. cod. proc. pen., costituiscono prova dei fatti considerati come eventi storici, mentre le dichiarazioni in esse riportate restano soggette al regime di utilizzabilità previsto dall’art. 238 comma secondo bis cod. proc. pen., e possono quindi essere utilizzate, nel diverso procedimento, contro l’imputato soltanto se il suo difensore aveva partecipato all’assunzione della prova (Sez. 1, Sentenza n. 11488 del 16/03/2010 Rv. 246778 Imputato: Bisio). In tema dì valutazione della prova, la “notorietà” di un fatto quale 3.1.3. l’esistenza di un’associazione mafiosa ex art. 416-bis cod. pen. ben può desumersi in modo certo dalle decisioni irrevocabili dell’autorità giudiziaria, che costituiscono prova in ordine alla ricostruzione delle vicende accertate in giudizio, ai sensi dell’art. 238-bis cod. proc. pen. (Sez. 6, Sentenza n. 34491 del 14/06/2012 Rv. 253653 Imputato: Montagno Bozzone e altri). Le sentenze irrevocabili acquisite ai sensi dell’art. 238 bis cod. proc. 3.1.4. pen. sono valutate, al pari delle dichiarazioni dei coimputati nel medesimo procedimento o in procedimento connesso, attraverso la verifica dei necessari riscontri che possono consistere in elementi di prova sia rappresentativa che logica.(Sez. 6, Sentenza n. 42799 del 30/09/2008 Rv. 241860 Imputato: Campesan) I riscontri esterni necessari alla valutazione probatoria delle 3.1.5. sentenze irrevocabili pronunziate in altri procedimenti possono essere individuati anche in elementi già utilizzati nell’altro giudizio, sempre che gli stessi non vengano recepiti acriticamente, ma siano sottoposti a nuova ed autonoma valutazione da parte del giudice ( Sez. 6, Sentenza n. 23478 del 19/04/2011 Rv. 250098 Imputato: De Caro). 3.2. Deve, innanzitutto, osservarsi che – come evidenzia la sentenza di primo grado ( v. pg. 26 della sentenza) – oggetto della contestazione associativa del presente processo è la medesima compagine associativa in ordine alla quale è stata emessa la sentenza passata in giudicato nell’ambito del procedimento c.d. «Reset>>, nell’ambito del quale
alcuni imputati decidevano di collaborare con la giustizia e rendevano
dichiarazioni accusatorie anche a carico di soggetti non imputati, così
dando origine alle nuove investigazioni dalle quali ha preso le mosse
l’odierno processo.
3.3.

Quanto alla valutazione probatoria inerente all’acquisito giudicato

in ordine alla esistenza ed operatività del sodalizio sub A), a smentire la
deduzione difensiva secondo la quale ad essa si sarebbe fatto totale ed
10

g

esclusivo rinvio, deve rilevarsi che la sentenza di secondo grado oggi
impugnata, sul rilievo della assenza di soluzione di continuità tra il
periodo temporale oggetto del precedente processo ( fino al giugno
1996) e quello in attuale contestazione ( dal giugno 1996 al 1 febbraio
1999) nell’ambito di una contestazione che ha riguardo alla medesima
organizzazione, avalla l’argomentare del primo giudice, fondata sia sugli
esiti del

processo

«Reset», sia sugli atti

irripetibili inseriti

nel

particolare la informativa dei CC di Molfetta del 9.2.1999 nell’ambito
della quale erano compendiati gli esiti delle ulteriori indagini svolte),
oltreché delle dichiarazioni del DI RIENZO ( v. pg. 16 sentenza
impugnata).
Cosicchè la valutazione della sentenza passata in giudicato risulta

3.4.

essere del tutto rispettosa del canone valutativo imposto dall’art. 238bis
c.p.p. e nell’alveo di legittimità richiamato avendo considerato gli
accertamenti condotti nell’ambito della sentenza passata in giudicato in
uno alle altre distinte e successive emergenze probatorie ritenute senza vizi logici – confermative del primo accertamento.
Esito che ha condotto a ritenere – con motivazione logica ed

3.5.

esente da vizi giuridici – la esistenza della associazione nel periodo in
contestazione con le connotazioni peculiari già accertate nel processo
«Reset» che vedevano l’esistenza di singole organizzazioni
malavitose, cc.dd.« squadre», per lo più a carattere familiare, dalle
quali veniva gestito in modo, per così dire, autonomo l’illecito traffico,
con una pacifica spartizione del territorio; rispetto a queste accertate
peculiarità l’accertamento condotto nel presente processo ha consentito
– attraverso una molteplicità di indizi – di confermare l’esistenza di un
vero e proprio accordo, quanto meno fra i capi famiglia, per il concreto
svolgimento dell’attività illecita in modo sistematico e con
predisposizione di mezzi e persone in comune ( v.pg. 12 e sg. della
sentenza impugnata).
Quanto all’ulteriore profilo della appartenenza del CASSANELLI

3.6.
alla

compagine

il

associativa,

ricorrente

censura l’utilizzo

delle

dichiarazioni rese da EVANGELISTA Gaetano nell’ambito del processo
«Reset». Il motivo è fondato.
3.6.1.

In punto di partecipazione associativa , la motivazione resa dalla
sentenza gravata esamina le doglianze avverso la ritenuta esistenza di
inequivocabili riscontri alle accuse del DI RIENZO negli accertamenti
svolti dai CC fra il luglio e settembre 1996 a carico del gruppo in esame

11

fascicolo dibattimentale, di quelli acquisiti su accordo delle parti ( in

operante nella zona del “parco giochi” con valutazione di merito
incensurabile quanto al rilievo di detti accertamenti in ordine alla
presenza in più occasioni del CASSANELLI e del PICCININNI nella nota
zona di spaccio, indipendentemente dal rinvenimento di sostanza
stupefacente il 7 agosto per la fuga dei due ed il 21 agosto perché
verosimilmente lanciata in zona attigua incolta. La sentenza considera,
quindi,

le dichiarazioni dell’EVANGELISTA

rese nel processo RESET

quindi, valorizzandole come riscontro rispetto ad esse. La valutazione
probatoria merita censura siccome trattasi di compendio dichiarativo
acquisito nel distinto procedimento e non soggetto, pertanto, alla regola
di acquisizione nel contraddittorio rispetto all’attuale imputato che a quel
processo era estraneo. Non coglie nel segno, invece, la dedotta assenza
in capo al DI RIENZO della qualità di chiamante in correità, esclusa sulla
base di una rivalutazione in merito delle sue dichiarazioni volta ad
atomizzare la ricostruita realtà associativa che non vedeva affatto la sola
presenza del CASSANELLI e del PICCININNI, alle dipendenze dei quali
operavano anche altri soggetti, essendo inseriti nella trama associativa
che consentiva loro la gestione dello spaccio nella specifica zona.
3.7. Quanto al diniego della minore ipotesi di cui all’art. 74 co.6 dpr n.
309/90, si tratta di una doglianza inammissibilmente proposta per la
prima volta in questa sede di legittimità.
Inammissibile è il motivo relativo alla dosimetria della pena,

3.8.

invocandosi una generica opzione alternativa.
La fondatezza della doglianza relativa alla utilizzazione delle

3.9.

dichiarazioni dell’EVANGELISTA, in assenza di poteri di valutazione in
fatto correlati all’eventuale c.d. «prova di resistenza» del compendio
legittimamente considerato, comporta l’annullamento con rinvio della
sentenza impugnata in punto di responsabilità dell’imputato
relativamente alla sua partecipazione all’associazione di cui al capo A).
4. Ricorso nell’interesse di CORMIO Arturo.
4.1.

Quanto alla utilizzabilità della sentenza passata in giudicato

devono integralmente ribadirsi le ragioni già esposte sub 3.1. a 3.5
allorquando si è esaminato l’analogo motivo proposto nell’interesse del
CASSANELLI. Manifestamente infondata è la deduzione relativa alle
differenze temporali tra le associazioni oggetto dei due
processi,trattandosi della medesima associazione riguardata in periodi
temporali successivi mentre inammissibilmente generica è la censura in

12

assumendo che le accuse del DI RIENZO non erano rimaste isolate e

ordine alla verifica della «affectio societatis» e degli altri elementi
costitutivi del vincolo associativo.
4.2.

Quanto alla partecipazione del ricorrente ai contesto associativo,

la sentenza ha confermato la affermazione di responsabilità sulla base
della chiamata in correità del DI RIENZO ritenuta circostanziata,
attendibile e genuina, superando la discrasia dichiarativa che non inficia
il nucleo essenziale del racconto, siccome riscontrata – da un lato – dalle

nella zona di via Mayer dalla squadra dei CORMIO che si avvalevano sia
di familiari che di estranei – dall’altro – dagli accertamenti del processo
«RESET>> nell’ambito del quale risultava accertato che lo
SCIANCALEPRE spacciava lo stupefacente fornitogli dal CORMIO come
pure dai verbali del 14.2.1996 di dichiarazioni spontanee e
riconoscimento fotografico resi da due tossicodipendenti, acquisiti
all’udienza del 1.2.2005, dai quali – come si apprende dalla prima
sentenza – emerge l’attività di spaccio svolta dallo SCIANCALEPRE nella
città vecchia.
4.2.1.

Rispetto alla motivazione resa, il ricorrente si limita a riproporre inserendoli nel contesto del ricorso – i motivi di appello genericamente
affermando la mancata risposta a dette doglianze fondamentalmente
legate, oltre alla generica censura sulla sussistenza associativa, alla
dedotta inattendibilità del DI RIENZO ed alla mancanza di riscontri e
dall’assenza di emergenze a carico del CORMIO nell’ambito della
sentenza «Reset>> questioni alle quali la sentenza senza vizi logici e
giuridici risponde nei termini appena ricordati.

4.2.2.

Quanto al dedotto travisamento della prova relativamente alla
credibilità soggettiva del DI RIENZO va detto quanto segue.

4.2.2.1.

Il vizio di “travisamento della prova” ricorre nel caso in cui
il giudice di merito abbia fondato il proprio convincimento su una prova
che non esiste o su un risultato di prova incontestabilmente diverso da
quello reale, considerato che, in tal caso, non si tratta di reinterpretare
gli elementi di prova valutati dal giudice di merito ai fini della decisione,
ma di verificare se detti elementi sussistano (Sez. 5, Sentenza

ti.

39048

del 25/09/2007 Rv. 238215 Imputato: Casavola e altri.).
4.2.2.2.

In tema di dichiarazioni rese dai collaboratori di giustizia,
il c.d. “pentimento”, collegato nella maggior parte dei casi a motivazioni
utilitaristiche ed all’intento di conseguire vantaggi di vario genere, non
può essere assunto ad indice di una metamorfosi morale del soggetto già
dedito al crimine, capace di fondare un’intrinseca attendibilità delle sue

13

videoriprese del 6 agosto 1996 che documentano il traffico illecito svolto

propalazioni. Ne consegue che l’indagine sulla credibilità del c.d.
“pentito” deve essere compiuta dal giudice non tanto facendo leva sulle
qualità morali della persona – e quindi sulla genuinità del suo pentimento
– bensì attraverso l’esame delle ragioni che possono averlo indotto alla
collaborazione e sulla valutazione dei suoi rapporti con i chiamati in
correità, nonché sulla precisione, coerenza, costanza e spontaneità delle
dichiarazioni (Sez.

2, Sentenza n.

36 del 14/01/1997 Rv. 207305

Nella specie la sentenza impugnata, nell’alveo di

4.2.2.3.

legittimità ricordato, ha espressamente considerato le doglianze in ordine
alla credibilità soggettiva del DI RIENZO ( v. pg. 19 e sg.) ritenendo
accertato che il predetto abbia intrapreso la collaborazione
spontaneamente e indotto dalla acquisita consapevolezza di una
condizione esistenziale divenuta insostenibile e dalla ferma decisione di
mutare stile di vita, rinviando alla sentenza di primo grado – che se ne
occupa a pg. 41 e sg. richiamando la sentenza «reset>> in cui
espressamente sullo stesso tema si richiama , tra l’altro, la circostanza
che il DI RIENZO aveva reso le sue dichiarazioni dibattimentali senza
aver usufruito di alcuna misura di protezione – ed osservando che essa
deve rinvenirsi nel fatto che il dichiarante si era accusato di numerosi e
gravi reati, avendo trovato riscontro le sue accuse.
In conclusione la doglianza in esame è inammissibile

4.2.2.4.

proposizione di divergenti valutazioni in fatto sulla credibilità e non
l’individuazione di elementi di fatto inesistenti.
4.3.

Quanto alle censure relative alla assenza di riscontri la difesa nel

negare che le videoriprese coinvolgano l’imputato ricorrente svolge una
deduzione in fatto improponibile in questa sede in presenza della logica
valutazione sopra ricordata del compendio videoripreso ( il cui contenuto
è riportato da pg. 69 a pg. 72 della sentenza di primo grado). Anche le
censure sulla valutazione delle emergenze relative allo spaccio posto in
essere dallo SCIANCALEPRE e facenti leva sul periodo temporale
svolgono argomenti che non attengono alla logicità della motivazione ma
alli insindacabile valutazione in fatto della prova, nella specie
logicamente motivata collegando l’attività di spaccio dello SCIANCALEPRE
alla fornitura da questi goduta da parte del gruppo CORMIO, nell’ambito
di un contesto associativo che non risulta avere subito interruzioni.
4.4. Quanto alle censure in ordine ai capi B) ed F) va detto quanto
segue. Le accuse di spaccio continuato sub B) ed F) si sostanziano
attraverso le emergenze probatorie già poste a base della sentenza
14

Imputato: Spataro.).

«reset» con riguardo ad entrambi i capi, rivalutate nell’ambito del
presente processo alla luce delle ulteriori emergenze, con particolare
riguardo alle già menzionate propalazioni del DI RIENZO ed alle
videoriprese, e che hanno motivato la partecipazione associativa,
secondo il canone valutativo per il quale questa può essere desunta dalla
realizzazione dei reati-fine . Pertanto, manifestamente infondata è la
censura di omessa motivazione. Quanto al capo S) attraverso il vizio

merito già oggetto di doglianza di appello alla quale la Corte territoriale
ha dato risposta priva di vizi logici allorquando ha evidenziato la
inconferenza della condanna di MEZZINA e BUFI per spaccio di hashish
rispetto ad una contestazione, quale quella di cui al capo in esame che
non fa esclusivo riferimento alla cocaina.
Quanto alle censure relative al trattamento sanzionatorio esse

4.5.

svolgono una critica delle valutazioni discrezionali demandate al giudice
di merito, incensurabili in questa sede di legittimità se – come nella
specie – logicamente e giuridicamente motivate. E tale deve riconoscersi
la esclusione della ipotesi attenuata ex art. 73 co. V DPR n. 309/90 sulla
base delle motivazioni comuni ad altre posizioni e coinvolgenti l’oggettivo
spessore e pervasività dello spaccio ( v. pg. 26 e sg. in relazione alla
imputata DI BARI); mentre del tutto generica è la censura relativa alla
dosimetria della pena, correttamente giustificata sulla base della
personalità dell’imputato quale si evince dai precedenti penali.
5. Ricorso nell’interesse di CORMIO Carlo.
5.1.

Quanto alla inammissibilità del primo motivo si rinvia al punto 1.1

sull’identico motivo svolto dalla difesa dell’AIELLO.
5.2.

Quanto al secondo motivo ed al primo e secondo motivo aggiunto,

in relazione alla valutazione della sentenza passata in giudicato
nell’ambito del procedimento «reset», si rinvia ai punti da 3.1. a 3.5.
in relazione all’identico motivo svolto dalla difesa del CASSANELLI.
5.3. La affermazione di partecipazione associativa del ricorrente si
fonda sulle convergenti dichiarazioni del DI RIENZO – che riporta
conoscenze dirette per aver svolto personalmente attività di spaccio nella
squadra di cui faceva parte il CORMIO – e dell’EVANGELISTA che indica il
CORMIO quale componente della squadra di cui facevano parte gli
omonimi fratelli ed altri soggetti pure indicati. Le chiamate in correità
sono , secondo la Corte territoriale, riscontrate dalle riprese filmate del 5
agosto 1996 e dall’episodio dell’aggressione al tossicodipendente

15

della motivazione formalmente azionato si ripropone la questione di

PICARRETTA al quale avrebbe partecipato lo stesso imputato, dai
controlli del 28 luglio 1996 e dalal denuncia del 27 luglio 1996.
5.4. Quanto alla censura relativa alle dichiarazioni dei collaboratore DI
RIENZO, facendo leva su una espressione utilizzata e non misurandosi
con la più completa e complessa valutazione effettuata dalla sentenza si
in primo che in secondo grado, è del tutto aspecifica. Anche l’evidenziata
lacunosità delle dichiarazioni

dei collaboratore è

inammissibilmente

evidenziata al di fuori del contesto in cui è espressa, a riprova della

valutativa rispetto alle diverse posizioni di CORMIO Berardino e
LOMUSCIO Antonio.Ancora, anche le censure mosse in particolare con il
secondo dei motivi aggiunti, lungi dal cogliere carenze ed illogicità
motivazionali circa la valutazione di attendibilità del collaboratore,
ripercorrono questioni di fatto in ordine a particolari dichiarativi
improponibili in questa sede. La censura in ordine alla valutazione della
videoripresa non attacca profili di illogicità ma ripropone una valutazione
in merito inammissibile in questa sede. Infine, la deduzione in ordine
all’esclusivo fondamento consistito nelle dichiarazioni irriscontrate del DI
RIENZO è anch’essa una riproposizione di valutazione di merito volta a
deprivare di valore individualizzante gli elementi logicamente considerati
a tal fine dalla Corte di merito.
Quanto alla specifica censura in ordine alle dichiarazioni del

5.5.

collaboratore EVANGELISTA va richiamato quanto già detto in ordine
all’analoga doglianza sollevata per il ricorrente CASSANELLI, e non
potendosi effettuare in sede di legittimità valutazione in fatto pertinente
all’eventuale c.d. «prova di resistenza» del compendio
legittimamente acquisito, deve pervenirsi – riconosciuta la fondatezza del
rilievo – all’annullamento con rinvio della sentenza in punto di
responsabilità del ricorrente per la sua partecipazione all’associazione di
cui al capo A).
6. Ricorso nell’interesse di DE BARI Patrizia.
6.1.

In relazione alla inammissibilità del primo motivo ci si riporta a

quanto detto sub 1.1 sull’identico motivo svolto dalla difesa dell’AIELLO.
6.2. Quanto al secondo motivo ci si riporta al punto da 3.1. a 3.5.
sull’analogo motivo svolto dalla difesa del CASSANELLI. Va aggiunto – in
relazione alla dedotta contraddittorietà dell’elemento di riscontro
costituito dalle dichiarazioni dei due tossicodipendenti e dall’arresto della
ricorrente – che trattasi di censura inammissibilmente volta ad
accreditare una diversa valutazione di merito decontestualizzandone
16

genuinità dell’apporto dichiarativo. Come pure il rilievo circa la disparità

l’apporto, laddove in modo logico e senza vizi giuridici la Corte di merito
– in relazione all’accusa mossa all’imputata di aver spacciato sostanza
stupefacente dei tipo hashish nell’abitazione di via Azzarita n. 13 piano
IV, unitamente alla madre Del Vecchio Maria Pia, dopo la scarcerazione
di quest’ultima dal bliz Reset ( nel novembre 1996) e di aver proseguito
in tale attività fino al 13 novembre 1998, data del suo arresto per droga
– nell’ambito del più ampio

riscontro

costituito dalle emergenze

famiglia DE BARL.correttamente considera – a riprova della ininterrotta
attività illecita svolta presso l’abitazione – anche quanto dichiarato dai
tossicodipendenti BARILE e CIMINIELLO in dibattimento a conferma di
quanto reso ai CC nell’immediatezza dei fatti il 27.5.1998.
Infine, quanto alla denegata attenuante ex art. 73 co. V DPR

6.3.

309/90 deve ribadirsi l’incensurabilità della motivazione al riguardo resa
dalla Corte di merito secondo quanto già detto. sub 4.5.
7.

Ricorso nell’interesse di DI RIENZO Cosimo.
Il primo motivo è inammissibile per difetto di interesse. Invero,

7.1.

pur risultando fondato l’erroneo procedimento di computo della pena con
riferimento alla attenuante speciale ex art. 74 co. 7 dpr n. 309/90,
risultando –

in violazione dell’art. 63 co. 3 c.p. – prima applicata la

riduzione di un terzo per le generiche e, successivamente, quella di un
mezzo per l’attenuante speciale, correttamente ricalcolando la pena a
partire da anni cinque di reclusione – applicata la disposta diminuzione
del mezzo ex art. 74 co. 7 dpr n. 309/90 – e, quindi, applicata la
diminuzione del terzo ex art. 62bis c.p., giungendosi alla pena di anni tre
e mesi quattro di reclusione, alla quale va aggiunta la pena inflitta per la
continuazione pari a mesi sei di reclusione, si perviene alla medesima
pena finale inflitta di anni tre e mesi dieci di reclusione.
Manifestamente infondato è il secondo motivo non tenendosi

7.2.

conto, ai sensi dell’art. 157 co. 2 c.p., della diminuzione per le
circostanze attenuanti.
7.3.

Manifestamente infondata la terza censura, applicandosi la

attenuante speciale solo alla fattispecie associativa.
8.

Ricorso nell’interesse di PATI Giuseppe
Quanto al primo motivo se ne deve dichiarare l’inammissibilità per

8.1.

quanto già detto sub 1.1 in ordine all’identico motivo svolto dalla difesa
dell’AIELLO.
8.2.

Il secondo motivo, del tutto identico a quello proposto dal

ricorrente ANDRIANI, va dichiarato inammissibile rinviandosi alle ragioni
17

investigative relative alle operazioni realizzate presso l’abitazione della

già esposte sub 2.2 e considerando il corretto avallo della partecipazione
associativa del ricorrente sulla base delle dichiarazioni del DI RIENZO
riferite al CAPPELLUTI e dal riscontro offerto dalle numerose operazioni di
pg. che avevano visto il PATI sempre in compagnia del CAPPELLUTI e,
successivamente al suo arresto, del minorenne GADOLETA, nonché degli
esiti delle videoriprese e delle dichiarazioni di un tossicodipendente
fornito dallo stesso PATI. Deve segnalarsi in proposito che, sebbene

dichiarazioni dell’EVANGELISTA, purtuttavia detto richiamo è
dichiaratamente incidentale e posto nell’ambito di una valutazione che
espressamente considera – senza vizi logici e giuridici – le predette
dichiarazioni ultronee rispetto al richiamato compendio probatorio,
ritenuto senz’altro idoneo a giustificare l’affermazione di responsabilità.
8.3. Anche il terzo motivo, identico a quello analogamente proposto
per l’ANDRIANI,è inammissibile per le ragioni esposte sub 2.3.
9. In conclusione devono dichiararsi inammissibili i ricorsi di
ANDRIANI,CORMIO Arturo, DE BARI Patrizia, DI RIENZO Cosimo e PATI
Giuseppe, con condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese
processuali e ciascuno della somma che si stima equo determinare in
euro 1.000,00 in favore della cassa delle ammende. La sentenza deve
essere invece annullata con rinvio ad altra sezione della Corte di appello
di Bari in relazione al capo A) contestato ad AIELLO Gaetano,
CASSANELLI Giulio e CORMIO Carlo per nuova decisione sul punto,
rigettando nel resto i relativi ricorsi.

P.Q.M.

Dichiara inammissibili i ricorsi di Andriani Franco, Cormio Arturo, De Bari
Patrizia,Di Rienzo Cosimo e Pati Giuseppe che condanna al pagamento
delle spese processuali e della somma di euro 1.000,00 ciascuno in
favore della cassa delle ammende. Annulla nei confronti di Aiello
Gaetano, Cassanelli Giulio e Cormio Carlo limitatamente al capo A) la
sentenza impugnata e rinvia per nuovo giudizio sul capo ad altra sezione
della Corte di appello di Bari. Rigetta nel resto i predetti ricorsi.
Così deciso in Roma, 6.12.2013.

anche per il PAT1 nella prima sentenza siano evocate anche le

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