Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 8829 del 14/11/2012


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 8829 Anno 2013
Presidente: VECCHIO MASSIMO
Relatore: CAIAZZO LUIGI PIETRO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
1) MATAFORA FRANCESCO N. IL 18/06/1968
avverso l’ordinanza n. 2151/2011 TRIB. SORVEGLIANZA di ROMA,
del 04/11/2011
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. LUIGI PIETRO
CA1AZZO;

Data Udienza: 14/11/2012

Premesso che con ordinanza in data 4.11.2011 il Tribunale di sorveglianza di
Roma ha rigettato il reclamo proposto da Matafora Francesco avverso il decreto
ministeriale di proroga per due anni del regime speciale di cui all’art. 41-bis
0.P., emesso in data 25.3.2011;
Letto il ricorso per cassazione presentato dal difensore con il quale è stato
chiesto l’annullamento della predetta ordinanza per violazione ed erronea
applicazione dell’art. 41-bis O.P. e per insufficienza e contraddittorietà della

persistenza della necessità del regime speciale, essendo state sgominate le
organizzazioni criminali alle quali il Matafora aveva fatto riferimento ed avendo
il Tribunale di sorveglianza desunto l’attualità della pericolosità sociale con
esclusivo riguardo ai trascorsi del ricorrente;
Rilevato che, ai sensi del comma 2-sexies del citato art. 41-bis, le parti possono
proporre ricorso per cassazione avverso l’ordinanza del Tribunale di
sorveglianza che ha deciso sul reclamo soltanto per violazione di legge, che può
essere ravvisata, oltre che per Inosservanza o erronea applicazione della legge,
anche in caso di inesistenza della motivazione o di assoluta mancanza di essa
su presupposti essenziali per l’adozione del provvedimento;
Rilevato altresì che, il nuovo testo dell’art. 41-bis, introdotto dalla legge
15.7.2009 n. 94, precisa che la proroga del regime in questione è disposta
quando risulta che la capacità di mantenere collegamenti con l’associazione
criminale non è venuta meno, tenuto conto anche del profilo criminale e della
posizione rivestita dal soggetto in seno all’associazione, della perdurante
operatività del sodalizio criminale, della sopravvenienza di nuove incriminazioni
non precedentemente valutate, degli esiti del trattamento penitenziario e del
tenore di vita dei familiari del sottoposto e che risulta quindi evidente che, per
giustificare la proroga dello speciale regime di cui all’art. 41-bis, non occorre
indicare nuovi elementi, ma è sufficiente dar conto che la capacità di mantenere
i collegamenti con l’associazione di cui si è fatto parte non è venuta meno;
Considerato che la motivazione dell’ordinanza impugnata indica una serie di
gravi elementi dai quali logicamente si è dedotto che non è venuta meno la
capacità del ricorrente di mantenere collegamenti con l’associazione di
appartenenza; in particolare, è stato messo in evidenza che, dalle recenti
informazioni fornite dal Ministero dell’Interno, risultava che il clan Licciardi e i
sodalizi vicini allo scissionista Cesarano risultavano ancora operativi, nonostante
gli arresti di componenti delle suddette organizzazioni; che dalle dichiarazioni
1

motivazione, in quanto non erano stati indicati elementi dai quali desumere la

rese da numerosi collaboratori di giustizia risultava che il ricorrente aveva fatto
parte, in posizione di rilievo, del clan Licciardi fin dal 1999 e, dall’estate del
2007, si era aggregato al gruppo scissionista del Cesarano; che il Metafora, per
il ruolo ricoperto nelle suddette organizzazioni e per la profonda conoscenza dei
suddetti ambienti criminali, aveva la capacità di formare gruppi autonomi, se
messo in condizioni di avere contatti con l’esterno;
Considerato che il ricorso è manifestamente infondato, in quanto non ricorre il
dell’art. 41-bis 0.P., avendo il Tribunale di sorveglianza correttamente
interpretato la normativa in questione, che è stata applicata alla luce dei
principi di diritto fissati da questa Corte, e neppure la denunciata insufficienza e
contraddittorietà della motivazione, vizio questo, peraltro, non deducibile poiché
l’ordinanza de qua è impugnabile solo per violazione di legge;
Considerato che non può prendersi in considerazione il dubbio avanzato dai
ricorrente solo in sede di ricorso che il provvedimento ministeriale sia stato
emesso senza il parere del Pubblico Ministero, poiché la deduzione è del tutto
generica e non è stato allegato alcun elemento a sostegno della stessa;
Atteso che alla manifesta infondatezza del ricorso conseguono la dichiarazione
di inammissibilità dello stesso e la condanna del ricorrente al pagamento delle
spese processuali nonché – valutato il contenuto dei motivi e in difetto della
ipotesi di esclusione di colpa nella proposizione dell’impugnazione – al
versamento a favore della Cassa delle Ammende della somma che la Corte
determina, nella misura congrua ed equa, indicata nel dispositivo;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro mille alla Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma in data 14 novembre 2012
Il Consigliere estensore

Il Presidente

vizio della violazione di legge, né sotto il profilo della erronea applicazione

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