Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 8812 del 14/11/2012


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 8812 Anno 2013
Presidente: GARRIBBA TITO
Relatore: IPPOLITO FRANCESCO

SENTENZA

sul ricorso proposto da
CRESCENZO Pasquale, n. a Sarno il 14/01/1968

contro la sentenza della Corte d’appello di Salerno, emessa il 08/02/2011
– visti gli atti, la sentenza impugnata e il ricorso;
– udita in pubblica udienza la relazione del cons. F. Ippolito;
– udita la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del sostituto procuratore
generale T. Baglione, che ha concluso per l ‘inammissibilità del ricorso;
Ritenuto in fatto
1. Il difensore di Pasquale Crescenzo ricorre per cassazione avverso la
decisione indicata in epigrafe, confermativa della sentenza emessa del
Tribunale di Nocera Inferiore, con cui era stato condannato alla pena di
quattro mesi di reclusione per il delitto di cui all’art. 385 cod. pen., per
evasione dalla propria abitazione, ove doveva rimanere ristretto in
detenzione domiciliare (il 17 agosto 2006).
2. Il ricorrente deduce, ex art. 606.1 lett. b) ed e) c.p.p.,
inosservanza di legge penale (art. 43 e 385 c.p.) e mancanza di motivazione
della sentenza per avere i giudici di merito omesso di considerare che nei

Data Udienza: 14/11/2012

confronti del Crescenzo era stato emesso dall’autorità giudiziaria un
provvedimento applicativo dell’indulto, sia pure non ancora notificato.

1. Il ricorrente ripropone i motivi già avanzati nei precedenti gradi del
processo, motivatamente rigettati dai giudici di merito, cosicché va adottata
declaratoria d’inammissibilità per mancanza di plausibili ragioni di critica alla
motivazione della sentenza d’appello.
2. Questa Corte ha già ripetutamente affermato che l’Indulto non
opera automaticamente, ma solo a seguito del provvedimento di
applicazione da parte della competente autorità giudiziaria ex art. 672 cod.
proc. pen. (Cass. Sez. 6, n. 2628/1998, Rv. 210584, PG in proc. Permoli;
Sez. 1, n. 23803/2010, Rv. 247677, El Karfi).
Risponde, pertanto, di evasione il detenuto che si allontana dagli
arresti domiciliari a seguito dell’entrata in vigore di un provvedimento di
concessione di indulto, senza attendere il provvedimento di rimessione in
libertà ufficialmente comunicatogli dall’autorità giudiziaria.
Ove, infatti, come ha sottolineato la Corte territoriale, si ammettesse
che il detenuto può reputare cessato lo stato di restrizione della sua libertà
personale comunque abbia appreso di un titolo idoneo a perimere tale stato,
si priverebbe l’autorità del potere di vigilanza su chi è ristretto, il che è
proprio la ragion d’essere della fattispecie penale prevista dall’art. 385 c.p..
Va, infine, rammentato che nella predetta fattispecie il dolo è generico
e consiste nella consapevole violazione del divieto di lasciare il luogo di
esecuzione della misura detentiva senza la prescritta autorizzazione, a nulla
rilevando i motivi che hanno determinato la condotta dell’agente.
3. All’inammissibilità segue la condanna del ricorrente al pagamento
delle spese processuali e della sanzione pecuniaria, che si ritiene adeguata
determinare nella somma di 1.000,00 euro, in relazione alla natura delle
questioni dedotte.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al
pagamento delle spese processuali e della somma di euro 1000,00 in favore
della Cassa delle ammende.
Roma, 14 novembre 2012

Considerato in diritto

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