Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 8806 del 05/12/2012


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 8806 Anno 2013
Presidente: ZECCA GAETANINO
Relatore: MARASCA GENNARO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
1) MAIORINO CARMINE N. IL 07/09/1987
avverso l’ordinanza n. 101/2012 TRIB. LIBERTA’ di SALERNO, del
23/03/2012
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. GENNARO MARASCA;
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Data Udienza: 05/12/2012

Udito il Pubblico Ministero in persona del dottor Gioacchino Izzo, che ha
concluso per la inammissibilità del ricorso;

Udito il difensore dell’indagato avvocato Gaetano Falciani, che ha concluso per

La Corte di Cassazione osserva :
A Carmine Maiorino è stato contestato il delitto di tentata estorsione aggravata
dalla circostanza di cui all’art. 7 della legge 203 del 1992 per avere utilizzato un
metodo mafioso nel richiedere, in concorso con altri, al titolare, tale Antonio
Adinolfi, dell’esercizio commerciale

Mcbett Revolution di mettersi a

disposizione del gruppo malavitoso per le festività pasquali.

Veniva applicata anche al Maiorino il 18 maggio 2011 dal GIP presso il tribunale
di Salerno la misura della custodia cautelare in carcere, che veniva confermata il
13 giugno 2011 dal tribunale del riesame, ma annullata con rinvio dalla Corte di
Cassazione con sentenza del 19 gennaio 2012.
La Corte di Cassazione rilevava una manifesta illogicità nel fatto che da un lato
si riteneva il Maiorino coinvolto in pregresse condotte delittuose in danno
dell’Adinolfi unitamente ad altri indagati, fatto sintomatico della sua
responsabilità anche per l’episodio in contestazione, e dall’altro si scagionava il
Maiorino da tali pregresse condotte specificate al capo A) della rubrica.
Il tribunale del riesame di Salerno, quale giudice di rinvio, con ordinanza del 23
marzo 2012, rigettava nuovamente l’istanza di riesame rilevando che gli elementi
a carico del Maiorino non erano desunti dalle sue pregresse partecipazioni alle

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l’annullamento della ordinanza impugnata;

attività del gruppo malavitoso, ma dal fatto che insieme al Bergamo si era recato
il venerdì di Pasqua nel predetto esercizio commerciale ed aveva parlato con
l’Adinolfi al quale venne rivolta la richiesta estorsiva.
Tanto si desumeva dalle dichiarazioni dell’Adinolfi e del suo dipendente addetto

Quanto al fatto che l’indagato fosse stato presente nel locale insieme ad
appartenenti al gruppo anche in pregresse circostanze, il tribunale rilevava che
tali presenze si potevano ritenere, anche se non assidue come per altri indagati,
soltanto che esse di per se sole non erano sufficienti ad integrare la gravità
indiziaria richiesta dalla legge per la emissione di una misura cautelare anche per
i fatti indicati nel capo A) della rubrica.
Il tribunale, inoltre, riteneva sussistente l’aggravante di cui all’art. 7 della legge
203 del 1992 per il metodo mafioso utilizzato, nonché la doppia presunzione
prevista dall’art. 275, comma 3 cod. proc. pen.

Con il ricorso per cassazione il Maiorino, dopo avere riportato i motivi di
impugnazione del primo ricorso per cassazione, denunciava che il tribunale non
si era conformato al dictum della Suprema Corte.
Dopo avere dedotto l’assenza della gravità indiziaria perché il Maiorino quella
sera in compagnia del Bergamo non aveva parlato con l’Adinolfi, ma era stato
meramente presente alla conversazione tra Bergamo ed Adinolfi, e che non era
stato presente nel locale in pregresse occasioni, sosteneva la mancanza
dell’elemento psicologico del reato contestato.
Infine il ricorrente deduceva la insussistenza delle esigenze cautelari e la
violazione dell’art. 275, comma 3 cod. proc. pen. trattandosi di un episodio

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alla sicurezza del locale Tedesco, che riconobbe il Maiorino in fotografia.

isolato commesso da persona incensurata che prestava regolare attività lavorativa
nel Nord Italia..

I motivi posti a sostegno del ricorso proposto da Carmine Maiorino non sono

In effetti il tribunale del riesame ha risolto la contraddizione logica rilevata dalla
Corte di Cassazione chiarendo che la condotta del Maiorino la sera del venerdì di
Pasqua non fu meramente passiva come semplice ed occasionale accompagnatore
del Bergamo, ma fu attiva nel senso che il Maiorino quella sera parlò con
l’Adinolfi, titolare dell’esercizio commerciale, come riferito sia dall’Adinolfi che
dal suo dipendente Tedesco; dopo tale discussione l’Adinolfi il giorno dopo per
paura si negava all’arrivo del Marco Bergamo e si rifugiava in cucina.
Quindi, secondo quanto accertato in punto di fatto e riportato nel provvedimento
impugnato, il Maiorino partecipò attivamente alla condotta estorsiva, senza
contare che anche la mera presenza accanto all’estorsore finisce con il rafforzare
l’efeftto intimidatorio delle minacce..
Quanto alle pregresse scorribande del gruppo malavitoso nel locale dell’Adinolfi,
il tribunale ha chiarito che pur non essendo assiduo frequentatore, come altri

appartenenti al gruppo, del locale anche perché impegnato per lavoro altrove,
doveva ritenersi certa la presenza del Maiorino anche in altre occasioni, come era
lecito desumere dalle dichiarazioni di numerosi testimoni; circostanza questa che
se non appariva idonea di per sé sola per ritenere la gravità indiziaria per il
Maiorino anche per le vicende di cui al capo A) della rubrica, consentiva di
ritenere il Maiorino consapevole delle attività e dei metodi utilizzati dai suoi
amici.
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fondati.

Il motivo di ricorso è, quindi, infondato perché il tribunale si è uniformato al
dictum della Suprema Corte esibendo una motivazione dalla quale emerge con
chiarezza la gravità indiziaria esistente a carico del Maiorino per l’episodio
estorsivo in discussione.

del 1992, il tribunale ha ritenuto che esaminando le modalità della condotta
doveva ritenersi sussistente l’aggravante contestata sotto il profilo dell’utilizzo
del metodo mafioso.
La richiesta di mettersi a disposizione in occasione delle festività pasquali con la
prospettazione di appartenere a noti gruppi malavitosi ed il connesso
avvertimento che il giorno dopo si sarebbe provveduto al ritiro della somma di
danaro richiesta costituisce una tipica modalità con cui, in determinati contesti
territoriali, viene ad estrinsecarsi il metodo camorristico.
Anche sul punto l’ordinanza impugnata non merita censure sotto il profilo della
legittimità.
Quanto, infine, alla ritenuta sussistenza delle esigenze cautelari, va detto che nel
caso di specie ricorre la presunzione di adeguatezza della misura della custodia
cautelare di cui all’art. 275, comma 3 cod. proc. pen. che non risulta superata
dagli elementi indicati dal ricorrente.
Ed, infatti, il tribunale ha ragionevolmente posto in evidenza che la pur accertata
incensuratezza del Maiorino doveva cedere di fronte alle gravi modalità della
condotta criminosa posta in essere, indicativa di indole prevaricatrice e violenta.
Anche in questo caso la motivazione esibita non merita censure sotto il profilo
della legittimità essendo immune da manifeste illogicità.

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Quanto alla ritenuta sussistenza dell’aggravante di cui all’art. 7 della legge 203

Per le ragioni indicate il ricorso deve essere rigettato ed il ricorrente condannato
a pagare le spese del procedimento.
La Cancelleria è tenuta ad inviare gli avvisi e le comunicazioni di cui all’art. 94

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente a pagare le spese del
procedimento;
Manda alla Cancelleria per l’invio degli avvisi e delle comunicazioni di cui
all’art. 94 delle disposizioni di attuazione del codice di procedura penale.
Così deliberato in Roma in data 5 dicembre 2012

If

IL PRESIDENTE

4ig 1 iere estensore
,

delle disposizioni di attuazione del codice di procedura penale.

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