Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 8856 del 14/11/2012


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 8856 Anno 2013
Presidente: VECCHIO MASSIMO
Relatore: CAVALLO ALDO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:

1) AGLIERI PIETRO N. IL 09/06/1959
avverso l’ordinanza n. 6084/2011 TRIB. SORVEGLIANZA di ROMA,
del 16/12/2011
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ALDO CAVALLO;

Data Udienza: 14/11/2012

Ritenuto in fatto
1.

Il Tribunale di sorveglianza di Roma, con l’ordinanza indicata in

epigrafe, ha respinto il reclamo proposto da Aglieri Pietro avverso il decreto del
28 settembre 2011 del Ministro della Giustizia che aveva disposto nei riguardi
dello stesso la proroga del regime detentivo differenziato di cui all’art. 41 bis
Ord. Pen., con la conseguente sospensione di alcune regole di trattamento
previste dalle legge penitenziaria.

più articolato – che gli elementi posti dalla Amministrazione penitenziaria a
fondamento del decreto (attuale e persistente pericolosità sociale del reclamante
quale desumibile dalla sua appartenenza, in posizione apicale, all’associazione
per delinquere di tipo mafioso “Cosa Nostra”, in quanto capo mandamento della
“famiglia” Santa Maria di Gesù o Guadagna e già componente fin dai primi anni
’80 della “Commissione Provinciale” di detta associazione nonché persona vicina
(“figlioccio”) di Bernardo Provenzano; la perdurante operatività dell’associazione
di appartenenza)berano sufficienti, a prescindere dalla revisione dell’imputazione
per la strage di Capaci e la sopravvenuta cattura di alcuni latitanti, a dimostrare
la effettiva sussistenza delle eccezionali ragioni di ordine e di sicurezza che
avevano legittimato l’adozione del regime differenziato, in assenza di elementi
sintomatici del venir meno del vincolo associativo e di una cessazione della
capacità del prevenuto di fattivo ed illecito collegamento con l’esterno.

2.

Avverso la predetta ordinanza hanno proposto ricorso per cassazione

sia l’Aglieri, personalmente, che il suo difensore di fiducia, deducendone
l’illegittimità per violazione di legge (art. 41 bis legge n. 354 del 1975) e vizio di
motivazione.
Il Tribunale di sorveglianza nella motivazione dell’ordinanza impugnata ha
Infatti ravvisato l’attuale capacità dell’Aglieri di mantenere contatti con
l’associazione criminale, con argomentazioni assolutamente incongrue, non
avendo indicato gli elementi concreti su cui ha fondato tale valutazione ma
valorizzato esclusivamente gli elementi desunti dai titoli di detenzione,
prescindendo dalla lunga detenzione sofferta dal reclamante / l’assenza di
qualsiasi contatto con altri pretesi esponenti di Cosa Nostra e l’oggettiva
Impossibilità per lo stesso di intrattenere una qualche forma di contatto con
l’esterno tale da costituire un effettivo pericolo per l’ordine pubblico.

Rilevava il Tribunale – sintetizzando un percorso argomentativo invero assai

Considerato in diritto

1. L’impugnazione è inammissibile, perché basata su motivi non consentiti dalla
legge nel giudizio di legittimità e comunque manifestamente infondati.
Nel controllo di legittimità sul provvedimento di proroga, il Tribunale di
sorveglianza ha – come si è visto – valutato gli elementi indicati nel decreto
ministeriale e 11 ha sottoposti ad autonomo vaglio critico, accertando che gli

– anche a ragione della sua intraneltà a Cosa Nostra e la posizione di vertice
ricoperta nella stessa – di mantenere collegamenti con la criminalità organizzata
ancora operativa sul territorio, quindi sull’attuale pericolosità del detenuto,
dovendo distinguersi tra attualità del collegamento con l’organizzazione esterna
e l’attualità dei concreti contatti.
In particolare, evocando provvedimenti glurisdizionall ed i contenuti
motivazionali degli stessi nonché articolate informative degli organi inquirenti rispetto allt. quale; nel ricorso, in violazione del generale principio di
autosufficienza, non vengono forniti, per altro, elementi indicativi di un effettivo
travisamento – il Tribunale ha ritenuto che l’Aglieri, in assenza di elementi
sintomatici di autentica dissociazione e di acquisizione di valori di legalità,
potesse continuare a dare apporti di impulso, di indirizzo, di coordinamento a
scelte delinquenziali da attuarsi all’esterno ad opera di soggetti appartenenti
all’organizzazione.

2. Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue la condanna del
ricorrente al pagamento delle spese processuali e – non ricorrendo ipotesi di
esonero – al versamento di una somma alla cassa delle ammende, congruamente
determinabile in C 1000,00.

P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e al versamento della somma di C 1000,00 alla cassa delle
ammende
Così deciso in Roma, il 14 novembre 2012.

stessi fornivano dati realmente significativi sulla effettiva capacità del reclamante

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