Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 885 del 04/11/2015


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 885 Anno 2016
Presidente: SIOTTO MARIA CRISTINA
Relatore: MAZZEI ANTONELLA PATRIZIA

Data Udienza: 04/11/2015

SENTENZA
sul ricorso proposto da
Codebò Lorenzo, nato a Genova il 05/10/1959,
avverso l’ordinanza del 28/07/2014 della Corte di appello di Genova;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Antonella Patrizia Mazzei;
lette le richieste del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore
generale, Pasquale Fimiani, che ha concluso chiedendo l’annullamento del
provvedimento impugnato con rinvio al giudice a quo.

RITENUTO IN FATTO
1. Con ordinanza deliberata il 28 luglio 2014 la Corte di appello di Genova,
giudice dell’esecuzione, ha rideterminato la pena applicata a Codebò Lorenzo con
sentenza del Tribunale di Genova dell’Il marzo 2009, irrevocabile il 3 maggio
2010, in mesi nove e giorni dieci di reclusione ed euro 880 di multa, per il reato
previsto dall’art. 73, comma

1-bis, d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, di illecita

detenzione di poco più di cento grammi di hashish; mentre ha respinto analoga
domanda relativa alla pena di anni uno e mesi quattro di reclusione inflitta a
Codebò, all’esito di giudizio abbreviato, con sentenza della Corte di appello di
Genova del 22 giugno 2011, in parziale riforma della sentenza di primo grado,
irrevocabile il 22 ottobre 2011, per analogo reato di illecita detenzione di diverse

ci?

sostanze stupefacenti, appartenenti sia alla categoria delle droghe leggere
(hashish e marijuana) sia alla categoria delle droghe pesanti (ecstasy e cocaina),
ritenuto un unico fatto di lieve entità ai sensi dell’art. 73, comma 5, d.P.R. n. 309
del 1990, stimato prevalente sulla contestata recidiva.
A ragione della decisione ha addotto che la sentenza della Corte
costituzionale n. 32 del 2014, dichiarativa dell’illegittimità, per contrasto con
l’art. 77, secondo comma, Cost., degli artt.

4-bis e 4-vicies ter del d.l. 30

dicembre 2005, n. 272 (convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della
legge 21 febbraio 2006, n. 49), unificanti il trattamento sanzionatorio, in
precedenza differenziato, previsto dal d.P.R. n. 309 del 1990 per i reati aventi ad
oggetto le cosiddette “droghe leggere” e per quelli concernenti le cosiddette
“droghe pesanti”, rendeva illegittima solo la pena irrogata per illecita detenzione
delle prime e non anche quella inflitta per detenzione illecita sia delle prime sia
delle seconde, integrante un unico reato secondo la normativa caducata e due
distinti reati, invece, secondo la disciplina ripristinata dalla sentenza di
incostituzionalità.

2. Avverso la predetta ordinanza ha proposto ricorso per cassazione il
condannato personalmente con riguardo alla sola mancata rideterminazione della
pena inflitta con sentenza della Corte di appello del 22 giugno 2011.
2.1. Il ricorrente denuncia violazione ed erronea applicazione dell’art. 649
cod. proc. pen.: il giudice della cognizione, in appello, avrebbe applicato un’unica
pena, escludendo l’aumento per la continuazione erroneamente ritenuta dal
giudice di primo grado per la varietà tipologica di droga detenuta, riferendo
implicitamente ma inequivocabilmente la detenzione per uso non esclusivamente
personale alla sola droga leggera (circa trecentocinquanta grammi di vari derivati
della canapa) e non anche alla droga pesante (metanfetamina del peso netto di
0,7 grammi e cocaina con 0,12 grammi di principio attivo) che, dunque, sarebbe
andata esente da sanzione, contrariamente a quanto arbitrariamente sostenuto
dal giudice dell’esecuzione nel provvedimento impugnato.
2.2. Il ricorrente lamenta, altresì, contraddittorietà e manifesta illogicità
della motivazione in relazione agli artt. 666 e 673 cod. proc. pen., non avendo la
Corte di merito tenuto conto dell’evoluzione giurisprudenziale in tema di
superata intangibilità del giudicato a fronte di valori costituzionali fondamentali
come quello della libertà personale, sottraendosi all’onere di discernere ciò che,
indifferente secondo il sistema sanzionatorio previgente, è divenuto invece
rilevante con la ripristinata originaria cornice edittale e, cioè, la distinzione, in
caso di detenzione di droga mista, tra le sostanze etero destinate (nel caso di
2

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specie solo quelle integranti droga leggera) e quelle destinate invece ad
esclusivo uso personale (nel caso di specie le sostanze integranti droga pesante),
dovendo la condanna essere riferita solo alle prime.

3. Il Procuratore generale, nella requisitoria depositata il 17 aprile 2015,
ritenendo incidente la sentenza della Corte cost. n. 32 del 2014 anche sulla
pena irrogata per illecita detenzione di droga cosiddetta mista (pesante e

per nuovo esame.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è infondato e deve essere, pertanto, rigettato.
La sentenza della Corte costituzionale n. 32 del 2014 non incide sulla
decisione in esame, avente ad oggetto una condanna per detenzione illecita di
droga pesante, e non solo leggera, nella riconosciuta ipotesi di lieve entità di cui
all’art. 73, comma 5, d.P.R. n. 309 del 1990.
Risulta ex actís che la pena inflitta con sentenza del 22 giugno 2011 della
Corte di appello di Genova è pertinente ad un’unica condotta di detenzione
cumulativa di più sostanze stupefacenti di diversa tipologia, comprendenti oltre
alla canapa indiana anche un quantitativo di ecstasy e cocaina, condotta che è
stata unitariamente considerata agli effetti della determinazione della pena senza
applicazione di aumenti a titolo di continuazione interna, assumendo come
violazione più grave proprio la detenzione di ecstasy e cocaina, nella riconosciuta
ipotesi attenuata di cui all’art. 73, comma 5, d.P.R. n. 309 del 1990, con
esclusione quindi della derubricazione di tale violazione a mero illecito
amministrativo, ai sensi dell’art. 75 dello stesso d.P.R., per destinazione della
droga (pesante) ad uso esclusivamente personale, come asserito dal ricorrente
in aperto contrasto col formatosi giudicato.
Il ripristino operato dalla sentenza della Consulta, con effetto ex tunc, del
trattamento sanzionatorio differenziato originariamente previsto, in termini
alquanto più miti, per le condotte illecite riguardanti le droghe cosiddette
leggere, non può esplicare alcuna efficacia concreta nel caso in esame, nel quale
la pena è stata correttamente quantificata dal giudice della cognizione con
riguardo alla cornice edittale prevista per l’illecita detenzione di droga pesante:
cocaina ed ecstasy.
Tale condotta, nella sua configurazione criminosa di base (art. 73, comma
primo, d.P.R. n. 309 del 1990) in tema di droghe c.d. pesanti, non è stata incisa
3

leggera), ha chiesto l’annullamento dell’ordinanza impugnata con rinvio degli atti

(se non in senso più sfavorevole al reo) dalla pronuncia della Corte
costituzionale, poiché il rivissuto art. 73, comma primo, d.P.R. n. 309 del 1990,
nella sua originaria formulazione, prevedeva per le droghe pesanti la più elevata
pena della reclusione da otto a venti anni oltre alla multa; e, nell’ipotesi
attenuata di cui al comma quinto dello stesso art. 73, la pena della reclusione da
uno a sei anni (oltre alla multa), conforme alla pena detentiva comminata nel
medesimo comma dell’art. 73, come sostituito dall’art. 4-bis, comma 1, lett. f),

L’unicità della condotta sanzionata, frutto della soppressione della
distinzione tabellare, agli effetti punitivi, tra le diverse tipologie di stupefacenti
operata dal d.l. n. 272 del 2005, convertito dalla legge n. 49 del 2006, in vigore
al momento di commissione del reato e di espletamento del relativo giudizio,
esclude qualsiasi profilo di illegalità della pena inflitta per detenzione di droga
promiscua (pesante e leggera), poiché il condannato in tal caso ha tratto
beneficio dall’assenza di autonomia (all’epoca del fatto) della detenzione di
sostanze di tipo leggero rispetto alla concorrente detenzione di sostanze di tipo
pesante, evitando l’aggravio sanzionatorio destinato invece a riprodursi, a norma
degli artt. 71 e segg. cod. pen., in conseguenza della ripristinata distinzione,
anche ai fini sanzionatori, derivante dalla sentenza della Corte cost. n. 32 del
2014, tra le condotte riguardanti le droghe pesanti, da un lato (già punite con la
reclusione da otto a venti anni e, per l’ipotesi attenuata, da uno a sei anni), e
quelle inerenti alle droghe leggere, dall’altro (già punite con la reclusione da due
a sei anni e, per l’ipotesi attenuata, da sei mesi a quattro anni).
Segue, nel caso di specie, che la pena di anni uno e mesi quattro di
reclusione inflitta al ricorrente per l’unico delitto di detenzione di droga pesante e
leggera, previo riconoscimento della circostanza attenuante di cui all’art. 73,
comma 5, d.P.R. n. 309 del 1990, giusta sentenza del 22 giugno 2011 della
Corte di appello di Genova, deve essere ritenuta pienamente legale e non incisa
negativamente dalla sentenza della Corte costituzionale n. 32 del 2014.

2. Il ricorso deve essere, pertanto, respinto con la condanna del ricorrente,
a norma dell’art. 616, comma 1, cod. proc. pen., al pagamento delle spese
processuali.

P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali.

4

d.l. n. 272 del 2005, dichiarato incostituzionale.

Così deciso il 4 novembre 2015.

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