Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 8897 del 19/11/2015


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 8897 Anno 2016
Presidente: LOMBARDI ALFREDO MARIA
Relatore: SAVANI PIERO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
BASCHINI ELSO N. IL 21/08/1938
avverso la sentenza n. 1284/2014 CORTE APPELLO di FIRENZE, del
19/02/2015
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 19/11/2015 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. PIERO SAVANI
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
C91-9A-cLu-“-che ha concluso per

Udito, per la parte civile, l’Avv
UdityiPdifensor Avv. 1L)

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Data Udienza: 19/11/2015

IN FATTO E DIRITTO
Con la sentenza impugnata la Corte d’Appello di Firenze ha parzialmente riformato, riqualificando l’originaria imputazione di tentato omicidio come lesioni gravi aggravate dall’uso dell’arma e
dall’essere la persona offesa ministro del culto cattolico, la sentenza emessa nei confronti di BASCHINI Elso in data 13 novembre 2013 dal locale Tribunale, confermata nelle restanti disposizioni circa i delitti di minaccia grave e detenzione e porto di arma, con rideterminazione del trattamento sanzionatorio.
Il BASCHINI era stato tratto a giudizio per rispondere dell’ipotesi di tentato omicidio aggravato
in danno del sacerdote BROGI Paolo, segretario del Vescovo di Firenze Card. BETORI Giuseppe, di minaccia aggravata dall’uso di arma in danno del porporato e di detenzione e porto abusivo di arma comune da sparo, una pistola semiautomatica cal. 7,65 con cui aveva esploso un colpo che aveva attinto il BROGI e con la quale aveva minacciato il Vescovo, all’interno del cortile
dell’Arcivescovado di Firenze, dove si era introdotto approfittando dell’apertura del portone automatico, verificatasi al momento del rientro della vettura condotta dal BROGI che riaccompagnava il Vescovo dopo una funzione celebrata all’esterno.
In particolare, per come ricostruito il fatto dalle sentenze di merito, l’Alfa Romeo 159 del Vescovo era entrata nel cortile della sede e si era arrestata nei pressi di un portico; il segretario
BROGI, che era alla guida, era sceso e si era portato all’altezza del cofano portabagagli per
estrarre i paramenti utilizzati per la celebrazione, mentre il Vescovo si era attardato per recuperare dei libri dal sedile posteriore. Il BROGI aveva visto entrare nel cortile un uomo che si era diretto verso di lui chiedendo di poter parlare col Vescovo e reiterando la richiesta con tono sempre più deciso, quanto decisa era la risposta negativa del segretario; avvicinatisi gli uomini a breve distanza, lo sconosciuto aveva esploso un colpo di pistola con gesto fulmineo, non esattamente percepito dal BROGI che aveva visto solo la fiammata ed era stato attinto al ventre appena
sotto le costole.
Il ferito si era allontanato attraversando il cortile per poi salire a chieder soccorso nell’alloggio
vescovile, mentre lo sconosciuto si era avvicinato al Vescovo e l’aveva minacciato con l’arma
puntata, prima di allontanarsi verso il portone e dileguarsi in strada.
L’indagine seguita al fatto di sangue aveva portato ad individuare come possibile autore del delitto l’attuale ricorrente BASCHINI Elso, ritenuto dal Tribunale e dalla Corte d’Appello responsabile dell’aggressione di quel 4 novembre 2011.
In sostanza i giudici del merito hanno riferito l’azione ad un soggetto che aveva agito nel tempo
di apertura del portone del cortile, le cui fattezze erano state descritte dalle persone offese agli
inquirenti che ne avevano realizzato due identikit, finendo poi, nello sviluppo ulteriore delle indagini, per concentrarle sul BASCHINI che i giudici del merito hanno ritenuto attinto da elementi di prova sufficienti per affermarne la responsabilità.
Propone ricorso per cassazione l’imputato sulla base di nove motivi.
Con il primo deduce vizio di motivazione per l’avvenuto rigetto, senza motivazione o con motivazione viziata, delle richieste istruttorie della difesa relative alla ricostruzione dell’evento criminoso nella sua dinamica e tempistica, soprattutto sui tempi di apertura e chiusura del cancello
automatico del cortile dell’Arcivescovado, sul fatto che in base alla testimonianza BETORI, non
adeguatamente valutata, la porta al momento dell’uscita del feritore si era presentata a quello ancora aperta; alla valutazione dell’andamento del tramite della ferita da agente balistico (alias
proiettile) riportata dal BROGI sulla base della disamina di dati balistici quali la distanza di sparo, posizione reciproca fra feritore e vittima e misure antropometriche, così che non sarebbe stata
adeguatamente valutata la circostanza che, essendo il prevenuto più basso del BROGI, per colpire la vittima in modo che il tramite intracorporeo avesse un andamento dall’alto in basso lo sparatore avrebbe dovuto tenere la pistola in alto, e ciò sarebbe in contrasto con le dichiarazioni della stessa p.l. sulle sue possibilità di vedere l’arma al momento dello sparo; sulla valutazione, che
ritiene incongrua della testimonianza di MINA Teresa, che avrebbe attestato senza incertezze che
il portone dell’Arcivescovado si era chiuso al passaggio della vettura del prelato, non era rimasto
aperto e chiuso le si era presentato nel momento in cui aveva udito lo sparo. Lamenta il ricorren-

te che la sentenza avrebbe illegittimamente spezzettato la testimonianza MINA nel svalutarne
l’attendibilità.
Con il secondo motivo deduce illogicità manifesta e contraddittorietà della motivazione nonché
travisamento della prova sulla pretesa irrilevanza del mancato riconoscimento in aula da parte
della vittima, rilevanza che i giudici del merito avrebbero trascurato illegittimamente non riportando con precisione le affermazioni dei due testimoni sia in sede di indagini preliminari che in
dibattimento.
Con il terzo motivo deduce violazione di legge per l’avvenuta utilizzazione a fini di prova da
parte della Corte di merito delle indicazioni ed informazioni ricevute dall’u.p.g. BARBETTA rifluite nella sua deposizione testimoniale e provenienti da informatore anonimo.
L’individuazione del BASCHINI sarebbe dipesa dalle indagini conseguenti a quelle dichiarazioni anonime, e proprio a quelle dichiarazioni riportate dal teste BARBETTA avrebbe fatto illegittimo riferimento la Corte di merito.
Con il quarto motivo deduce violazione di legge per aver la Corte di merito indebitamente utilizzato a fini probatori le risultanze di intercettazioni telefoniche autorizzate da provvedimenti invalidi perché fondati su indizi derivanti da informazioni confidenziali e riservate.
Con il quinto motivo lamenta violazione di legge per l’illegittima utilizzazione delle dichiarazioni testimoniali del TOUFIK sulle affermazioni confessorie del BASCHINI durante il loro colloquio nella sala d’attesa della Questura di Firenze.
Il TOUFIK sarebbe stato il confidente della Polizia che, convocato ad arte negli uffici della Questura, avrebbe indotto il prevenuto ad affermazioni confessorie, sulle quali aveva riferito in sede
di audizione testimoniale in violazione del disposto degli artt. 62 e 63 c.p.p. contribuendo in modo determinante alla formazione del convincimento del giudice.
In ogni caso all’orientamento giurisprudenziale evidenziato dalla Corte di merito si opporrebbe
una recente decisione di questa Corte (Sez. I, 11/2/2014, n. 18120) con cui era stata ritenuta inutilizzabile la testimonianza del fratello della vittima di un omicidio che aveva casualmente ascoltato nella caserma dei carabinieri la confessione resa da uno dei responsabili.
Richiede quindi che la questione si sottoposta alle Sezioni Unite.
Con il sesto motivo deduce violazione di legge per l’utilizzazione delle dichiarazioni del teste
BABINI della Questura sul contenuto delle riprese video e audio durante l’intercettazione ambientale eseguita in questura.
All’esito della perquisizione, il BASCHINI e tutte le persone conviventi erano state convocate
Questura e fatte attendere in una sala dove era stato attivato un sistema di registrazione audio é
video debitamente autorizzata. Peraltro, poiché la registrazione video non si era realizzata per un
guasto, era stato sentito come teste in dibattimento l’operante BABINI su quanto rilevato
all’interno della sala in questione, e questi aveva descritto l’accaduto ed anche i gesti compiuti
dagli interlocutori in specie BASCHINI e TOUFIK.
La mancata registrazione dell’intercettazione visiva non avrebbe consentito di acquisire legittimamente informazioni su quanto avvenuto nella stanza attraverso la testimonianza dell’u.p.g.
che vi aveva assistito.
Con il settimo motivo deduce violazione di legge e vizio di motivazione sulla valutazione di attendibilità delle dichiarazioni del teste TOUFIK.
Le dichiarazioni accusatorie di TOUFIK non sarebbero state valutate correttamente quanto alla
loro attendibilità, sia per la personalità del dichiarante, soggetto inaffidabile che vive di espedienti e di violazioni della legge, le cui dichiarazioni non avrebbero avuto riscontri ed anzi smentite come quelle della teste VOGEL, la quale avrebbe negato di conoscere BASCHINI e di non
aver mai pensato ad un lascito alla chiesa.
Di scarsa credibilità sarebbero anche le dichiarazioni in merito ad una ingente somma che BASCHINI avrebbe mostrato al TOUFIK e di cui questi aveva parlato in un’intervista.
Con l’ottavo motivo deduce violazione di legge e vizio di motivazione in merito alla valutazione
delle dichiarazioni spontanee dell’imputato e la violazione del principio dell’oltre ogni ragionevole dubbio. La Corte di merito avrebbe erroneamente valutato ed interpretato le dichiarazioni

spontanee del BASCHINI sui suoi rapporti con TOUFIK e ne avrebbe tratto elementi di conforto
dell’ipotesi accusatoria con violazione del principio dell’oltre ogni ragionevole dubbio.
Con il nono motivo deduce violazione di legge e vizio di motivazione sul trattamento sanzionatorio. La Corte di merito non avrebbe considerato le doglianze difensive sul ritenuto ricorrere del
pericolo di vita per la persona offesa quale elemento significativo della gravità del fatto considerato dalla Corte quale ragione principale della gravità della sanzione inflitta. Né più puntuale motivazione avrebbe avuta la richiesta di applicazione delle attenuanti generiche.
È stata prodotta memoria per il BASCHINI con cui si ribadiscono le doglianze del ricorso soprattutto in riferimento alla valutazione delle dichiarazioni del prevenuto, alla ritenuta irrilevanza
del movente, alla ritenuta irrilevanza di nuovi accertamenti tecnici, all’incongruenza motivazionale derivante dalla ritenuta irrilevanza del mancato riconoscimento del prevenuto da parte delle
persone offese; l’affermazione di responsabilità basata su di un impianto probatorio debole fatto
più che altro di illazioni e sospetti e non tale da superare il ragionevole dubbio nell’accezione accolta anche nell’attuale testo del codice di procedura penale.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Osserva il Collegio che la sentenza impugnata deve essere annullata con rinvio per nuovo esame
ad altra sezione della Corte d’Appello di Firenze.
Le censure del ricorrente hanno investito la sentenza sotto diversi profili, sia di violazione di
legge in relazione al materiale utilizzabile per la decisione, sia di difetto di motivazione sulla riCostruzione del fatto e sull’attribuibilità del delitto al BASCHINI.
Occorre preliminarmente affrontare talune censure sviluppate in punto di diritto dal ricorrente in
merito all’utilizzabilità di parte del materiale probatorio sul cui fondamento si dirà di seguito,
con la conseguenza che in sede di rinvio la Corte di merito dovrà tener conto dei principi che
verranno affermati al proposito.
Infondato è innanzitutto il terzo motivo con cui si deduce violazione di legge per l’utilizzazione a
fini di prova delle indicazioni ed informazioni ricevute dall’u.p.g. BARBETTA rifluite nella sua
deposizione testimoniale perché provenienti da informatore anonimo, in quanto dell’esistenza
della fonte anonima i giudici del merito hanno dato contezza solo nella narrazione dello sviluppo
delle indagini, e la Corte d’Appello soprattutto ha evidenziato correttamente che le indicazioni di
quella fonte erano state legittimamente utilizzate (Sez. U, n. 25932 del 29/5/2008 Rv. 239695)
per la prosecuzione delle indagini volte all’individuazione dello sparatore, indagini proseguite
mediante servizi di 0.C.P., accertamenti presso l’ufficio postale dove il prevenuto ritirava la
pensione, anche in ordine all’aspetto esteriore della persona sottoposta ad indagini, in riferimento
alla descrizione dell’aggressore da parte delle persone offese.
Peraltro l’indicata fonte anonima si è poi palesata (Sez. F, n. 35450 del 6/8/2003, Rv. 228221)
nel teste TOUFIK, che è stato assunto al dibattimento nel contraddittorio delle parti.
Infondato anche il quarto motivo con cui si deduce violazione di legge per aver la Corte di merito indebitamente utilizzato a fini probatori le risultanze di intercettazioni telefoniche autorizzate
da provvedimenti invalidi perché fondati su indizi derivanti da informazioni confidenziali e riservate.
Invero la giurisprudenza di questa Corte ha ripetutamente statuito che in tema di autorizzazione
all’effettuazione di intercettazioni telefoniche, le informazioni confidenziali acquisite dagli organi di polizia giudiziaria determinano l’inutilizzabilità delle intercettazioni, ai sensi del combinato
disposto di cui agli artt. 267, comma 1-bis e 203, comma 1-bis, cod. proc. pen., soltanto quando
esse abbiano costituito l’unico elemento oggetto di valutazione ai fini degli indizi di reità; il divieto di utilizzo della fonte confidenziale, tuttavia, non è esteso anche ai dati utili per individuare
i soggetti da intercettare, sempre che risulti l’elemento obiettivo dell’esistenza del reato e sia indicato il collegamento tra l’indagine in corso e la persona da sottoporre a captazione. (Sez. 6, n.
39766 del 15/04/2014 – dep. 25/09/2014, Pascali e altri, Rv. 260456) Sez. 6, n. 42845 del
26/06/2013 – dep. 18/10/2013, P.M. e Bonanno, Rv. 257295 Conf.: N. 10051 del 2008 Rv.
239458, N. 1258 del 2013 Rv. 254174).
Risulta in concreto che l’intercettazione telefonica nei confronti del BAS CHINI non era stata di-

sposta esclusivamente a seguito delle indicazioni provenienti dalla fonte confidenziale, ma anche
a seguito delle indagini concernenti la sua possibile individuazione mediante testimonianze ed
identikit.
Non fondato è anche il quinto motivo di ricorso con cui si lamenta violazione di legge, ed in particolare del disposto degli artt. 62 e 63 c.p.p., per l’utilizzazione delle dichiarazioni testimoniali
del TOUFIK, considerato confidente della polizia, sulle affermazioni del BASCHINI durante il
loro colloquio nella sala d’attesa della Questura di Firenze.
Corretto è il riferimento della Corte di merito alla giurisprudenza di questa Corte che ha provveduto a definire e delimitare il divieto probatorio (Sez. III, 12/2/2014, n. 12236, Rv. 259297) attenendosi strettamente al dato testuale e concludendo che il divieto imposto dall’art. 62 c.p.p. opera
solo in relazione alle dichiarazioni rese nel corso del procedimento e non a quelle rese al di fuori
di esso (v., tra le tante: Sez. I, 22/1/2008, n. 5636, Rv. 238932), intendendo con l’espressione
“procedimento”, un collegamento funzionale tra le dichiarazioni ed un atto del procedimento penale (v., ex multis: Sez. VI, 9/12/2003, n. 6085, Rv. 227599, che richiama anche l’esegesi della
norma operata dalla Corte cost, con la sentenza n. 237 del 1993).
Rientrano, perciò, nel divieto di testimonianza le sole dichiarazioni rese, nel corso del procedimento, all’Autorità giudiziaria, alla polizia giudiziaria e al difensore nell’ambito dell’attività investigativa (Sez. II, 2/12/2008, n. 4439, Rv. 243274), rimanendo pertanto escluse le dichiarazioni
rese dall’imputato, anche se a contenuto confessorio, non importa se spontaneamente o meno, ad
un soggetto non rivestente nessuna di tali qualifiche.
Né incide sulla correttezza di quell’orientamento l’intervento della decisione cui si riferisce il ricorrente con richiesta di sottoposizione della questione alla Sezioni Unite di questa Corte per la
risoluzione di un preteso contrasto giurisprudenziale che non ricorre.
Invero la citata decisione (Sez. I, 11/2/2014, n. 18120, Rv. 258908) aveva avuto riguardo alla testimonianza, ritenuta inutilizzabile, del fratello della vittima di un omicidio il quale aveva casualmente ascoltato nella caserma dei carabinieri la confessione resa ai militari da uno dei responsabili del delitto quando era stato sentito ancora come persona informata sui fatti nonostante
l’acquisizione di elementi indizianti a suo carico, in palese violazione dell’art. 63 c.p.p., comma
2.
Nel caso quindi si trattava di dichiarazioni auto indizianti rese alla polizia giudiziaria in violazione dell’art. 63 c.p.p., comma 2, affette da inutilizzabilità assoluta, sanzione che si propaga necessariamente alle dichiarazioni del teste che, per circostanze “fortuite” sia in grado di percepirle
e di riferire il loro contenuto all’Autorità giudiziaria.
È quindi evidente la diversità del caso rispetto a quello, per cui si procede, nel quale le dichiarazioni non erano state rilasciate ad uno dei soggetti indicati nell’art. 62 c.p., ma ad un soggetto
estraneo nel corso di informale conversazione sul contenuto della quale non vigeva il divieto di
testimonianza.
Fondata nei limiti di cui appresso è la censura di violazione di legge per l’utilizzazione delle dichiarazioni del teste BABINI della Questura, sul contenuto delle riprese video e audio durante
l’intercettazione ambientale eseguita in questura in una sala dove era stato attivato un sistema di
registrazione audio e video, debitamente autorizzata.
L’operante BABINI, sentito come teste in dibattimento su quanto rilevato all’interno della sala
nella quale attendevano il BASCHINI, il TOUFIK ed altre persone convocate per l’indagine,
aveva descritto l’accaduto ed anche i gesti compiuti dagli interlocutori in specie BASCHINI e
TOUFIK perché la registrazione video non si era realizzata per un guasto.
Osserva il Collegio che la mancata registrazione dell’intercettazione visiva non avrebbe consentito di acquisire legittimamente informazioni su quanto avvenuto nella stanza attraverso la testimonianza dell’u.p.g. che vi aveva assistito.
Invero la giurisprudenza (v., Sez. IV, 29/1/2001, n. 8437, Rv. 218971) ha chiarito in modo che il
Collegio condivide che in tema di intercettazioni telefoniche o ambientali, la mancata memorizzazione del colloqui, attraverso la registrazione, rende inesistente il mezzo di ricerca della prova,
pur ritualmente autorizzata, e inutilizzabile ogni acquisizione dei risultati di essi altrimenti rea-

L’affermazione di responsabilità del prevenuto si è fondata su di una serie di elementi di natura
dichiarativa, sulla dinamica del fatto e la tempistica dell’azione sviluppatasi in un massimo di un
minuto e trentun secondi, secondo gli accertamenti della polizia giudiziaria sui tempi di apertura
e chiusura del portone, sulle dichiarazioni delle due persone offese quanto all’ingresso
dell’attentatore a portone aperto e sul suo allontanamento dopo il fatto sempre a portone aperto,
sulle caratteristiche fisiche dello sparatore, sulla sua individuazione affermata e poi sfumata in
dibattimento, su tutti gli elementi che concorrevano a portare il BASCHINI sulla scena del fatto,
‘anche in relazione ai suoi rapporti con il TOUFIK ed allo scambio di informazioni fra i due, prima e durante l’incontro presso la Questura, e sui restanti elementi indiziari esaminati nel loro
combinarsi dalle sentenze di merito e che avevano convinto che la persona che aveva esploso il
colpo di pistola e ferito il BROGI non potesse che essere l’imputato.
Rileva tuttavia il Collegio che il ricorso — che propone diverse rivalutazioni, sia dell’attendibilità
dei vari dichiaranti, sia della decisività degli accertamenti eseguiti sui possibili movimenti dello
sparatore in combinazione con le dichiarazioni di una teste che aveva assistito dalla pubblica via
al rientro del Vescovo ed aveva riferito dei movimenti del veicolo e del portone dell’edificio —
punta decisamente la propria attenzione, fondatamente, su uno dei non molti elementi oggettivi
dell’intero compendio probatorio: la direzione del tramite intracorporeo nella persona offesa del
proiettile sparato dal responsabile del fatto, proiettile che per la limitata capacità propulsiva di
una munizione con carica deteriorata non aveva provocato i danni che un proiettile del calibro
accertato di solito determina.
Il ricorso lamenta la mancata risposta dei giudici del merito all’eccezione circa l’impossibilità di
ascrivere a BASCHINI, più basso di statura della persona offesa, uno sparo che attingesse la vittima dall’altro in basso, come oggettivamente riscontrato, soprattutto in relazione alle sicure
emergenze processuali che riferivano il momento dello sparo a pochi istanti dopo l’estrazione
dell’arma, senza che la stessa venisse vista dalla vittima stessa.
La carenza di accertamento da parte dei giudici del merito, secondo il ricorrente, avrebbe indebitamente ed illogicamente escluso l’ipotesi che lo sparatore fosse altro soggetto di altezza superiore al prevenuto e tale da consentirgli di attingere la persona offesa con un tramite quale quello
obiettivamente rilevato senza che la pistola fosse sollevata in modo visibile.
Osserva il Collegio che la censura è fondata. La Corte di merito non percepisce la contraddizione
in sentenza fra l’affermazione che il BASCHINI aveva sparato nel momento in cui estraeva di
tasca l’arma, e quindi tenendola al più ad altezza di cintola, e la successiva descrizione del tramite e della sua inclinazione nel corpo del BROGI più alto dello sparatore, indicato nel BAS CHINI
sulla base degli altri elementi acquisiti nella valutazione dei giudici del merito.
La Corte di merito non percepisce la stridente discrasia e non si fa carico di giustificare in modo
adeguato la ritenuta irrilevanza della incongruenza, segnalata dalla difesa con la richiesta di ulteriore accertamento balistico antropometrico, in relazione ad un determinante elemento di natura
oggettiva, uno dei pochi nella vicenda, ignorando poi la possibile rilevanza ed attendibilità delle
affermazioni provenienti anche dal prevenuto sulla dinamica dell’incontro con il sacerdote appena prima dello sparo, sui movimenti e sull’orientamento reciproco dei corpi nella sua imminenza.

lizzata (annotazioni o dichiarazioni dei verbalizzanti) a differenza del caso in cui, essendo stato il
colloquio regolarmente memorizzato, risulti deteriorato il relativo supporto magnetico, rendendo
impossibile la trascrizione; in tale ultima ipotesi, essendo stata rispettata la formalità, della registrazione, voluta dalla legge, la prova del colloquio e del suo contenuto può essere data utilizzando gli ordinari mezzi probatori (v. anche Sez. IV, 7/7/1998, n. 2300, Rv. 212369; Sez. II,
11/11/2010, n. 44327, Rv. 248909).
In definitiva non sono utilizzabili le dichiarazioni testimoniali del BABINI nella parte in cui riferiscano gli atteggiamenti ed i gesti delle persone riprese nella stanza della questura
nell’occasione di cui si tratta, in sostituzione della registrazione, totalmente mancata, mentre pienamente utilizzabile è la registrazione delle conversazioni intervenute nell’occasione, regolarmente autorizzata e realizzata senza inconvenienti tecnici.

Come non spetta al ricorrente, che naturalmente formula l’ipotesi di estraneità del prevenuto sulla base delle motivazioni che censura, non spetta neppure al giudice di legittimità formulare ricostruzioni in linea di fatto non considerate dai giudici del merito, ma esclusivamente evidenziare
la carenza motivazionale su di un punto determinante, non adeguatamente valutato sulla base di
tutte le emergenze rilevabili dal testo stesso delle sentenze dei giudici del merito.
Annullata la decisione impugnata, sulla cui base motivazionale non può esser considerata logicamente e compiutamente accertata la responsabilità del BASCHINI, il processo dovrà essere
esaminato dal giudice del rinvio, nella pienezza dei suoi poteri di accertamento del fatto, fermi
restando i principi affermati più sopra in tema di validità ed utilizzabilità delle fonti di prova oggetto di censure considerate non fondate, con totale valutazione del merito, essendo assorbiti tutti
i motivi sul trattamento sanzionatorio e sulle spese di parte civile nel grado, cui provvederà il
giudice del rinvio.
P.Q.M.
La Corte annulla la sentenza impugnata con rinvio ad altra sezione della Corte d’Appello di Firenze per nuovo esame.
Così deciso in Roma il 19 novembre 2015.

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