Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 8819 del 13/02/2014


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 8819 Anno 2014
Presidente: FIANDANESE FRANCO
Relatore: DAVIGO PIERCAMILLO

SENTENZA
Sul ricorso proposto da
Mennini Luigi Maria, nato a Roma il 19.1.1966,
avverso la sentenza della Corte d’appello di Brescia, sezione 2^ penale, in data
16.3.2012.
Sentita la relazione della causa fatta dal consigliere Piercamillo Davigo.
Udita la requisitoria del sostituto procuratore generale, dott. Fulvio Baldi, il quale
ha concluso chiedendo che il ricorso sia rigettato.
Udito il difensore Avv. Raffaella Monaldi, che ha concluso per l’accoglimento del
ricorso,

ritenuto in fatto

Con sentenza del 19.6.2006, il G.U.P. del Tribunale di Brescia dichiarò
Mennini Luigi Maria responsabile di due reati di ricettazione (capi A e D), unificati
sotto il vincolo della continuazione e – concesse le attenuanti generiche
equivalenti alla recidiva, con la diminuente per il rito – lo condannò alla pena di
anni 1 mesi 6 di reclusione ed € 1.200,00 di multa.
L’imputato fu assolto dal reato di falso in titoli (capo C) perché il fatto non
sussiste e fu dichiarato non doversi procedere nei suoi confronti in ordine al
reato di tentata truffa continuata (capo B) perché estinto per prescrizione.

Data Udienza: 13/02/2014

Avverso tale pronunzia l’imputato propose gravame ma la Corte d’appello
di Brescia, con sentenza del 16.3.2012, confermò la decisione di primo grado.
Ricorre per cassazione il difensore dell’imputato deducendo:
1. violazione di legge e vizio di motivazione in relazione all’affermazione di
responsabilità per il delitto di ricettazione di tre assegni di cui al capo D,
senza che i titoli fossero acquisiti neppure in copia, sulla base del
rinvenimento (in sede di perquisizione di un’abitazione in disuso, ove
l’imputato aveva mantenuto la residenza anagrafica) di un blocchetto

esaurito contenente le matrici, tre delle quali aventi il numero
corrispondente a quello degli assegni oggetto di denunzia; la Corte
territoriale ha ritenuto il possesso delle matrici indizio della precedente
acquisizione e possesso degli assegni; la riconosciuta assenza di valore
del materiale rinvenuto renderebbe debole il ragionamento probatorio;
nessun accertamento era stato effettuato sulla negoziazione degli assegni
avvenuta nel 2005; era stato evidenziato nei motivi di appello come non
fosse stato denunziato il furto dell’intero carnet, ma solo di tre assegni e
che l’appartamento non era più in uso all’imputato; la Corte territoriale ha
ritenuto capziosa la lettura della denunzia di furto offerta dalla difesa; non
sarebbe stato superato il dubbio ragionevole e violata la presunzione di
innocenza;
2. violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alla dedotta
disapplicazione in concreto della recidiva; era stato richiesto con i motivi
di appello il giudizio di prevalenza delle attenuanti generiche sulla
recidiva, possibile poiché il giudice di primo grado aveva in concreto
applicato la recidiva semplice, evidenziato sia dal giudizio di
comparazione che dal ridotto aumento per continuazione, al di sotto dei
parametri imposti dall’art. 81 comma 4 cod. pen.; la Corte territoriale ha
ritenuto infondato il motivo sull’assunto che il primo giudice aveva
ritenuto la recidiva contestata e giustificato il giudizio di equivalenza
richiamando tre condanne dell’imputato, ma non sarebbe stata necessaria
alcuna giustificazione se il G.U.P. avesse ritenuto la recidiva specifica
reiterata nel quinquennio; è stato privilegiato il dato formale trascurando
che è facoltativo per il giudice ritenere ed applicare la recidiva;
3. vizio di motivazione in relazione alla dedotta inapplicabilità del regime di
divieto di prevalenza delle attenuanti generiche in quanto il fatto si
doveva considerare commesso prima dell’entrata in vigore della legge n.
251/2005 (8.12.2005), essendo stati gli assegni negoziati nel luglio 2005;
la Corte di merito non ha motivato assumendo che comunque anche sotto

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la normativa previgente non avrebbe potuto portare a soluzioni diverse,
trascurando la sentenza della Corte costituzionale n. 183/2011;
4. vizio di motivazione in ordine alla dedotta mancata motivazione da parte
del primo giudice della ritenuta recidiva; la Corte territoriale ha omesso
del tutto la motivazione, neppure indicando nell’elencare i motivi nuovi di
appello la relativa doglianza in relazione alla quale si lamenta la mancata
pronunzia;
5. violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alla ritenuta

della recidiva, in quanto lo stesso non costituiva uno sviluppo del motivo
relativo al bilanciamento fra circostanze attenuanti ed aggravanti.

Considerato in diritto

Il primo motivo di ricorso è manifestamente infondato e svolge censure di
merito.
La Corte territoriale ha rilevato che quanto rinvenuto nell’appartamento
perquisito era riconducibile all’imputato dal momento che fu lui a consegnare le
chiavi alla polizia giudiziaria che doveva effettuare la perquisizione. Ha poi
ritenuto che non avesse rilievo l’argomento secondo il quale la denunzia
riguardava tre assegni e non l’intero blocchetto, dal momento che si trattava
degli ultimi tre assegni del blocchetto e che il rinvenimento delle matrici induceva
a ritenere che l’imputato avesse ricettato gli assegni in questione.
In tale motivazione non si ravvisa alcuna manifesta illogicità che la renda
sindacabile in questa sede.
Infatti, nel momento del controllo di legittimità, la Corte di cassazione non
deve stabilire se la decisione di merito proponga effettivamente la migliore
possibile ricostruzione dei fatti né deve condividerne la giustificazione, ma deve
limitarsi a verificare se questa giustificazione sia compatibile con il senso comune
e con “i limiti di una plausibile opinabilità di apprezzamento”,

secondo una

formula giurisprudenziale ricorrente. (Cass. Sez. 5″ sent. n. 1004 del
30.11.1999 dep. 31.1.2000 rv 215745, Cass., Sez. 2″ sent. n. 2436 del
21.12.1993 dep. 25.2.1994, rv 196955).
Del resto va ricordato che il vizio di motivazione implica o la carenza di
motivazione o la sua manifesta illogicità.
Sotto questo secondo profilo la correttezza o meno dei ragionamenti
dipende anzitutto dalla loro struttura logica e questa è indipendente dalla verità
degli enunciati che la compongono.
Il secondo motivo di ricorso è manifestamente infondato.

inammissibilità del motivo nuovo in cui si chiedeva di non tenere conto

La Corte territoriale ha ritenuto che dal tenore del dispositivo risultava il
richiamo alla recidiva come contestata e quindi reiterata specifica nel
quinquennio. Ha altresì precisato che il fatto che il primo giudice non ne avesse
tratto le conseguenze in termini di aumento di pena per continuazione non
poteva indurre a superare tale dato in-equivoco.
In tale motivazione non vi è alcuna illogicità manifesta né alcuna violazione
di legge che la renda sindacabile in questa sede.
Il terzo motivo di ricorso è manifestamente infondato.

il peso dei precedenti penali non avrebbero comunque potuto condurre ad un
diverso giudizio di comparazione, il che rende privo di rilievo il richiamo alla
sentenza della Corte costituzionale n. 183/2011.
Il quarto motivo di ricorso è manifestamente infondato.
La Corte territoriale ha menzionato il motivo nuovo a p. 5 della motivazione
della sentenza impugnata (“l’appellante difesa ha contestato che il primo giudice
avesse ritenuto di applicare la recidiva senza alcuna valutazione al riguardo”).
Va ricordato che il potere di annullamento della sentenza impugnata, tipico
della giurisdizione di legittimità, è esercitato in appello nei soli casi previsti
dall’articolo 604 cod. proc. pen. ; al di fuori di queste ipotesi tassative, in cui non
trova collocazione quella della carenza, sia pur totale, di motivazione, si
applicano i principi di conservazione degli atti e di economia processuale, in forza
dei quali è riconosciuto al giudice di appello il potere di sostituirsi, nella
valutazione del fatto, al giudice di primo grado, mediante la correzione,
l’integrazione e, persino, l’integrale redazione della motivazione. (Cass. Sez. 3^,
sent. n. 2562 del 21.2.1994 dep. 21.4.1994 rv 197335).
Ciò la Corte territoriale ha fatto a p. 12 della sentenza impugnata laddove
ha richiamato il fatto che l’imputato, in ragione dei precedenti, si era dimostrato
persona particolarmente versata nella ricettazione.
Il quinto motivo di ricorso è manifestamente infondato.
È superfluo esaminare la fondatezza o meno della valutazione di
inammissibilità del motivo nuovo di appello con cui si richiedeva di escludere la
recidiva, giacché, con la motivazione ricordata trattando del quarto motivo di
ricorso, la Corte territoriale lo ha comunque rigettato.
Il ricorso deve pertanto essere dichiarato inammissibile.
Ai sensi dell’articolo 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che dichiara
inammissibile il ricorso, l’imputato che lo ha proposto deve essere condannato al
pagamento delle spese del procedimento, nonché – ravvisandosi profili di colpa
nella determinazione della causa di inammissibilità – al pagamento a favore della

La Corte territoriale ha disatteso la doglianza sull’assunto che il numero ed

Cassa delle ammende della somma di mille euro, così equitativamente fissata in
ragione dei motivi dedotti.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro mille alla Cassa delle ammende.

Il Consigliere estensore
Piercami

Il Presidente
anco Fiandanese

Così deliberato in data 13.2.2014.

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