Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 8851 del 13/02/2014


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 8851 Anno 2014
Presidente: FIANDANESE FRANCO
Relatore: PRESTIPINO ANTONIO

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
PROCURATORE DELLA REPUBBLICA presso il Tribunale di Savona
Nei confronti di:
Salidu Bruno n. a Carbonia il 10.9.1941
avverso l’ORDINANZA del TRIBUNALE della LIBERTA’ di SAVONA
del 30.7.2013
udita la relazione del consigliere dr. ANTONIO PRESTIPINO
sentito il Procuratore Generale, in persona del dr. Fulvio Baldi, che ha concluso per il rigetto
del ricorso.

Data Udienza: 13/02/2014

Ritenuto in fatto
1.11 pubblico ministero presso il Tribunale di Savona chiedeva il sequestro preventivo per
equivalente nei confronti di Salidu Bruno per i reati di riciclaggio e di usura e per il reato di
cui all’art. 4 D.Igs 74/2000.
1.1. Il gip accoglieva parzialmente la domanda cautelare disponendo il sequestro dei beni
dell’imputato solo per questi ultimi due reati. Riguardo al delitto di cui all’art. 648 bis c.p.,
invece, il gip riteneva operante la clausola di riserva prevista dalla norma incriminatrice per
l’ipotesi del coinvolgimento nel delitto presupposto dell’autore della condotta tipica.
2. Il procedimento penale era nato dalle indagini relative ad un finanziamento di 14.000.000 di
euro concesso alla società MAREA NEAGRA il 21.12.2007 dalla Unicredit Coporate Bank, in
tempi assai rapidi e senza garanzie, sul maggiore importo di euro 49.500.000 inizialmente
previsto ma poi non interamente erogato.
2.1.La somma doveva essere impiegata per l’acquisto di aree edificabili in Romania tramite la
SC Management VigInvest, controllata dalla MAREA NEAGRA, che aveva in effetti stipulato, lo
stesso giorno del finanziamento, alcuni atti di acquisto di immobili, per prezzi, però,
simulatamente maggiori di quelli reali, e con controparti dietro le quali si celava Nucera
Andrea, amministratore della società acquirente, poi dichiarata fallita. Le somme eccedenti il
prezzo reale di acquisto degli immobili erano state poi retrocesse dai venditori.
3. Una parte delle somme retrocesse e precisamente euro 1.300.000 era confluita sul conto
corrente n. 106501 intestato alla società TCC Tax & Corporate SA presso la filiale di Lugano
della Banca Popolare di Sondrio Suisse a seguito del bonifico disposto dal Nucera sul conto
personale “Dugongo”. La società beneficiaria era risultata riconducibile al Salidu, che aveva
poi versato 1.000.000 di euro, presso il conto nr. 0304760 (denominato “Rovescio”), da lui
acceso presso la predetta Banca Popolare di Sondrio. Il Salidu avrebbe in tal modo incassato il
compenso pattuito con il Nucera per procuragli il finanziamento di 14.000.000 di euro da cui
avevano preso le mosse le indagini.
4.11 gip aveva ritenuto configurabile il concorso dell’imputato nei fatti di bancarotta fraudolenta
per distrazione e di ricorso abusivo al credito emersi nel corso della procedura fallimentare
concernente la soc.”MAREA NEAGRA” s.r.I., dai quali sarebbe derivata la provvista di euro
1.300.000 impiegata nelle operazioni di riciclaggio, ritenendo quindi non punibile la condotta
dell’imputato ai sensi dell’art. 648 bis c.p., in ragione della clausola di salvezza contenuta nella
norma incriminatrice nei confronti dei soggetti coinvolti nel reato presupposto.
5. Sull’appello del PM, il Tribunale della Libertà di Savona, con l’ordinanza in epigrafe, ha
confermato la decisione del gip, condividendone le ragioni.
6. Ricorre il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Savona, deducendo il vizio di
violazione di legge dell’ordinanza ex art. 606 lett. B), in relazione agli art. 110 e 648 bis c.p.
c.p., e il difetto assoluto di motivazione in ordine al rigetto delle corrispondenti richieste
cautelari.
6.1. Rievocata la pacifica ricostruzione dei fatti, Il PM ricorrente contesta sotto i ricordati profili
di legittimità l’affermazione dei giudici territoriali secondo cui il ruolo avuto nella complessa
vicenda dal Salidu dimostrerebbe che lo stesso era pienamente consapevole della situazione di
difficoltà finanziaria della MAREA NEAGRA s.r.I., e avrebbe quindi volontariamente contribuito
alle condotte di bancarotta attribuite al Nucera, per la parte relativa all’indebito compenso
percepito, in sostanza corrispondente ad una sorta di “tangente” per i buoni uffici prestati a
favore della società poi fallita nei confronti dell’istituto bancario mutuante.
In realtà, dai fatti processuali sarebbe oggettivamente rilevabile soltanto la percezione, da
parte del Salidu, di una somma a titolo di “mediazione”, nel totale disinteresse dell’imputato
per la sua specifica provenienza.
Ha resistito al ricorso il difensore del Salidu, depositando memoria scritta con la quale segnala
che nelle more questa Corte ha respinto il ricorso proposto dal PM per motivi identici avverso
l’analoga esclusione del delitto di riciclaggio ai fini dell’applicazione di misure restrittive
personali.
Considerato in diritto
Il ricorso è infondato
1. Dall’imputazione cautelare si evince che a carico del Salidu è stata ravvisata l’ipotesi della
mediazione usuraria di cui al co. 2° dell’art. 644 c.p., aggravata ai sensi del co. 5° n. 4 stesso
articolo, mediazione usuraria che ha procurato al Salidu la somma di 1,3 milioni di euro che
l’imputato poi ha cercato di occultare distribuendola in più c/c di cui egli stesso era il

beneficiario economico. Si tratta, secondo l’impostazione accusatoria, dell’importo preteso dal
Salidu per far si che UNICREDIT Bank erogasse il finanziamento di 40 milioni di euro in favore
della S.r.l. Marea Neagra.
2. Tanto premesso, è pacifico che il reato di mediazione usuraria non possa fungere da delitto
presupposto di quello p. e p. ex art. 648 bis c.p., trattandosi di reati ascritti al medesimo
autore (cioè al Salidu), il che ovviamente contrasta con la clausola di esclusione che
caratterizza la fattispecie del riciclaggio.
2.1.L’ordinanza impugnata prende in considerazione, come possibile reato presupposto, quello
di bancarotta fraudolenta per distrazione (in esso assorbita l’ipotesi di ricorso abusivo al
credito), e rileva che ricevendo il compenso -non dovutogli- per la propria mediazione, il Salidu
avrebbe consapevolmente distratto l’ingente somma dalla sua destinazione al soddisfacimento
della ragioni dei creditori sociali, concorrendo così nel reato fallimentare. Il PM ricorrente
obietta che nella condotta del Salidu non sarebbe ravvisabile alcun contributo nè materiale, né
“psicologico” al reato fallimentare; aggiunge che i fatti ascritti al Salidu sono anteriori alla
dichiarazione di fallimento della soc. Marea Neagra, con la conseguenza che anche sotto
questo profilo sarebbe impossibile ravvisare il concorso dello stesso imputato nella bancarotta
ascritta al Nucera.
3. Quello che manca nelle deduzioni del PM ricorrente è la focalizzazione dell’ipotesi di
riciclaggio nei termini della necessaria estraneità dell’imputato al delitto presupposto.
L’affermazione che si legge in ricorso secondo cui il Salidu avrebbe avuto soltanto una generica
consapevolezza della provenienza illecita della somma ricevuta, non regge, infatti, a fronte del
ben definibile ambito delle ipotesi formulabili rispetto al reato presupposto, e all’invariabile
implicazione del Salidu, secondo le ineccepibili valutazioni dei giudici territoriali, in tutto lo
sviluppo storico della vicenda processuale a partire dalla fase iniziale del finanziamento erogato
alla soc. Marea Neagra.
3.1. Si è detto del delitto di usura (vedi il precedente punto 2). Quanto al delitto di bancarotta
fraudolenta per distrazione, premesso che, secondo le corrette valutazioni del tribunale, il
delitto in esame è reato di pericolo a dolo generico per la cui sussistenza, pertanto, non è
necessario che l’agente abbia consapevolezza dello stato di insolvenza dell’impresa, né che
abbia agito allo scopo di recare pregiudizio ai creditori (Cass. Sez. 5, Sentenza n. 3229 del
14/12/2012 Rossetto e altri), la percezione della “tangente” da parte del Salidu, nell’ambito
dell’operazione Unicredit, in quanto rilevante come condotta distrattiva comporterebbe in
effetti il suo concorso nella bancarotta; e si porrebbe inoltre il problema della successione
temporale dei fatti, dal momento che la dichiarazione di fallimento è intervenuta dopo la
remunerazione della (impropria) mediazione dell’imputato nell’operazione di finanziamento.
più
3.2. Con riferimento alla vicenda fallimentare, l’ipotesi del riciclaggio sarebbe
ricettazione
propriamente esplorabile con riferimento al presupposto di una precedente
prefallinnentare (art. 232, comma terzo, n. 2, I. fall.), rispetto alla quale la successiva condotta
di occultamento della provenienza dei beni ricettati, comporterebbe la progressione della
condotta nell’area di applicazione dell’art. 648 bis c.p. . Il reato di cui all’art. 232 co 3 nr. 2 L.
Fall. si configura però solo in mancanza di un accordo con l’imprenditore dichiarato fallito,
mentre il fatto del terzo non fallito che distragga beni prima del fallimento, in accordo con
l’imprenditore, è punibile a titolo di concorso in bancarotta fraudolenta patrimoniale, ex art.
216, comma primo e 223, comma primo, I. fall., e non ai sensi della predetta norma
fallimentare (Cass. Sez. 5, Sentenza n. 16062 del 22/02/2012 Buondestino e altri).
4. Come si è anticipato, è comunque decisiva la partecipazione del Salidu al meccanismo
generatore della plusvalenza distratta a favore del Nucera e da costui in parte utilizzata per
remunerare i buoni uffici del Salidu nell’operazione di finanziamento. Tanto deve ritenersi,
anzitutto, con riguardo al delitto di truffa configurabile ai danni dell’istituto di credito che erogò
il finanziamento sulla base dell’ingannevole prospettazione, da parte del soggetto richiedente,
del valore degli immobili da acquistare, perché, una volta accertato, come sottolinea ancora
una volta puntualmente il Tribunale, che il Salidu partecipò anche all’escogitazione
dell’espediente della sovrafatturazione del prezzo di acquisto, l’imputato
non potrebbe
ritenersi estraneo alla truffa.
5. Il coinvolgimento del Salidu in tutte le fasi della vicenda processuale, come spia della sua
implicazione in tutti i possibili reati presupposti del fatto di riciclaggio addebitatogli, è
particolareggiatamente messo in luce da Cass.
Sez. 2, Sentenza n. 1435 del 13/12/2013,
citata nella memoria difensiva, che si è occupata della medesima questione rigettando

l’analogo ricorso del PM con riferimento alla misura restrittiva personale applicata nei confronti
dell’ imputato, ovviamente con le stesse limitazioni rispetto a titoli di reato di riferimento.
Alla stregua delle precedenti considerazioni il ricorso va pertanto rigettato
P. Q. M .
Rigetta ric rso.
Così d ciso ir R ma, nella camera di consiglio, il 13.2.2014.
Presidete
Il con igliereftel3to

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