Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 8802 del 20/11/2013


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 8802 Anno 2014
Presidente: CARMENINI SECONDO LIBERO
Relatore: IASILLO ADRIANO

SENTENZA
Sul ricorso proposto dall’Avvocato Sara Fardella, quale difensore di Maffei
Romualdo (n. il 29/07/1986), avverso la sentenza della Corte di Appello di
Milano — I Sezione penale – in data 27/02/2013.
Sentita la relazione della causa fatta, in pubblica udienza, dal Consigliere
Adriano lasillo.
Udita la requisitoria del Sostituto Procuratore Generale, dottor Oscar
Cedrangolo, il quale ha concluso chiedendo l’inammissibilità del ricorso.

OSSERVA:

Data Udienza: 20/11/2013

Con sentenza del 15/06/2007, il G.U.P. del Tribunale di Milano dichiarò
Maffei Romualdo responsabile dei reati di rapina aggravata (capo A), lesioni
volontarie aggravate (capo B) e danneggiamento (capo C) e – concesse le
attenuanti generiche equivalenti alle contestate aggravanti, ritenuta la
continuazione tra i reati di cui ai capi AeBe applicata la riduzione per la
scelta del rito – lo condannò alla pena complessiva di anni 2 e mesi 4 di
reclusione ed € 1.000,00 di multa.

Avverso tale pronunzia l’imputato propose gravame. La Corte d’appello
di Milano, con sentenza del 27/02/2013, dichiarò non doversi procedere nei
confronti del Maffei per il reato sub C perché estinto per intervenuta
prescrizione ed eliminò la relativa pena. Ridusse, poi, la pena inflitta per i
reati di cui ai capi A e B in quella di anni 2 e mesi 2 di reclusione ed € 600,00
di multa. Confermò nel resto la decisione di primo grado.
Ricorre per cassazione il difensore dell’imputato deducendo la
mancanza e illogicità della motivazione in ordine alla condanna del Maffei,
che si fonda su un solo indizio. Sottolinea, inoltre, che il teste Paradiso non
ha riconosciuto tra le foto mostrategli quella relativa, all’imputato. Deduce,
inoltre, la mancanza, contraddittorietà ed erroneità della motivazione in
ordine alla ritenuta sussistenza dell’aggravante di cui all’art. 61 n. 2 del c.p.
per quanto riguarda il reato di lesioni personali. In particolare rileva che la
P.O. sarebbe stata percossa dopo la commissione della rapina per punizione
perché aveva parlato con i Carabinieri che erano passati per caso nella zona
ove era stato consumato il reato di rapina. Il difensore, infine, si lamenta per
la mancanza di motivazione in ordine al diniego di riconoscere la prevalenza
sulle aggravanti contestate delle già concesse attenuanti generiche.
Il difensore del ricorrente conclude, quindi, per l’annullamento
dell’impugnata sentenza.

motivi della decisione

Il ricorso è inammissibile per violazione dell’art. 606, comma 1, cod.
proc. pen., perché propone censure attinenti al merito della decisione
impugnata, congruamente giustificata.

P

2

Infatti, nel momento del controllo di legittimità, la Corte di cassazione
non deve stabilire se la decisione di merito proponga effettivamente la
migliore possibile ricostruzione dei fatti né deve condividerne la
giustificazione, ma deve limitarsi a verificare se questa giustificazione sia,
come nel caso di specie, compatibile con il senso comune e con “i limiti di
una plausibile opinabilità di apprezzamento”, secondo una formula

dep. 10.12.2004 rv 230568; Cass. Sez. 5″ sent. n. 1004 del 30.11.1999 dep.
31.1.2000 rv 215745; Cass., Sez. 2″ sent. n. 2436 del 21.12.1993 dep.
25.2.1994, rv 196955).
Inoltre, il ricorso è inammissibile anche per violazione dell’art. 591
lettera c) in relazione all’art. 581 lettera c) cod. proc. pen., perché le
doglianze (sono le stesse affrontate dalla Corte di appello) sono prive del
necessario contenuto di critica specifica al provvedimento impugnato, le cui
valutazioni, ancorate a precisi dati fattuali trascurati nell’atto di impugnazione,
si palesano peraltro immuni da vizi logici o giuridici. Infatti il Giudice di merito
ha con esaustiva, logica e non contraddittoria motivazione — dopo aver
richiamato la conforme sentenza di primo grado – evidenziato tutte le ragioni
per le quali ritiene la responsabilità del ricorrente per il reato di cui sopra (le
dichiarazioni della P.O. Agambarage, le dichiarazioni del teste Paradiso, gli
accertamenti della P.G. e la presenza dell’imputato — ricavata anche
dall’esame dei tabulati telefonici – nella zona ove è avvenuta l’aggressione e
in orario con essa compatibile). Infine, la Corte di appello affronta tutte le
doglianze — oggi genericamente riproposte — fornendo per ognuna una
corretta ed esaustiva risposta. Innanzi tutto il Giudice di secondo grado
evidenzia tutti gli indizi che gravano sull’imputato, correttamente valutati (si
vedano le pagine 7 e 8 dell’impugnata sentenza); quindi non è esatta
l’affermazione del ricorrente che la condanna si fonda su un solo elemento
indiziario. A tal proposito lo stesso difensore dell’imputato alla pagina 1 del
ricorso scrive: “il Giudice a quo, nel recepire integralmente le motivazioni
della sentenza di primo grado, si contraddice, laddove, dopo aver dichiarato
la sufficienza di un solo elemento indiziario, in realtà si affretta ad elencare
una serie di elementi ulteriori a conferma di tale unico e equivoco indizio
confermandone quindi l’insufficienza ai fini del riconoscimento della penale

giurisprudenziale ricorrente (Cass. Sez. 4″ sent. n. 47891 del 28.09.2004

responsabilità dell’imputato”.

La Corte di merito, poi, ben evidenzia gli

elementi dai quali ricava la sussistenza dei due reati di cui sopra e
dell’aggravante di cui all’art. 61 n. 2 contestata per il delitto di lesioni
personali (si vedano le pagine 6 e 7 dell’impugnata sentenza. Si veda anche
pagina 2 della sentenza di primo grado dove si ricostruisce il fatto; invero non
si deve dimenticare che si è in presenza di una doppia conforme sul punto

motivazione che fornisce la Corte di appello sull’individuazione del Maffei
quale autore dei reati e sul perché il mancato riconoscimento fotografico da
parte della P.O. e del teste Paradiso non rileva sulla decisione di
colpevolezza (si vedano le pagine 7 e 8 dell’impugnata sentenza).
Appare, quindi, evidente che tutte le critiche del ricorrente finiscono per
porsi come valutazioni di merito e, come tali, non esaminabili in questa sede.
Questa Corte ha, infatti, più volte affermato, anche a Sezioni Unite, che
l’indagine di legittimità sul discorso giustificativo della decisione ha un
orizzonte circoscritto, dovendo il sindacato demandato alla corte di
Cassazione essere limitato – per espressa volontà del legislatore – a
riscontrare l’esistenza di un logico apparato argomentativo sui vari punti della
decisione impugnata, senza possibilità di verificare l’adeguatezza delle
argomentazioni di cui il Giudice di merito si è avvalso per sostanziare il suo
convincimento, o la loro rispondenza alle acquisizioni processuali. Esula,
infatti, dai poteri della Corte di Cassazione quello di una “rilettura” degli
elementi di fatto posti a fondamento della decisione, la cui valutazione è, in
via esclusiva, riservata al Giudice di merito, senza che possa integrare il vizio
di legittimità la mera prospettazione di una diversa, e per il ricorrente più
adeguata, valutazione delle risultanze processuali. (Sez. U, Sentenza n.
2110 del 23/11/1995 Ud. – dep. 23/02/1996 – Rv. 203767; Sez. U, Sentenza
n. 16 del 19/06/1996 Cc. – dep. 22/10/1996 Rv. 205621; Sez. U, Sentenza n.
6402 del 30/04/1997 Ud. – dep. 02/07/1997 – Rv. 207945; Sez. 1, Sentenza
n. 2884 del 20/01/2000 Ud. – dep. 09/03/2000 – Rv. 215504; Sez. 1,
Sentenza n. 8738 del 23/01/2003 Ud. – dep. 21/02/2003 – Rv. 223572). A ciò
si aggiunga che l’imputato contrappone, come già rilevato, solo generiche
contestazioni in fatto, che non tengono conto delle argomentazioni della
Corte di appello. In particolare non evidenzia alcuna illogicità o

della ritenuta penale responsabilità del ricorrente). Infine, è incensurabile la

contraddizione nella motivazione della Corte territoriale allorchè conferma la
decisione del Tribunale. In proposito questa Corte Suprema ha più volte
affermato il principio, condiviso dal Collegio, che sono inammissibili i motivi di
ricorso per Cassazione quando manchi l’indicazione della correlazione tra le
ragioni argomentate dalla decisione impugnata e quelle poste a fondamento
dell’atto di impugnazione, che non può ignorare le affermazioni del
provvedimento censurato, senza cadere nel vizio di aspecificità, che

conduce, ex art. 591, comma primo, lett. c), cod. proc. pen. all’inammissibilità
del ricorso (Si veda fra le tante: Sez. 1, sent. n. 39598 del 30.9.2004 dep. 11.10.2004 – rv 230634). Infine, si deve osservare che l’illogicità della
motivazione, come vizio denunciabile, deve essere percepibile ictu oculi,
dovendo il sindacato di legittimità essere limitato a rilievi di macroscopica
evidenza, restando ininfluenti le minime incongruenze (che tra l’altro nel caso
di specie non si ravvisano).
Manifestamente infondata è, infine, la doglianza relativa al giudizio di
comparazione tra le concesse attenuanti e le aggravanti. Infatti, la Corte di
appello ha confermato il giudizio di equivalenza fornendo un’incensurabile
motivazione sul punto (numerosi e allarmanti precedenti penali). Dunque la
Corte territoriale ha valutato, correttamente, i vari elementi fissati dall’articolo
133 del c.p. per giustificare la concessione delle attenuanti generiche
equivalenti alle contestate aggravanti. Questa suprema Corte ha più volte
affermato, in proposito, che ai fini dell’applicabilità delle circostanze
attenuanti generiche (62 bis c.p.) e/o per il giudizio di comparazione di cui
all’art. 69 cod. pen., il Giudice deve riferirsi ai parametri di cui all’art. 133 del
codice penale, ma non è necessario, a tale fine, che li esamini tutti, essendo
sufficiente che specifichi a quale di essi ha inteso fare riferimento. (Si veda
ad esempio Sez. 2, Sentenza n. 2285 del 11/10/2004 Ud. – dep. 25/01/2005
– Rv. 230691).
Ai sensi dell’articolo 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che
dichiara inammissibile il ricorso, l’imputato che lo ha proposto deve essere
condannato al pagamento delle spese del procedimento, nonché —
ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di
inammissibilità — al pagamento a favore della Cassa delle ammende della

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somma di mille euro, così equitativamente fissata in ragione dei motivi

dedotti.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle

Così deliberato in camera di consiglio, il 20/11/2013.

spese processuali e della somma di euro mille alla Cassa delle ammende.

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