Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 8882 del 14/11/2012


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 8882 Anno 2013
Presidente: VECCHIO MASSIMO
Relatore: LA POSTA LUCIA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
1) SALEMI CARMELO N. IL 01/01/1969
avverso l’ordinanza n. 38/2010 GIP TRIBUNALE di CATANIA, del
10/11/2011
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. LUCIA LA POSTA;

Data Udienza: 14/11/2012

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza del 10.11.2011 il Gip del Tribunale di Catania, quale
giudice dell’esecuzione, respingeva l’istanza avanzata da Carmelo Salemi, volta
ad ottenere l’applicazione della disciplina del reato continuato, ex art. 671 cod.
proc. pen., in relazione ai reati giudicati con le sentenze specificamente indicate.
Il giudice dell’esecuzione evidenziava che la distanza cronologica tra i reati e
l’eterogeneità degli stessi ostano alla sussistenza dell’identità del disegno

dimostrare che il avesse elaborato la realizzazione di tutti i reati commessi negli
anni successivi al 1997 epoca sino alla quale è stato commesso il reato
associativo.

2. Avverso la citata ordinanza ha proposto ricorso, a mezzo dei difensori di
fiducia, il Salemi con due distinti atti.
Con il primo atto deduce la violazione di legge ed il vizio della motivazione in
particolare avuto riguardo al mancato riconoscimento della continuazione tra il
reato di cui all’art. 416

bis cod. pen. ed i reati di rapina, ricettazione ed altro,

commessi il 24.9.2001, tenuto conto che la sentenza di condanna per il reato
associativo, finalizzato anche alla commissione di una serie indeterminata di
delitti contro il patrimonio, è intervenuta il 7.2.2000 e che è stata ritenuta
l’aggravante di cui all’art. 628 comma terzo n.3) cod. pen. perché commesso da
persona che fa parte di un’associazione mafiosa.
Lamenta, altresì, che il giudice ha omesso di valutare le specifiche questioni
di fatto e di diritto introdotte dalla difesa.
Con il secondo atto di ricorso si denuncia il vizio della motivazione
dell’ordinanza impugnata rilevando che i fatti oggetto delle sentenze di condanna
erano tutti maturati ed erano stati eseguiti nel medesimo contesto illecito
dell’associazione mafiosa per partecipazione alla quale il ricorrente è stato
condannato e, pertanto, non può rilevare la eterogeneità dei reati comunque
riconducibili al programma criminoso cui era finalizzata l’organizzazione
criminale. In specie, le due condanne per la violazione della misura di
prevenzione applicata al ricorrente in conseguenza alla condanna per il reato
associativo non possono che essere ritenute omogenee al delitto di cui all’art.
416

bis cod. pen.. A ciò va aggiunto che i reati contro il patrimonio e le due

violazioni anzidette sono stati commessi in un breve arco temporale tra
settembre 2001 e ottobre 2003 e la partecipazione al sodalizio è formalmente
commessa fino al 5.4.1997, data dell’arresto del ricorrente che in ogni caso non
implica il venir meno della partecipazione al sodalizio mafioso.

2

criminoso, né l’istante ha prospettato alcun elemento specifico idonea a

CONSIDERATO IN DIRITTO

I ricorsi sono inammissibili.
L’art. 671 cod. proc. pen. attribuisce al giudice il potere di applicare in
executivis l’istituto della continuazione e di rideterminare le pene inflitte per i
reati separatamente giudicati con sentenze irrevocabili secondo i criteri dettati
dall’art. 81 cod. pen.. Tra gli indici rivelatori dell’identità del disegno criminoso

della condotta, la tipologia dei reati, il bene protetto, l’omogeneità delle
violazioni, la causale, le condizioni di tempo e di luogo.
La decisione del giudice di merito, se congruamente motivata, non è
sindacabile in sede di legittimità (Sez. 5, 7.5.1992, n. 1060, Di Camillo, riv.
189980; Sez. 1, 7.7.1994, n. 2229, Caterino, riv. 198420; Sez. 1, 30.1.1995, n.
5518, Montagna, riv. 200212).
Nella specie, le doglianze del ricorrente — in parte generiche – alla luce della
motivazione del provvedimento impugnato, sono manifestamente infondate e si
risolvono nella mera riproposizione delle argomentazioni sulle quali era fondata
la richiesta che sono state compiutamente valutate dal giudice dell’esecuzione
con motivazione immune da vizi di coerenza e di logicità. Sono, peraltro,
precluse alla valutazione di legittimità le censure di merito contenute nei ricorsi.
Alla dichiarazione di inammissibilità dei ricorsi consegue di diritto la
condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di
elementi atti ad escludere la colpa nella determinazione della causa di
inammissibilità, al versamento a favore della cassa delle ammende di una
sanzione pecuniaria che pare congruo determinare in euro mille, ai sensi dell’
art. 616 cod. proc. pen..

P.Q.M.

Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e al versamento della somma di euro mille in favore della
cassa della ammende.

Così deciso, il 14 ottobre 2012.

non possono non essere apprezzati la distanza cronologica tra i fatti, le modalità

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