Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 8846 del 12/02/2014


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Penale Sent. Sez. 2 Num. 8846 Anno 2014
Presidente: ESPOSITO ANTONIO
Relatore: DI MARZIO FABRIZIO

Data Udienza: 12/02/2014

SENTENZA
Sul ricorso proposto da Guzzo Gino, nato il 12.5.1959, avverso la ordinanza
del Tribunale della libertà di Palermo del 12.7.2013. Sentita la relazione della
causa fatta dal consigliere Fabrizio Di Marzio; udita la requisitoria del sostituto
procuratore generale Luigi Riello, il quale ha concluso chiedendo che il ricorso
sia rigettato.

RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza in epigrafe la sezione del riesame del Tribunale di Palermo,
decidendo sull’appello proposto nell’interesse di Guzzo Gino avverso
l’ordinanza emessa dalla Corte di appello di Palermo in data 20.6.2013 – che
aveva respinto l’istanza di scarcerazione dell’imputato per decorrenza dei
termini massimi di fase di custodia cautelare ai sensi dell’art. 303 comma 4 0
cod. proc. pen. – ha confermato l’ordinanza impugnata.
Nel ricorso presentato si premette che il Guzzo fu colpito da ordinanza di
custodia cautelare in carcere per il reato di associazione di tipo mafioso e altro
il 4 luglio 2008; fu condannato in primo grado il successivo 18 febbraio 2010;
sentenza parzialmente confermata dalla Corte di appello in data 29 novembre

i

2011; pronuncia, tuttavia, cassata da questa Corte in data 12 giugno 2013
limitatamente al ritenuto aumento di pena per la recidiva, con rinvio perciò ad
altra sezione della Corte di appello di Palermo.
Proprio all’esito di tale pronuncia l’imputato, rilevando il decorso dei termini di
fase, aveva chiesto di essere scarcerato. Al contrario, la Corte d’appello prima
e il Tribunale del riesame poi ritenevano rilevanti non i termini di fase
(decorsi) bensì il termine complessivo di durata della custodia cautelare (e

nel caso di specie la regola – stabilita dall’art. 303 comma 1 cod. proc. pen.per cui, se vi è stata condanna in primo grado, ai fini che interessano deve
applicarsi la disposizione dell’art. 303 comma 4 cod. proc. pen., e considerarsi
ai fini della durata della misura custodiale non i termini di fase ma i termini
complessivi.
Ritiene invece il ricorrente che tale ragionamento sia errato, non potendosi
ritenere nel caso di specie che vi sia stata condanna sia in primo che in
secondo grado, essendo le due condanne di contenuto differente e dovendo
trovare applicazione l’art. 303 comma 2 0 cod. proc. pen. per cui quando, a
seguito di annullamento con rinvio da parte della Corte di cassazione, il
procedimento regredisca ad una fase o grado di giudizio diversi ovvero sia
rinviato ad altro giudice, dalla data del provvedimento che dispone il regresso
o il rinvio ovvero dalla sopravvenuta esecuzione della custodia cautelare
decorrono di nuovo i termini previsti dal comma 1 0 di quella norma
relativamente a ciascuno stato e grado del procedimento.

CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è infondato.
La questione di diritto sollevata è infatti risolta da questa Corte secondo il
consolidato indirizzo per cui nel caso che il giudice di legittimità abbia disposto
l’annullamento con rinvio limitatamente alla determinazione della pena della
sentenza pronunziata in grado d’appello conforme a quella pronunziata in
primo grado, deve ritenersi che sull’affermazione di responsabilità
dell’imputato si sia formato il giudicato. Conseguentemente i termini di
custodia cautelare cui deve farsi riferimento sono, ai sensi dell’art. 303
comma 1, lett. d), seconda parte, c.p.p., quelli stabiliti per la durata massima
delle misure cautelari dal comma 4 dello stesso articolo (Cass. sez. 4,
14.2.2008, n. 17037; Cass. sez. 6, 15.12009, n. 4971).
A tale indirizzo si è uniformato il Tribunale, che rileva come l’odierno
ricorrente sia stato condannato dal Tribunale e dalla Corte di appello per i

non ancora spirato). Ciò in quanto i giudici del merito ritenevano applicabile

reati contestati; e dunque come ricorra una ipotesi di cosiddetta “doppia
conforme”.
Quanto alla sentenza di annullamento con rinvio emessa da questa Corte,
osserva il Tribunale come l’annullamento sia stato limitato al calcolo della
pena, in particolare all’aumento operato con riguardo alla recidiva. Pertanto,
conclude esattamente il Tribunale, il punto devoluto al giudice di merito non
afferisce all’affermazione della responsabilità.

Cosicché, essendo per l’ipotesi di associazione mafiosa prevista una pena
superiore al massimo a 20 anni di reclusione, e rilevando dunque termini di
durata complessiva della custodia cautelare per anni 6 di reclusione (ai sensi
dell’art. 103 comma 4 cod. proc. pen.), deve concludersi – atteso che la
misura è stata applicata il 4 luglio 2008 – che i termini custodiali non siano
ancora trascorsi.
Ne consegue, per il disposto dell’art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al
pagamento delle spese processuali.
PQM
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali. Si provveda a norma dell’art. 94, comma 1 ter disp. att. cod.
proc. pen.

Così deliberato il 12.2.2014

Ne discende che al riguardo si è formato il giudicato.

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA