Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 8844 del 12/02/2016


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Penale Sent. Sez. 2 Num. 8844 Anno 2016
Presidente: GENTILE MARIO
Relatore: PARDO IGNAZIO

Data Udienza: 12/02/2016

RITENUTO IN FATTO
1.1 Con sentenza in data 2 marzo 2015 la Corte di appello di Napoli confermava la sentenza
del G.U.P. del Tribunale di Napoli del 27 giugno 2014 che, all’esito di rito abbreviato, aveva
condannato alle pene di legge:

Troia Vincenzo e Palmese Diego in quanto entrambi responsabili di due ipotesi
estorsive, la prima solo tentata, contestate ai capi a) e b) della rubrica entrambe
aggravate da metodo mafioso;

Attanasio Teresa perchè colpevole di ricettazione aggravata ex art. 7 DL 152/91;

Mosca Anna perché colpevole anch’essa di concorso nell’estorsione di cui al capo b)
della rubrica in danno di Romano Ciro;

l’imposizione di tangenti da parte di esponenti di famiglie criminali ai fornitori di macchinette
videogioco installate in pubblici esercizi nel territorio di San Giorgio a Cremano. In tale
contesto, rilevavano in particolare le dichiarazioni della parte offesa Romano, il quale aveva
riferito nel corso delle indagini di avere prima pagato tangenti al clan Abate, per conto del
quale agiva il Cefariello e, poi, a seguito della scarcerazione di Troia Vincenzo, a questi anche
tramite la Mosca alla quale aveva versato alcune rate anche dopo il nuovo arresto di Troia. Il
Palmese era chiamato a rispondere di entrambi i fatti estorsivi poiché aveva operato in
quell’arco temporale quale autista del Troia accompagnando questi anche agli incontri con le
vittime e recandosi esso stesso a sollecitare il versamento. La Attanasio, moglie del Troia,
doveva invece rispondere del delitto di cui all’art. 648 cod.pen. in relazione al rinvenimento di
parte della tangente versata da Romano alla Mosca e da questi poi consegnata alla donna che
la occultava all’interno della propria camera da letto.
1.3 Avverso detta sentenza proponevano appello gli imputati; Troia Vincenzo deduceva
mancanza ed illogicità della motivazione con riguardo alla mancata concessione delle
attenuanti generiche avuto riguardo al comportamento processuale tenuto di cui il giudice di
appello avrebbe dovuto tenere conto. Deduceva analogo vizio con riguardo al mancato
riconoscimento del vincolo della continuazione ed alla mancata riduzione della pena.
Mosca Anna lamentava violazione dell’art.606 lett. b) ed e) cod. proc. pen. avendo il giudice di
appello travisato la prova nel ritenere la ricorrente coinvolta anche nella fase delle trattative
intervenute tra la vittima e gli estorsori, posto che la stessa non vi aveva in alcun modo
partecipato. Deduceva, poi, che il suo coinvolgimento quale intermediaria era stato voluto
proprio dalla stessa vittima Romano senza che risultassero sollecitazioni ai pagamenti effettuati
dalla donna od altre condotte concorsuali.
Palmese Diego deduceva violazione dell’art. 606 lett. b) ed e) sotto il profilo della illogicità
della motivazione posto che non erano state attenzionate le dichiarazioni delle vittime e gli esiti
delle intercettazioni dalle quali non poteva emergere alcun contributo causale del ricorrente
alla consumazione dei fatti portati a termine dal solo Troia posto che il ruolo di autista svolto
non comportava alcuna responsabilità. Con il secondo motivo lamentava violazione dell’art.
606 lett. e) cod. proc. pen. con riguardo alla mancata concessione delle attenuanti generiche.
2

1.2 D giudice di appello confermava il giudizio di primo grado che aveva ricostruito

Attanasio Teresa lamentava violazione dell’art. 606 lett. b) ed e) in ordine alla ritenuta
responsabilità per il delitto di ricettazione, basata su un elemento equivoco costituito dalla
intercettazione tra la Mosca Anna e la figlia senza che il ritrovamento del denaro potesse avere
poi valore probante. Inoltre, difettava la dimostrazione della consapevolezza dell’origine
delittuosa del denaro ed ancora, doveva sottolinearsi, come nell’ipotesi di consegna di somme
all’interno dello stesso nucleo familiare non potesse rinvenirsi il dolo specifico di cui all’art. 648
cod. pen. Anche le intercettazioni valorizzate non avevano valore rilevante mentre erano stati

e difetto di motivazione con riferimento alla ritenuta aggravante di cui all’art. 7 DL 152/91, alla
mancata esclusione dell’aumento ex art, 63 quarto comma cod. pen., al mancato
riconoscimento delle attenuanti generiche ed alla mancata riduzione della pena.
All’udienza del 12 febbraio 2016, separata la posizione processuale del Cefariello come da
ordinanza allegata a verbale, le parti concludevano come in epigrafe.
CONSIDERATO IN DIRITTO
I ricorsi sono manifestamente infondati e, devono, pertanto, essere dichiarati inammissibili.
2.1 Con riguardo alle doglianze proposte dagli imputati Mosca, Palmese ed Attanasio che
attengono a presunti difetti di motivazione della sentenza gravata da ricorso, occorre ricordare
come, per costante insegnamento di questa Corte, in tema di ricorso in cassazione ai sensi
dell’art. 606, comma primo lett. e), la denunzia di minime incongruenze argomentative o
l’omessa esposizione di elementi di valutazione, che il ricorrente ritenga tali da determinare
una diversa decisione, ma che non siano inequivocabilmente munite di un chiaro carattere di
decisività, non possono dar luogo all’annullamento della sentenza, posto che non
costituisce vizio della motivazione qualunque omissione valutativa che riguardi singoli dati
estrapolati dal contesto, ma è solo l’esame del complesso probatorio entro il quale ogni
elemento sia contestualizzato che consente di verificare la consistenza e la decisività degli
elementi medesimi oppure la loro ininfluenza ai fini della compattezza logica dell’impianto
argomentativo della motivazione (Sez. 2, n. 9242 dell’8/2/2013, Rv. 254988).

Inoltre, il

dovere di motivazione della sentenza, è adempiuto, ad opera del giudice del merito, attraverso
la valutazione globale delle deduzioni delle parti e delle risultanze processuali, non essendo
necessaria l’analisi approfondita e l’esame dettagliato delle predette ed è sufficiente che si
spieghino le ragioni che hanno determinato il convincimento, dimostrando di aver tenuto
presente ogni fatto decisivo, nel qual caso devono considerarsi implicitamente disattese le
deduzioni difensive che, anche se non espressamente confutate, siano logicamente
incompatibili con la decisione adottata (Sez.6, n. 20092 del 04/05/2011 Rv. 250105). Proprio
in applicazione dei suddetti principi, deve ritenersi che i ricorsi con i quali i predetti imputati
hanno lamentato violazione di legge per difetto dell’elemento del concorso nel reato loro
contestato e difetto di motivazione siano manifestamente infondati avendo la Corte di appello
3

omessi gli elementi favorevoli alla difesa. Con ulteriori motivi deduceva poi violazione di legge

di Napoli, con giudizio conforme a quello di primo grado e che con esso si salda per formare un
unico corpo argomentativo, adeguatamente spiegato le ragioni della condanna di ciascuno
senza incorrere in alcuna illogicità o contraddizione. Ed infatti, con riguardo alla Mosca, appare
irrilevante ritenere o meno provata la partecipazione alla fase delle trattative dell’estorsione
portata a termine dal Troia ai danni del Romano (condotta neppure contestata al capo b della
rubrica elevato all’imputata), posto che il giudice di secondo grado, con le argomentazioni
svolte alle pagine 18-19-20, da atto degli elementi probatori sulla base dei quali ritenere

dalla vittima Romano all’estorsore Troia, dalla fiducia che quest’ultimo versava nei confronti
della donna che la stessa aveva anche confidato al Romano, dalla prosecuzione della condotta
di ricezione del denaro e consegna alla famiglia dell’estorsore pur dopo l’arresto di Troia
quando le somme venivano consegnate alla Attanasio, dal contenuto di alcune conversazioni
telefoniche nelle quali la Mosca (2-3-2013 ore 10.17) sollecitava Romano ad incontrarla per
versare le somme di denaro. Si tratta di una congerie di elementi probatori correttamente
valutati con giudizio pienamente conforme dai giudici di primo e secondo grado e sulla base
dei quali veniva fatta corretta applicazione del principio giurisprudenziale secondo cui colui che
assume la veste di intermediario fra gli estorsori e la vittima, anche se per incarico di
quest’ultima, non risponde di concorso nel reato di estorsione solo se agisce nell’esclusivo
interesse della stessa vittima e per motivi di solidarietà umana (Sez. 2, n.2833 del 27/9/2012,
Rv. 254298); detto principio deve poi essere specificato sottolineando come solidarietà umana
ed agire nell’interesse esclusivo della vittima vanno esclusi quando l’autore del fatto solleciti i
pagamenti, si rechi a ritirare le somme, ponga in essere condotte finalizzate ad impedire di
essere individuato dagli organi di RG., faciliti il trasferimento del denaro estorto ad altri
soggetti, custodisca il prezzo del reato prima e ne permetta poi il godimento ai familiari
dell’estorsore. Tali condotte, infatti, sono incompatibili con l’agire nell’esclusivo interesse della
vittima perché finalizzate all’esecuzione della fattispecie estorsiva e poste in essere in
cooperazione con l’autore dei fatti. Conseguentemente la Mosca non può legittimamente
invocare violazione dell’art. 606 lett. b) ed e) dell’impugnata pronuncia sussistendo sia gli
elementi del concorso nel delitto contestato al capo b) nella condotta dalla stessa posta in
essere né difetto di motivazione della sentenza impugnata che ha dato atto di tutti i dati
rilevanti di tale profilo della condotta.

2.2 Analoghe considerazioni vanno svolte con riguardo al ricorso Palmese; questi viene
ritenuto responsabile di entrambi le ipotesi estorsive contestate in concorso con il Troia ai capi
a) e b) della rubrica, sulla base di emergenze probatorie correttamente e conformemente
valutate dai giudici di merito ed analizzate con coerenza e senza alcuna illogicità; la pronuncia
di secondo grado ha spiegato alle pagine 10 e seguenti che Palmese veniva indicato da un
collaboratore di giustizia quale stabile collaboratore nel ruolo di autista del capo Troia e risulta
poi da una serie di conversazioni intercettate pienamente coinvolto in entrambi i fatti di reato.
Ed invero, quanto al capo a) consumato nel corso dell’anno 2011, la pronuncia di secondo
4

provata la condotta di concorso nell’estorsione, costituiti dalla ricezione delle somme versate

grado riferiva conversazioni tra Troia ed il Palmese, ovvero tra il primo ed altri soggetti mentre
si trovava a bordo dell’auto con il detto ricorrente, in cui viene fatto inequivocabile riferimento
proprio all’installazione delle macchinette da gioco ed a somme di denaro che dovevano essere
versate, oltre a possibili reazioni violente nei confronti di terzi soggetti. Si tratta di contenuti
univocamente valutati dai giudici di merito e che ben lungi dal comprovare un ruolo di mera
connivenza non punibile da parte di Palmese ne confessano il chiaro ed univoco coinvolgimento
a titolo di concorrente materiale nella consumazione delle estorsioni come risulta, oltre da

sentenza gravata, ove si riferisce che Troia aveva proprio inviato il Palmese a sollecitare
l’installazione dei video-giochi al Romano, condotta questa compatibile soltanto con un
contributo materiale al fatto-reato posto che il Troia non svolgeva certamente alcuna attività
lecita e di ciò era a conoscenza il suo uomo di fiducia e cioè Palmese. Anche per detta
posizione deve pertanto escludersi la sussistenza di violazioni di legge in relazione alla
mancata individuazione della condotta concorsuale ovvero di difetti di motivazione rilevanti ex
art. 606 lett. e) cod. proc. pen.. Il motivo di ricorso con il quale Palmese lamenta difetto di
motivazione in punto di omessa concessione delle attenuanti generiche è infondato poiché i
giudici di merito hanno specificamente dato atto, oltre che della gravità della condotta posta in
essere in concorso con un capo-camorra, anche della assoluta parzialità delle ammissioni
mirate soltanto ad intento difensivo.

2.3 Anche il ricorso di Attanasio Teresa si profila manifestamente infondato per analoghe
ragioni; al proposito basta osservare che la predetta ricorrente, come stigmatizzato nelle
pronunce di merito con giudizio ancora una volta conforme, veniva rinvenuta il 4 giugno 2013
in possesso di parte, ben 700 €, della complessiva somma che la vittima Romano aveva
versato alla Mosca e che evidentemente quest’ultima, dopo l’ulteriore arresto del Troia,
versava alla di lui moglie Attanasio. Tale elemento, valutato conformemente dai giudici di
merito, appare idoneo a provare la responsabilità per il delitto di ricettazione contestatole al
capo c) della rubrica posto che la donna ebbe a ricevere una cospicua somma da altra
concorrente nel reato ed incaricata di ritirare il “pizzo” dal capo-mafia Troia in quel frangente
detenuto. Correttamente, pertanto, il giudice di appello riteneva che tutte le predette
circostanze evidenziavano la sussistenza del contestato delitto sotto entrambi i profili poiché le
particolari modalità dei fatti, assenza del marito detenuto, consegna di somme contanti,
assenza di qualsiasi causale lecita, dazione da parte di altro concorrente nel delitto
presupposto, non potevano fare sorgere dubbi anche sulla sussistenza del dolo che appare
individuato sulla base di passaggi logici assolutamente privi di qualsiasi difetto di valutazione.
Irrilevante appare pertanto l’interpretazione della conversazione indicata nel ricorso
dell’imputata Attanasio, che il giudice di appello a fronte dei dati precedentemente esaminati
ha indicato quale ulteriore elemento di prova a sostegno dell’affermazione di colpevolezza ma
non decisivo per giungere alla stessa. Le considerazioni specificamente svolte dal giudice a quo
circa la consapevolezza dell’Attanasio di ricevere il denaro destinato al marito ed il ruolo da
5

quanto in precedenza riassunto, anche dal dato significativo indicato a pagina 13 della

questi svolto all’interno dell’associazione contenute a pag. 27 della impugnata sentenza fanno
ritenere correttamente motivato anche il riconoscimento dell’aggravante di cui all’art. 7 DL
152/91 mentre le ulteriori affermazioni riguardanti la gravità dei fatti e la negativa condotta
processuale costituiscono motivazione adeguata con riguardo alla negazione delle attenuanti
generiche ed in relazione all’aumento disposto ex art. 63 comma quarto cod. pen. oltre che
per la determinazione della pena.
2.4 Infine si profila anch’esso del tutto non fondato ed inammissibile il ricorso proposto

circa la negazione delle attenuanti generiche a pagina 7 della gravata sentenza; la Corte di
appello ha stigmatizzato come a fronte delle ammissioni rese da Troia questi però non ha
permesso la ricostruzione delle condotte dei correi, cercando anzi di sminuirne il concorso nei
fatti e, se a ciò si aggiungono le ampie valutazioni circa il contesto criminale-camorristico in cui
avvenivano i fatti e l’esecuzione degli stessi in danno di attività imprenditoriali, il rigetto oltre
che adeguatamente motivato si profila anche logico e privo di qualsiasi contraddizione. Quanto
alla negazione del vincolo della continuazione valgono le ulteriori considerazioni svolte a
pagina 8-9 nelle quali si evidenzia l’impossibilità di ritenere i fatti avvinti da una unica e
preventiva deliberazione criminosa perché commessi da gruppi associativi diversi con giudizio
di fatto non sindacabile nella presente fase di legittimità. Quanto alla determinazione della
pena nella misura non pari alla sanzione base si tratta di valutazione esattamente giustificata
dal giudice di appello in considerazione della “spiccata personalità delinquenziale del Troia che
ha effettuato la scalata al gruppo criminale cui faceva parte in passato, diventando il
promotore di un gruppo egemone nel Comune di San Giorgio a Cremano”.
Alla luce delle suesposte considerazioni, le impugnazioni devono ritenersi inammissibili a
norma dell’art. 606 comma terzo cod.proc.pen., per manifesta infondatezza; alla relativa
declaratoria consegue, per il disposto dell’art. 616 cod.proc.pen., la condanna dei ricorrenti al
pagamento delle spese processuali, nonché al versamento in favore della Cassa delle
ammende di una somma che, ritenuti e valutati i profili di colpa emergenti dal ricorso, si
determina equitativamente in C 1.000,00 ciascuno.
P.Q.M.
dichiara inammissibili i ricorsi di Troia Vincenzo, Mosca Anna, Palmese Diego e Attanasio
Teresa, che condanna al pagamento delle spese processuali e ciascuno della somma di C
1.000,00 alla Cassa delle ammende.
Roma, 12 febbraio 2016
IL CONSIGLIERE EST.
Dc4. Ipna io Pardo

DEPOSITATO IN CANCELLERIA
SECONDA SEZIONE PENALE

nell’interesse del Troia poiché il giudice di appello ha fornito adeguata e specifica motivazione

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA