Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 8804 del 21/11/2013
Penale Sent. Sez. 2 Num. 8804 Anno 2014
Presidente: PRESTIPINO ANTONIO
Relatore: DI MARZIO FABRIZIO
SENTENZA
Sul ricorso proposto da:
VUTO ALDO n. il 31.1.1950
avverso la SENTENZA della CORTE DI APPELLO DI LECCE, sez. distaccata
di TARANTO del 21.5.2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
Udita in pubblica udienza la relazione fatta dal
Consigliere Dott. UGO DE CRESCIENZO
Udito il Procuratore Generale, dr. Carmine Stabile, che ha concluso per l’inammissibilità
del ricorso.
Data Udienza: 21/11/2013
VUTO Aldo ricorre per Cassazione avverso la sentenza 21.5.2012 con la
quale la Corte d’Appello di Taranto, confermando la decisione del Tribunale
della medesima città, lo ha condannato alla pena di mesi cinque di reclusione e 300,00 E di multa per la violazione del delitto di ricettazione.
La difesa chiede l’annullamento della decisione impugnata deducendo:
§1.) violazione dell’art. 495 cpp e violazione dell’art. 648 cp. Nella specie la
difesa lamenta che il reato di cui all’art. 648 cp non è stato derubricato nella
violazione dell’art. 712 cp, essendo mancata qualsiasi indagine relativa allo
elemento psicologico che differenzia l’una dall’altra ipotesi.
RITENUTO IN DIRITTO
Il ricorso è manifestamente infondato.
Va in primo luogo osservato che dopo avere enunciato fra i motivi di doglianza la violazione dell’art. 495 cpp, la difesa del ricorrente non ha esplicitato ragioni di diritto o motivi di fatto a sostegno della denunciata violazione.
In secondo luogo la doglianza relativa alla mancata diversa qualificazione
del fatto ascritto in termini di violazione dell’art. 712 cp è del tutto generico,
traducendosi in semplice reiterazione dell’argomento già dedotto nel giudizio di appello e sul quale la Corte ha reso risposta adeguata, non specificatamente confutata. La Corte territoriale ha desunto la prova del dolo del delitto di ricettazione proprio dal comportamento dell’imputato, sia nella fase
delle indagini di polizia sia in quella successiva, per non avere comunque
mai fornito alcuna indicazione sui tempi e i modi relativi all’acquisto del
telefonino che risultava essere provento del delitto di rapina commesso in
danno dell’originario titolare dell’oggetto.
La motivazione è adeguata, incensurabile nel merito corretta in diritto.
Il ricorso presenta doglianze generiche, reiterative dei motivi di appello,
senza indicazione di specifiche violazioni di legge meritevoli di attenzione
in sede di legittimità.
Il ricorso deve quindi essere dichiarato inammissibile, e il ricorrente va condannato al pagamento delle spese processuali e della somma di € 1.000,00
alla Cassa delle ammende, così equitativamente stabilita la entità della sanzione amministrativa prevista dall’art. 616 cpp, ravvisandosi gli estremi di
responsabilità in quella disposizione enunciati.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di € 1.000,00 alla Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma il 21.11.2013
MOTIVI DELLA DECISIONE