Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 8811 del 02/12/2015


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 8811 Anno 2016
Presidente: D’ISA CLAUDIO
Relatore: GRASSO GIUSEPPE

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
SHKURTAJ GAZMIR N. IL 28/08/1987
avverso la sentenza n. 5706/2014 GIP TRIBUNALE di ANCONA, del
23/12/2014
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. GIUSEPPE GRASSO;

Data Udienza: 02/12/2015

1. A Shkurtaj Gaznnir con la sentenza di cui in epigrafe è state applicata
la pena dalle parti concordata. L’imputato si duole del mancato computo
delle attenuanti generiche e della quantificazione della pena.
2. Il ricorso è inammissibile, ex articolo 606, comma 3, c.p.p., perché
proposto per motivi manifestamente infondati e, ex articolo 591, comma
1, lettera c), c.p.p., in quanto i motivi sono privi del requisito della
specificità, consistendo nella generica esposizione della doglianza senza
alcun contenuto di effettiva critica alla decisione impugnata.
Come questa Corte ha ripetutamente affermato (cfr. ex plurimis Cass.
S.U. 27 settembre 1995, Serafino), l’obbligo della motivazione della
sentenza di applicazione concordata della pena va conformato alla
particolare natura della medesima e deve ritenersi adempiuto qualora il
giudice dia atto, ancorché succintamente, di aver proceduto alla
delibazione degli elementi positivi richiesti (la sussistenza dell’accordo
delle parti, la corretta qualificazione giuridica del fatto, l’applicazione di
eventuali circostanze ed il giudizio di bilanciamento, la congruità della
pena, la concedibilità della sospensione condizionale della pena ove la
efficacia della richiesta sia ad essa subordinata) e di quelli negativi (che
non debba essere pronunciata sentenza di proscioglimento a norma
dell’articolo 129 c.p.p.).
In particolare, quanto al trattamento sanzionatorio, va ricordato che
l’istituto del patteggiamento trova il proprio fondamento primario nella
convergente richiesta di pubblico ministero e imputato sul merito
dell’imputazione (responsabilità e pena conseguente), dal momento che
chi chiede la pena pattuita rinuncia ad avvalersi della facoltà di
contestare l’accusa.
Ne consegue, come questa Corte ha più volte avuto modo di affermare,
che l’imputato non può prospettare con il ricorso per cassazione censure
che coinvolgono il patto dal medesimo accettato, a meno che la pena
determinata non sia stata quantificata in modo illegittimo (Cass. VI,
21\4\2004, n. 18385).
3. L’attenuante ora invocata, poi, non è stata oggetto del patto, né è
stata richiesta in sede di discussione, per cui il suo mancato
riconoscimento non costituisce né una violazione di legge, né configura
una mancanza di motivazione.
Invero, questa Corte di legittimità ha avuto modo di statuire che “Il
presupposto pattizio della sentenza emessa a richiesta delle parti esime il
giudice dal motivare le statuizioni, positive o negative, non concordate
….. la mancata richiesta e la mancata devoluzione hanno significazione
escludente, nel senso che, nel rispetto del principio dispositivo, la
pronuncia del giudice non può travalicare i termini del patto” (Cass. Sez. 5,
Sentenza n. 4121 del 23/06/1998Cc. (dep. 05/10/1998 ) Rv. 211506; Cass.
Sez. 6, Sentenza n. 7109 del 09/06/1997Ud. (dep. 18/07/1997 ) Rv. 208236;
Cass. Sez. 4, Sentenza n. 4030 del 06/12/1995Cc. (dep. 03/01/1996 ) Rv.
203310).

4. Segue, a norma dell’articolo 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al
pagamento delle spese del procedimento e al pagamento a favore della
Cassa delle ammende, non emergendo ragioni di esonero, della somma di
euro 1.500,00 a titolo di sanzione pecuniaria.
P.Q.M.

OSSERVA

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento
delle spese processuali e al versamento della somma di nnillecinquecento
euro alla Cassa delle ammende.
Così deciso i Roma il 2 dicembre 2015
residente
Il Consi Here stensore
I
(Giu ppe G sso)

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