Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 8850 del 13/02/2014


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 8850 Anno 2014
Presidente: FIANDANESE FRANCO
Relatore: DAVIGO PIERCAMILLO

SENTENZA

sul ricorso proposto da
Vitamia Antonino, nato a Palermo il 02/01/1964
avverso l’ordinanza depositata il 23/09/2013 del G.U.P. del Tribunale di Palermo
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Piercamillo Davigo;
Letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore
generale dott. Giuseppe Volpe, che ha concluso chiedendo che il ricorso sia
dichiarato inammissibile.

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza depositata il 23.9.2013 il G.U.P. del Tribunale di Palermo
rigettò la richiesta di dissequestro e restituzione di titoli sottoposti a sequestro
probatorio, presentata nell’interesse di Vitamia Antonino

2.

Ricorre per cassazione, tramite il difensore, l’imputato deducendo

violazione degli artt. 253, 262 cod. proc. pen. e 24 Cost. e vizio di motivazione in
quanto gli assegni sequestrati non avrebbero nulla a che vedere con le
imputazioni per le quali è intervenuta condanna non definitiva dell’imputato
(associazione mafiosa ed estorsione).

Data Udienza: 13/02/2014

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il provvedimento oggetto di ricorso non è impugnabile.
Questa Corte ha chiarito che, avverso il provvedimento con il quale il giudice
nel corso del dibattimento rigetta la richiesta di restituzione dei beni in sequestro
non è consentita alcuna forma di impugnazione e non è neanche possibile
proporre opposizione dinanzi al giudice che ha emesso il provvedimento. (Cass.
Sez. 2, Sentenza n. 18114 del 13/04/2005 dep. 13/05/2005 Rv. 232387).
Tale principio vale anche per il provvedimento emesso successivamente alla

dell’impugnazione.
Infatti l’istanza potrà essere riproposta innanzi al giudice di appello o, in caso
di irrevocabilità la questione potrà essere prospetta al giudice dell’esecuzione.

2. Il ricorso deve pertanto essere dichiarato inammissibile.
Ai sensi dell’articolo 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che
dichiara inammissibile il ricorso, l’imputato che lo ha proposto deve essere
condannato al pagamento delle spese del procedimento, nonché ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di
inammissibilità – al pagamento a favore della Cassa delle ammende della
somma di mille euro, così equitativamente fissata in ragione dei motivi
dedotti.

P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento
delle spese processuali e della somma di euro mille alla Cassa delle
ammende.

Così deciso il 13.2.2014.

sentenza di primo grado, prima della trasmissione degli atti al giudice

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