Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 8829 del 12/11/2013


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 8829 Anno 2014
Presidente: CARMENINI SECONDO LIBERO
Relatore: DIOTALLEVI GIOVANNI

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
PAPALE FRANCESCO N. IL 09/05/1959
avverso l’ordinanza n. 1090/2013 TRIB. LIBERTA’ di MILANO, del
01/07/2013
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. GIOVANNI
DIOTALLEVI;
lette/sentite le conclusioni del PG Dott.

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Data Udienza: 12/11/2013

RITENUTO IN FATTO
Papale Francesco ha proposto ricorso per cassazione avverso l’ordinanza
del Tribunale del Riesame di Milano in data 1 luglio 2013, con la quale è stato
rigettato l’appello avverso l’ordinanza del Gip del Tribunale di Milano, in data 1
giugno 2013, con la quale è stata applicata la misura della custodia cautelare in
carcere per il reato di cui all’art. 643 c.p.
A sostegno del ricorso il ricorrente ha dedotto:

c.p.p., carenza ed illogicità della motivazione
Il Papale chiede, evidenziando una serie di circostanza non riconducibili al
contenuto dell’ordinanza genetica, l’annullamento dell’ordinanza impugnata in
relazione alla dedotta insussistenza delle esigenze cautelari con riferimento ai
presupposti richiesti dalla legge per negare la concessione della misura degli arresti domiciliari.
Ha prodotto poi memorie aggiuntive in cui evidenzia che il Tribunale non
avrebbe correttamente valutato le specifiche modalità dei fatti addebitatigli, in
particolare l’insussistenza dello stato d’incapacità della presunta parte offesa e
l’assenza di qualsiasi comportamento in cui avrebbe profittato della condizione
della persona per curare i suoi interessi patrimoniali.
Tutte queste circostanze avrebbero dovuto far escludere la sussistenza
del pericolo di reiterazione del reato, con la conseguente possibilità di applicare
una misura custodiale meno afflittiva.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.11 ricorso, che peraltro deve essere limitato alla valutazione della sussistenza delle esigenze cautelari, stante la tardività dell’appello itth ordine ai motivi
concernenti i gravi indizi di colpevolezza, è manifestamente infondato.
Il Tribunale ha spiegato con coerenza logico-giuridica le ragioni in base alle quali devono ritenersi sussistenti le esigenze cautelari in ordine al reato conte-

a) Inosservanza della legge penale ed erronea applicazione dell’art. 274

stato. Infatti la figura del Papale e il suo ruolo nella vicenda sono stati inseriti
all’interno di un quadro di elementi probatori che hanno ricevuto un positivo
vaglio procedimentale attraverso riscontri testimoniali (dipendenti della banca) e
documentali (accertamenti bancari, manoscritti redatti dalla parte lesa Cocchetti,
e dichiarazioni sottoscritte dalla Procopio, convivente del Papale, di ricezione di
ingenti somme di denaro), attraverso il contenuto delle intercettazioni telefoniche, e le parziali ammissioni dello stesso ricorrente.
E il collegio ha indicato a tal fine poi, in ordine alla permanente necessità
della misura custodiale in atto, non solo la circostanza della gravità dei fatti e
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della personalità del prevenuto, ma anche del pericolo concreto ed attuale di reiterazione dei reati della stessa specie; proprio tale situazione complessiva ha fatto ritenere al Tribunale ancora concreta ed attuale la pericolosità del Papale, con
la necessità della permanenza della misura custodiale della custodia cautelare in
carcere, in considerazione del pericolo di reiterazione dei reati, della personalità
e del comportamento del prevenuto, che appaiono idonei a rendere possibile una
recidivanza dell’attività criminosa (v. pag. 6 e 7 dell’ordinanza del TDL). Peraltro
il profilo dedotto attiene in modo univoco al merito della decisione e non è cen-

deguata giustificazione della decisione assunta.
Alla Corte di cassazione resta comunque preclusa la rilettura di altri elementi di fatto rispetto a quelli posti a fondamento della decisione impugnata e
l’autonoma adozione di nuovi o diversi parametri di ricostruzione e valutazione
dei fatti medesimi, ritenuti maggiormente plausibili o dotati di una migliore capacità esplicativa, dovendosi essa limitare a controllare se la motivazione dei giudici di merito sia intrinsecamente razionale e capace di rappresentare e spiegare
l’iter logico seguito (ex plurimis: Cass. 1° ottobre 2008 n. 38803). La Corte non
deve accertare se la decisione di merito propone la migliore ricostruzione dei fatti, né deve condividerne la giustificazione, ma limitarsi a verificare se questa giustificazione sia compatibile con il senso comune e con i limiti di una plausibile opinabilità di apprezzamento (v. Cass. 3 ottobre 2006, n. 36546; Cass. 10 luglio
2007, n. 35683; Cass. 11 gennaio 2007, n. 7380).
Nella specie, peraltro il Papale si limita a proporre una lettura riduttiva
degli elementi di fatto posti a base del provvedimento di rigetto in modo non esaustivo sotto il profilo motivazionale. Appare evidente che queste doglianze
danno luogo a censure che non possono trovare ingresso nel giudizio di legittimità.
Alla luce delle suesposte considerazioni il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.
Ai sensi dell’articolo 616 cod. proc. pen., l’imputato deve essere condannato al pagamento delle spese del procedimento nonché al versamento, in favore
della Cassa delle Ammende, in considerazione dei profili di colpa emergenti dal
ricorso della somma di euro 1000,00.
Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94 disp. att.
c.p.p.

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surabile in questa sede, avendo comunque il giudice del riesame fornito una a-

P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento
delle spese processuali e al versamento, in favore della Cassa delle Ammende,
della somma di euro 1000,00.
Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94 disp. att.
c.p.p.

Così deciso Roma, nella camera di consiglio del 12 novembre 2013
Presidente

sigliere estensore

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