Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 8858 del 14/11/2012


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 8858 Anno 2013
Presidente: VECCHIO MASSIMO
Relatore: CAVALLO ALDO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
1) PESCE ANTONINO N. IL 16/03/1953
avverso l’ordinanza n. 1763/2011 TRIB. SORVEGLIANZA di ROMA,
del 21/10/2011
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ALDO CAVALLO;

Data Udienza: 14/11/2012

Ritenuto in fatto

1.

Il Tribunale di sorveglianza di Roma, con l’ordinanza indicata in

epigrafe, ha respinto il reclamo proposto da Pesce Antonino avverso il decreto
del 18 marzo 2011 del Ministro della Giustizia che aveva disposto nei riguardi
dello stesso l’applicazione del regime detentivo differenziato di cui all’art. 41 bis
Ord. Pen.. con la conseguente sospensione di alcune regole di trattamento
previste dalle legge penitenziarla.

più articolato – che gli elementi posti dalla Amministrazione penitenziaria a
fondamento del decreto (attuale pericolosità sociale del reclamante quale
desumibile dalla sua partecipazione, quale elemento di vertice dell’omonima
cosca di ‘ndrangheta; permanente operatività sul territorio – Rosarno
dell’associazione criminale di appartenenza) erano sufficienti a dimostrare la
effettiva sussistenza delle eccezionali ragioni di ordine e di sicurezza che avevano
legittimato l’adozione del regime differenziato, in assenza di elementi sintomatici
del venir meno del vincolo associativo e di una cessazione della capacità del
prevenuto di fattivo ed illecito collegamento con l’esterno, quale desumibile, per
altro, dall’avvenuto sequestro presso la moglie di numerosa corrispondenza,
caratterizzata dall’uso di un linguaggio criptico.

2.

Avverso la predetta ordinanza ha proposto ricorso per cassazione il

Pesce, per il tramite del difensore di fiducia, il quale deduce violazione dell’art.
41 bis legge n. 354 del 1975 e vizio di motivazione.
Il Tribunale di sorveglianza nella motivazione dell’ordinanza impugnata ha
Infatti ravvisato l’attuale capacità del Pesce di mantenere contatti con
l’associazione criminale, con argomentazioni assolutamente incongrue, non
avendo indicato gli elementi concreti su cui ha fondato tale valutazione ma
valorizzato esclusivamente gli elementi desunti dai titoli di detenzione, per altro
relativi a fatti risalenti nel tempo ed integranti solo reati associativi omettendo di
analizzare accuratamente l’effettivo contenuto delle comunicazioni, anche
epistolari, intrattenute dal reclamante con i propri familiari.

Considerato in diritto

1. L’impugnazione è inammissibile, perché basata su motivi non consentiti
dalla legge nel giudizio di legittimità e comunque manifestamente infondati.

Rilevava il Tribunale – sintetizzando un percorso argomentativo invero assai

Nel controllo di legittimità sul provvedimento dl applicazione del regime
differenziato, il Tribunale di sorveglianza ha – come si è visto – valutato gli
elementi indicati nel decreto ministeriale e li ha sottoposti ad autonomo vaglio
critico, accertando che gli stessi fornivano dati realmente significativi sulla
effettiva capacità del reclamante – anche a ragione della sua intraneità
all’organizzazione di tipo mafioso di riferimento, ancora operativa sul territorio, di
mantenere collegamenti con la criminalità organizzata, ed in particolari con
esponenti in libertà dell’associazione di appartenenza – quindi sull’attuale

capacità di collegamento con l’organizzazione esterna ed attualità dei concreti
contatti.
In particolare, evocando provvedimenti giurisdizionali ed i contenuti
motivazionali degli stessi nonché articolate informative degli organi inquirenti rispetto alli_ qual& nel ricorso, in violazione del generale principio di
autosufficienza, non vengono forniti, per altro, elementi indicativi di un effettivo
travisamento – Il Tribunale ha ritenuto che il Pesce, in assenza di elementi
sintomatici di autentica dissociazione e di acquisizione di valori di legalità,
potesse continuare a dare apporti di impulso a scelte delinquenziali da attuarsi
all’esterno ad opera di soggetti appartenenti all’organizzazione.

2. Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue la condanna del
ricorrente al pagamento delle spese processuali e – non ricorrendo ipotesi di
esonero – al versamento di una somma alla cassa delle ammende, congruamente
determinabile in C 1000,00.

P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e al versamento della somma di C 1000,00 alla cassa delle
ammende
Così deciso in Roma, il 14 novembre 2012.

pericolosità del detenuto, dovendo distinguersi al riguardo tra attualità del la

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