Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 8807 del 05/12/2012


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 8807 Anno 2013
Presidente: ZECCA GAETANINO
Relatore: MARASCA GENNARO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
1) MORFINO MARIANO N. IL 18/08/1967
avverso l’ordinanza n. 789/2012 TRIB. LIBERTA’ di PALERMO, del
19/06/2012
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. GENNARO MARASCA;
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Data Udienza: 05/12/2012

Udito il Pubblico Ministero in persona del dottor Gioacchino Izzo, che ha
concluso per il rigetto del ricorso;

Udito il difensore dell’indagato avvocato Vinello Accorteti, che ha concluso per

La Corte di Cassazione osserva :
A Mariano Morfino veniva applicata dal GIP presso il tribunale di Palermo con
ordinanza del 15 luglio 2011 la misura cautelare della custodia in carcere perché
indagato per il reato di cui all’art. 416bis cod. pen., in quanto partecipe della
cosca di Pagliarelli-Corso Calatafimi articolazione di Cosa Nostra con funzioni
di addetto al settore del gioco di azzardo e delle estorsioni attuate con il c.d.
metodo della riffa, ovvero vendita di blocchetti di numeri senza corresponsione
di alcun premio finale.
La misura era fondata sulle dichiarazioni del collaboratore di giustizia Coga
Marco, sull’esito di intercettazioni ambientali presso la tabaccheria di Bellino
Giuseppe, sulla frequentazione di altre persone legate alla organizzazione e sulla
partecipazione ad un summit mafioso presso il locale di Paolo Suleman.

Il tribunale del riesame di Palermo, con ordinanza del 29 luglio 2011, rigettava
l’istanza del Morfina e confermava l’ordinanza del GIP.

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l’accoglimento del ricorso;

La Corte di Cassazione, con sentenza del 2 aprile 2012, annullava con rinvio
l’ordinanza del tribunale perché la stessa non aveva fornito risposta ai rilievi
difensivi.
In particolare la Corte di legittimità poneva in evidenza che il Coga non aveva

Morfino, che non vi erano elementi per ritenere una frequentazione con il
reggente della cosca Nicchi Giovanni, che non si capiva se l’attività relativa alle
slot-machines fosse svolta in proprio o quale rappresentante di Cosa Nostra e che
non si comprendeva in base a quali elementi l’incontro presso la caffetteria
Suliman potesse ritenersi summit mafioso.

Il tribunale di Palermo, quale giudice di rinvio, con ordinanza del 19 giugno
2012, premesso che in base agli elementi segnalati difficilmente si sarebbe potuta
ritenere la necessaria gravità indiziaria, rilevava che in base alla documentazione
prodotta dal Pubblico Ministero in sede di rinvio —intercettazioni ed altri
documenti- era possibile ritenere raggiunta la gravità indiziaria; in particolare
riportava un colloquio intercettato dal quale era possibile desumere la
partecipazione del Morfino alla attività estorsiva svolta dalla cosca.

Con il ricorso per cassazione Mariano Morfmo deduceva la violazione ed erronea
applicazione dell’art. 273 cod. proc. pen. in relazione all’art. 192 dello stesso
codice ed all’art. 416bis cod. pen., nonché il vizio di motivazione sul punto; in
proposito il ricorrente discuteva i singoli elementi messi in evidenza dal tribunale
del riesame e denunciava che non era stata presa in considerazione una memoria

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indicato con precisione nessuna attività illecita nella quale fosse coinvolto il

difensiva depositata il 29 luglio 2011 e non era stata data risposta ai quesiti posti
dalla Corte di Cassazione in sede di annullamento.

I motivi posti a sostegno del ricorso proposto da Mariano Morfino sono

Va detto che per alcuni aspetti il motivo di ricorso presenta profili di
inammissibilità perché non è consentito in sede di legittimità discutere la
interpretazione, definita dal ricorrente forzata, delle intercettazioni ambientali
perché, come è noto, secondo la giurisprudenza della Corte, la interpretazione
delle intercettazioni compete ai giudici di merito ed è insindacabile in sede di
legittimità quando sia sorretta da una motivazione non manifestamente illogica.
Siffatta manifesta illogicità non è ravvisabile nel caso di specie ed in verità
nemmeno è stata denunciata dal ricorrente.
Non può essere richiesto a questa Corte di sovrapporre una propria
interpretazione del materiale probatorio, peraltro nemmeno conosciuto nella sua
integralità, a quella dei giudici dei primi due gradi di giurisdizione.

Come pure non appare corretto il rilievo di mancato esame di una memoria
difensiva presentata, peraltro, in sede di prima discussione dell’istanza di
riesame, quando non erano ancora stati depositati i nuovi documenti dal pubblico
ministero.
E’ noto che il giudice deve certamente tenere conto di tutti i rilievi difensivi, ma
non ha l’obbligo di confutarli tutti specificamente in motivazione perché
quest’ultima deve contenere, peraltro in modo succinto, soltanto le ragioni che

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infondati.

t

legittimano la decisione, dovendosi ritenere implicitamente rigettati tutti gli
argomenti contrastanti con le ragioni della decisione stessa.

Va anche detto che la nuova produzione del pubblico ministero è del tutto

e non ha rilievo che di alcuni elementi il pubblico ministero avrebbe potuto
essere a conoscenza anche prima della discussione per la prima volta della
istanza di riesame dinanzi al tribunale.
In effetti si sarebbe trattato di alcune intercettazioni contenute verosimilmente
nelle bobine registrate, ma non ancora trascritte —operazione che spesso richiede
tempi non brevi- e messe in evidenza in informative di reato, cosicché il pubblico
ministero legittimamente ne ignorava l’esistenza.

Tanto premesso va detto che la motivazione esibita dal giudice di rinvio regge
alle critiche ed ai rilievi del ricorrente ed è rispettosa di quanto deciso dalla
Corte di Cassazione, che aveva, detto in estrema sintesi, rilevato un deficit
motivazionale in ordine alla ritenuta gravità indiziaria.
Non congrue sono alcune critiche del ricorrente che denunciano la irrilevanza di
alcuni elementi —ad esempio il presunto summit mafioso presso la caffetteria
Suliman- che il giudice di rinvio non ha proprio preso in considerazione e non ha
posto a fondamento della ordinanza impugnata.
Quest’ultima, invero, ha dimostrato, in base agli esiti delle intercettazioni
ambientali, come il Morfino agisse sostanzialmente agli ordini di Bellino nel

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legittima —anche se sembra che non vi sia una specifica contestazione sul punto-

campa delle estorsioni; sul Bellino si era formato giudicato cautelare in ordine
alla sua appartenenza a Cosa Nostra, e precisamente alla cosca di Pagliarelli.
Il Morfina, quindi, obbligava i commercianti individuati —il Bellino gli aveva
anche fornito una lista per ampliare il raggio di azione di tale attività- ad

per la quale, però, non era previsto alcun premio.
Si tratta, come è evidente, di una forma di imposizione operata nei confronti dei
commercianti con modalità tipicamente mafiose, come chiarito dal tribunale in
base al tenore delle intercettazioni ambientali, in parte riportate nel corpo della
motivazione dell’ordinanza impugnata.
Tra l’altro in alcune conversazioni risulta che Bellino ed altro coindagato —
Castello- invitavano Morfina ad avere un atteggiamento più prudente nei
confronti dei commercianti renitenti.
Il fatto che l’attività fosse diretta dal Bellino, uomo di Cosa Nostra, toglie
qualsiasi rilievo alla considerazione del ricorrente che il Morfino avrebbe potuto
svolgere l’attività della riffa in piena autonomia e che non fosse consapevole
della assenza del premio finale.
Il tribunale ha poi posto in evidenza anche un episodio che denota la
partecipazione del Morfina anche ad estorsioni commesse con il metodo
tradizionale; si tratta di una conversazione tra Morfina e Adamo, altro
coindagato, nel corso della quale Adamo sosteneva che tale Totò dovesse
ritenersi a posto, mentre Morfina sosteneva esattamente il contrario, mostrando,
quindi, piena consapevolezza del lavoro da svolgere.

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acquistare un blocchetto di numeri per novanta curo per partecipare ad una riffa,

Da quanto detto emerge con chiarezza che Morfino era attivo nel settore delle
estorsioni e che non agiva in autonomia, ma agli ordini di Bellino, uomo di Cosa

Nostra.
E’ fin troppo noto che l’attività estorsiva costituisca non solo una delle fonti di

controllo del territorio; una tale delicata attività viene demandata soltanto agli
associati e non a persone esterne alla consorteria mafiosa.
Correttamente, quindi, in presenza dei suindicati elementi il tribunale ha ritenuto
raggiunta la gravità indiziaria per ritenere Morfino Mariano un affiliato alla
cosca dì Pagliarelli.

Per le ragioni indicate il ricorso deve essere rigettato ed il ricorrente condannato
a pagare le spese del procedimento.
La Cancelleria è tenuta ad inviare le comunicazioni e gli avvisi previsti dall’art.
94 delle disposizioni di attuazione del codice di procedura penale.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente a pagare le spese del
procedimento;
Manda alla Cancelleria per l’invio degli avvisi e delle comunicazioni di cui
all’art. 94 delle disposizioni di attuazione del codice di procedura penale.
Così deliberato in Roma in data 5 dicembre 2012

arricchimento delle cosche, ma anche un modo per garantire alla cosca il

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