Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 8821 del 13/02/2014


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 8821 Anno 2014
Presidente: FIANDANESE FRANCO
Relatore: DAVIGO PIERCAMILLO

SENTENZA

sul ricorso proposto da
Privitera Alfio, nato a Misterbianco il 20.9.1951;
avverso la sentenza del 28/09/2012 della Corte d’appello di Catania;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Piercamillo Davigo;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Fulvio
Baldi, che ha concluso chiedendo che la sentenza impugnata sia annullata con
rinvio.

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 22.5.2009 il Tribunale di Catania dichiarò Privitera Alfio
responsabile del reato di appropriazione indebita e lo condannò alla pena di mesi
5 di reclusione ed € 250,00 di multa.

2. L’imputato propose gravame e la Corte d’appello di Catania, con sentenza
28.9.2012 in parziale riforma della pronunzia di primo grado, concesse la
sospensione condizionale della pena.

3. Ricorre per cassazione l’imputato deducendo:
1. violazione di legge in relazione alla mancata declaratoria di improcedibilità
dell’azione penale per tardività della querela siccome presentata 5 mesi

Data Udienza: 13/02/2014

dopo i fatti; ciò sulla base di dichiarazioni della persona offesa risultanti
dalla trascrizione (parzialmente trascritta) dell’esame della persona offesa
nel giudizio di primo grado;
2. vizio di motivazione in relazione alla ritenuta attendibilità della persona
offesa alla luce delle diverse versioni offerte; in particolare avrebbe errato
la Corte territoriale nel ritenere infondata la doglianza difensiva relativa
alla mancata richiesta di restituzione del veicolo ed alla possibilità della
persona offesa di recuperarlo agevolmente, alla luce delle dichiarazioni
della persona offesa, parzialmente richiamate nel ricorso;

richiesta di rinnovazione del dibattimento per l’audizione della teste
Tirreni Agata, attuale compagna dell’imputato.

CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il primo motivo di ricorso è inammissibile.
La tardività della querela può essere rilevata in sede di legittimità se risulta
dalla sentenza impugnata, ovvero da atti da cui sia desumibile immediatamente
ed inequivocabilmente il vizio denunciato, senza necessità di una specifica
indagine fattuale che, comportando l’accesso agli atti, non sarebbe consentita al
giudice di legittimità. (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 32985 del 09/07/2013 dep.
30/07/2013 Rv. 256845).
La questione non è stata dedotta in appello e non vi è stata quindi alcuna
pronunzia della Corte d’appello sul punto, peraltro, la parziale trascrizione
dell’esame dibattimentale della persona offesa, non consente di apprezzare con
certezza l’esistenza della tardività della querela.

2. Il secondo motivo di ricorso è manifestamente infondato e generico.
La Corte territoriale ha specificamente motivato in ordine alla attendibilità
della persona offesa per la specificità della ricostruzione del fatto, per la
coerenza logica della narrazione, circostanziata, puntuale e verosimile.
Peraltro la questione è dedotta in modo generico.
Questa Corte ha infatti affermato che, in forza della regola della
“autosufficienza” del ricorso, operante anche in sede penale, il ricorrente che
intenda dedurre in sede di legittimità il travisamento di una prova testimoniale
ha l’onere di suffragare la validità del suo assunto mediante la completa
trascrizione dell’integrale contenuto delle dichiarazioni rese dal testimone, non
consentendo la citazione di alcuni brani delle medesime l’effettivo
apprezzamento del vizio dedotto. (Cass. Sez. 4, Sentenza n. 37982 del
26.6.2008 dep. 3.10.2008 rv 241023).

2

3. vizio di motivazione in relazione alla mancata deliberazione in ordine alla

3. Il terzo motivo di ricorso è manifestamente infondato.
Il giudice d’appello ha l’obbligo di motivare espressamente sulla richiesta di
rinnovazione del dibattimento solo nel caso di suo accoglimento, laddove, ove
ritenga di respingerla, può anche motivarne implicitamente il rigetto,
evidenziando la sussistenza di elementi sufficienti ad affermare o negare la
responsabilità del reo. (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 24294 del 07/04/2010 dep.
25/06/2010 Rv. 247872).

Ai sensi dell’articolo 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che
dichiara inammissibile il ricorso, l’imputato che lo ha proposto deve essere
condannato al pagamento delle spese del procedimento, nonché ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di
inammissibilità – al pagamento a favore della Cassa delle ammende della
somma di mille euro, così equitativamente fissata in ragione dei motivi
dedotti.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento
delle spese processuali e della somma di euro mille alla Cassa delle
ammende.

Così deciso il 13/02/2014.

4. Il ricorso deve pertanto essere dichiarato inammissibile.

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