Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 8822 del 13/02/2014


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 8822 Anno 2014
Presidente: FIANDANESE FRANCO
Relatore: DAVIGO PIERCAMILLO

SENTENZA

sui ricorsi proposti da
Castellese Giuseppa, nata ad Altofonte il 27/06/1972;
avverso la sentenza del 26/06/2013 della Corte d’appello di Palermo;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Piercamillo Davigo;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Fulvio
Baldi, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso;
udito per l’imputato l’avv. Giuseppe Rossodivita, in sostituzione degli avv.ti
Domenico Trinceri e Tommaso Farina, che ha concluso chiedendo raccoglimento
del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 18.4.2012 il Tribunale di Palermo dichiarò Castellese
Giuseppa responsabile di ricettazione della somma di € 5.000,00, compendio del
delitto di associazione di tipo mafioso del quale era responsabile il mnarito
Raccuglia Domenico e – riconosciute le circostanze attenuanti generiche – la
condannò alla pena di anni 1 mesi 4 di reclusione ed € 400,00 di multa, pena
sospesa e non menzione.

2. L’imputata propose gravame ma la Corte d’appello di Palermo, con
sentenza del 26.6.2013, confermò la pronunzia di primo grado.

Data Udienza: 13/02/2014

3. Ricorre per cassazione l’imputata, tramite i difensori, che hnno proposto
due distinti ricorsi.

Il difensore Avv. Domenico Trinceri deduce:
1. violazione di legge e vizio di motivazione in quanto la Corte territoriale si
sarebbe limitata a recepire le argomentazioni del Tribunale; si fa
discendere la natura illecita del denaro dalle modalità del suo
rinvenimento e di eleva a fatto notorio la rilevanza del taglio delle

taglio siano facilmente occultabili e strumento di riciclaggio; in assenza di
ogni rapporto bancario il dato sarebbe neutro;
2. violazione di legge e vizio di motivazione in ordine al mancato
riconoscimento dell’ipotesi lieve della ricettazione solo sul dato
patrimoniale del bene ricettato, trascurando che il fatto è stato concepito
in contesto familiare e la sua occasionalità.

Il difensore Avv. Tommaso Farina deduce violazione di legge e vizio di
motivazione in relazione al mancato riconoscimento dell’ipotesi lieve della
ricettazione solo sul dato patrimoniale del bene ricettato, trascurando che il fatto
è stato concepito in contesto familiare e la sua occasionalità, oltre che
l’incensuratezza dell’imputata.

CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il primo motivo di ricorso proposto dall’Avv. Domenico Trinceri è
manifestamente infondato e svolge censure di merito.
La Corte territoriale, dopo aver rilevato che lo somma di denaro, rinvenuta
nel taschino di una giacca da donna, era costituita da 7 banconote da € 500,00,
da 5 banconote da € 200,00 e da 5 banconote da € 100,00, ha rilevato che ciò
escludeva che potesse essere frutto di piccoli risparmi su somme di modesta
entità elargite da parenti per far fronte alle esigenze del suo nucleo familiare. Ha
poi rilevato che il coniuge Raccuglia Domenico era stato condannato in via
definitiva per associazione di tipo mafioso in quanto associato a Cosa Nostra con
funzioni direttive ed organizzative nell’ambito del territorio della famiglia mafiosa
di Altomonte e che il teste Farris ha riferito di un rilevante ruolo del predetto
nell’ambito delle estorsioni. Ha infine ricordato essere fatto notorio che
l’associazione in questione provvede al sostentamento dei familiari dei latitanti
organici alla stessa e che l’imputata non aveva alcun reddito e che i prestiti che i
parenti hanno riferito di aver erogato erano per cifre modeste, che non potevano

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banconote, sull’assunto che sarebbe notorio che le banconote di grosso

giustificare né la somma, né il taglio delle banconote. Ha ritenuto pertanto
inattendibile la spiegazione offerta dall’imputata.
In tale motivazione non si ravvisa alcuna manifesta illogicità che la renda
sindacabile in questa sede.
Infatti, nel momento del controllo di legittimità, la Corte di cassazione non
deve stabilire se la decisione di merito proponga effettivamente la migliore
possibile ricostruzione dei fatti né deve condividerne la giustificazione, ma deve
limitarsi a verificare se questa giustificazione sia compatibile con il senso comune
e con “i limiti di una plausibile opinabilità di apprezzamento”, secondo una

30.11.1999 dep. 31.1.2000 rv 215745, Cass., Sez. 2^ sent. n. 2436 del
21.12.1993 dep. 25.2.1994, rv 196955).
Del resto va ricordato che il vizio di motivazione implica o la carenza di
motivazione o la sua manifesta illogicità.
Sotto questo secondo profilo la correttezza o meno dei ragionamenti
dipende anzitutto dalla loro struttura logica e questa è indipendente dalla verità
degli enunciati che la compongono.

2. il secondo motivo di ricorso proposto dall’Avv. Domenico Trinceri ed il
ricorso proposto dall’Avv. Tommaso Farina sono manifestamente infondati.
La Corte territoriale ha escluso l’ipotesi lieve della ricettazione sulla base
della gravità del reato presupposto e dell’entità della somma ricettata.
In tema di ricettazione, il valore del bene è un elemento concorrente solo in
via sussidiaria ai fini della valutazione dell’attenuante speciale della particolare
tenuità del fatto, nel senso che, se esso non è particolarmente lieve, deve
sempre escludersi la tenuità del fatto, risultando superflua ogni ulteriore
indagine; soltanto se è accertata la lieve consistenza economica del bene
ricettato, può procedersi alla verifica della sussistenza degli ulteriori elementi,
desumibili dall’art. 133 cod. pen., che consentono di configurare l’attenuante “de
qua”, e che va, al contrario, esclusa quando emergano elementi negativi, sia
sotto il profilo strettamente obbiettivo (ad es., l’entità del profitto), sia sotto il
profilo soggettivo (ad es., capacità a delinquere dell’agente). (Cass. Sez. 2,
Sentenza n. 28689 del 09/07/2010 dep. 21/07/2010 Rv. 248214. Nella specie, la
Corte ha escluso la sussistenza dell’attenuante con riguardo alla ricettazione di
due autoradio di ottima marca, una delle quali munita anche di telecomando).

3. I ricorsi devono pertanto essere dichiarati inammissibili.
L’inammissibilità dei ricorsi preclude il maturare della prescrizione.

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formula giurisprudenziale ricorrente. (Cass. Sez. 5^ sent. n. 1004 del

Ai sensi dell’articolo 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che
dichiara inammissibili i ricorsi, l’imputata che lo ha proposto deve essere
condannato al pagamento delle spese del procedimento, nonché ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di
inammissibilità – al pagamento a favore della Cassa delle ammende della
somma di mille euro, così equitativannente fissata in ragione dei motivi
dedotti.

Dichiara inammissibile i ricorsi e condanna la ricorrente al pagamento
delle spese processuali e della somma di euro mille alla Cassa delle
ammende.

Così deciso il 13/02/2014.

P.Q.M.

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