Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 8755 del 28/11/2013


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 8755 Anno 2014
Presidente: OLDI PAOLO
Relatore: PISTORELLI LUCA

SENTENZA

sui ricorsi proposti dai difensore di:
Barabaschi Paolo, nato a Piacenza, il 23/9/1958;
Muratore Danila, nata a Sanremo, il 14/3/1961;

avverso la sentenza del 20/12/2011 della Corte d’appello di Genova;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. Luca Pistorelli;
udito il Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore generale Dott. Oscar
Cedrangolo, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso;
udito per la Muratore l’avv. Stefano Colella, che ha insistito per l’accoglimento del
ricorso.

RITENUTO IN FATTO

Data Udienza: 28/11/2013

1.Con sentenza del 20 dicembre 2011 la Corte d’appello di Genova, in parziale riforma
della pronunzia di primo grado, assolveva Barabaschi Paolo da alcuni dei reati di truffa
aggravata – sia consumata che tentata – per il conseguimento di erogazioni pubbliche
e falso contestatigli e dichiarava non procedersi nei confronti del medesimo e di
Muratore Danila per gli ulteriori analoghi reati rispettivamente contestati, rilevandone
l’estinzione per intervenuta prescrizione, con conferma delle relative statuizioni civili
assunte dal Tribunale.

alcuni cittadini (tra cui la Muratore) nei confronti della Regione Liguria e del Comune di
Ventimiglia ai fini del conseguimento, in misura superiore a quanto effettivamente
spettante, dei contributi stanziati dalla I. n. 365/2000 per i costi di ripristino dei fondi
agricoli e degli immobili danneggiati dall’alluvione che aveva colpito nel 2000 il
territorio di Ventimiglia. Truffe la cui realizzazione era avvenuta grazie alla redazione
da parte del Barabaschi di perizie estimative asseveranti l’entità dei danni subiti dai
richiedenti in misura superiore a quella reale poi allegate – così come imposto dalla
summenzionata legge – alle domande di erogazione dei contributi.

2. Avverso la sentenza ricorrono entrambi gli imputati a mezzo dei rispettivi difensori.
2.1 II ricorso del Barabaschi articola due motivi. Con il primo deduce difetto di
motivazione in merito alla prospettata inidoneità intrinseca della perizia preliminare
asseverativa a costituire l’artificio o il raggiro necessario ad integrare il reato di truffa
contestato. Inidoneità conseguente al fatto che la liquidazione del contributo al
richiedente avveniva a saldo sulla base del computo metrico consuntivo e delle
allegate fatture attestanti i costi effettivamente sostenuti. Con il secondo motivo il
ricorrente denuncia invece l’errata applicazione degli artt. 479, 483 e 640 bis c.p.,
atteso che la presunta falsità contestata avrebbe ad oggetto non già fatti di cui le
perizie avrebbero dovuto attestare la verità, bensì mere valutazioni, peraltro formulate
in assenza di computi metrici e comunque destinate a far erogare anticipi sui contributi
che gli enti eroganti, una volta determinati con esattezza i lavori necessari al ripristino
dei beni danneggiati, avrebbero recuperato al momento del consuntivo, con la
conseguenza che la condotta in concreto incriminate3 era invero inidonea a ledere il
bene protetto dalla norma incriminatrice.
2.2 Con il ricorso della Muratore si lamenta invece la mancata assunzione di una prova
decisiva e correlati vizi motivazionali della sentenza impugnata. La doglianza concerne
la prova testimoniale immotivatamente non ammessa dal Tribunale e finalizzata a
dimostrare come, contrariamente a quanto ritenuto dai giudici di merito,
effettivamente fosse esistito il rivestimento di piastrelle della scala per il cui ripristino
era stata proposta la domanda di erogazione dei contributi, circostanza all’evidenza

La vicenda per cui è processo riguarda le presunte truffe consumate o tentate da

decisiva secondo la ricorrente, atteso che proprio l’asserita inesistenza originaria di
tale rivestimento costituirebbe l’oggetto delle contestazioni mosse all’imputata.
3. Con memoria depositata il 6 novembre 2013 il difensore della Regione Liguria,
costituitasi parte civile, rileva l’inammissibilità di entrambi i motivi del ricorso del
Barabaschi, in quanto tesi sostanzialmente a sollecitare una mera rivisitazione del
merito della decisione impugnata.

1.11 ricorso del Barabaschi è infondato e per certi versi inammissibile.
1.1 In primo luogo deve osservarsi, in via generale, come la possibilità per l’ente
erogatore di verificare in consuntivo l’effettiva entità dei lavori svolti non sia di per sé
circostanza ostativa alla configurabilità dei reati contestati all’imputato, tanto più nel
caso di specie dove i controlli venivano eseguiti, come ricordato nella sentenza
impugnata, a campione e per sorteggio.
1.2 Ma anche a prescindere da ciò, deve innanzi tutto evidenziarsi come in molti dei
casi la contestazione non abbia riguardato la falsa rappresentazione dell’entità dei
lavori effettivamente necessari per il ripristino dei beni alluvionati, bensì la
riconducibilità – in tutto o in parte – dei danni denunciati alla calamità naturale. In altri
termini, in tutti questi casi non è in dubbio che il bene potesse necessitare di un
intervento, bensì che tale necessità fosse stata determinata dall’alluvione. Pertanto è
del tutto irrilevante che l’entità dei contribuiti liquidati a consuntivo (o anche solo
richiesti) corrispondesse a quella dei costi effettivamente sostenuti per eseguire i
lavori, ancorchè comprovati dalle fatture rilasciate dalle ditte incaricate della loro
esecuzione, atteso che la condanna è intervenuta per la falsa attestazione della
situazione di fatto da cui scaturiva il diritto stesso di accesso ai suddetti contributi e
cioè che i danni riparati fossero stati per l’appunto causati dall’alluvione. E negli stessi
casi è del tutto irrilevante, dunque, sia che la perizia sia stata effettuata in assenza di
computi metrici, sia che l’entità del danno asseverato fosse frutto di mere valutazioni.
1.3 Quantomeno con riguardo alle menzionate ipotesi deve dunque ritenersi corretta la
qualificazione giuridica attribuita dalla Corte territoriale ai fatti per come contestati,
rimanendo dunque irrilevante (atteso che in sostanza quello che viene additato dal
ricorrente è un error in iudicando in iure) che il profilo eccepito con i motivi d’appello,
in quanto infondato, non sia stato specificamente affrontato nella motivazione. Deve
sbr
infatti ricordarsiTh vizio di motivazione denunciabile nel giudizio di legittimità è solo
quello attinente alle questioni di fatto e non anche di diritto, giacché ove queste
ultime, anche se in maniera immotivata o contraddittoriamente od illogicamente
motivata, siano comunque esattamente risolte, non può sussistere ragione alcuna di

CONSIDERATO IN DIRITTO

doglianza (Sez. 2, n. 19696 del 20 maggio 2010, Maugeri e altri, Rv. 247123; Sez.
Un., n. 155/12 del 29 settembre 2011, Rossi e altri, in motivazione).
1.4 Per il resto, come accennato, le doglianze del ricorrente sono inammissibili, atteso
che era suo compito, pena la genericità del ricorso, precisare in riferimento a quali dei
fatti in contestazione si fosse verificata una sovrastima iniziale del costo dei lavori di
ripristino emendabile in sede di consuntivo, rilevandosi peraltro che – per come
emerge dal testo della sentenza e pervero anche dallo stesso ricorso – vennero

falsamente asseverata, circostanza di per sé sufficiente a determinare un danno agli
enti erogatori, a prescindere dalla possibilità di effettuare compensazioni in riduzione
in sede di consuntivo, ed un profitto ai percettori dei medesimi, la cui eventuale
precarietà risulta parimenti irrilevante (il che consente di evidenziare la manifesta
infondatezza delle obiezioni concernenti la presunta inoffensività della condotte
contestate). Nè le censure sollevate in merito alla natura meramente valutativa ed
approssimativa delle perizie incriminate possono sortire miglior esito, atteso che,
dietro il paravento della presunta erronea applicazione della legge penale, quello che
effettivamente il ricorrente sollecita è una rivisitazione del compendio probatorio
finalizzata ad escludere la consapevolezza in capo all’imputato della falsità dei dati
asseverati. Rivisitazione invero preclusa al giudice di legittimità in presenza di
esauriente e non manifestamente illogica motivazione della sentenza impugnata sul
punto.

2. Il ricorso della Muratore è invece inammissibile.
Sotto un primo profilo va richiamato il principio a tenore del quale il giudice di appello
ha l’obbligo di motivare espressamente sulla richiesta di rinnovazione del dibattimento
solo nel caso di suo accoglimento, mentre, qualora ritenga di respingerla, può anche
motivarne implicitamente il rigetto, evidenziando la sussistenza di elementi sufficienti
ad affermare o negare la responsabilità del reo, come avvenuto nel caso di specie
(Sez. 3 n. 24294 del 7 aprile 2010, D.S.B., rv 247872; Sez. 6 n. 5782/07 del 18
dicembre 2006, Gagliano, rv 236064).
Sotto un secondo profilo vale, altresì, ricordare che l’integrazione istruttoria in grado di
appello ha carattere eccezionale e può essere disposta soltanto quando il giudice non
possa decidere allo stato degli atti; il che si traduce nella necessità che la prova offerta
sia decisiva, cioè idonea ad eliminare ogni incertezza o ad inficiare il valore probatorio
di ogni altra risultanza di segno contrario (Sez. 3 n. 35372 del 23 maggio 2007,
Panozzo, rv 237410; Sez. 3 n. 21687 del 7 aprile 2004, Modi, rv 228920). Nel caso di
cui ci si occupa il ricorrente, nel denunciare la mancata assunzione di prove
testimoniali non spiega per quale via l’incombente avrebbe potuto influire in modo
decisivo sull’esito del processo, né pervero fornisce alcuna indicazione su quali

comunque liquidati degli acconti computati in percentuale sulla previsione di spesa

sarebbero le specifiche testimonianze di cui si lamenta la mancata assunzione, né su
quali sarebbero le altrettanto specifiche circostanze su cui ognuno dei testi avrebbe
dovuto deporre, particolari la cui omissione rende improponibile qualsiasi valutazione
sull’effettiva decisività delle singole prove, rivelando altresì la genericità del ricorso.
Quanto poi al mancato accoglimento delle istanze probatorie avanzate con memoria
nel corso del dibattimento dì primo grado, non solo la doglianza è altrettanto generica
non avendo il ricorrente specificato nemmeno a quale memoria si riferisca, ma non

“versioni” dell’atto d’appello proposto nell’interesse della Muratore).
Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue ai sensi dell’art. 616 c.p.p la
condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della
somma, ritenuta congrua, dì euro mille alla cassa delle ammende.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso di Barabaschi Paolo e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali.
Dichiara inammissibile il ricorso di Muratori Danila e condanna la ricorrente al
pagamento delle spese processuali e della somma di euro mille in favore della Cassa
delle Ammende.
Così deciso il 28/11/2013

aveva costituito motivo di censura con il gravame di merito (in alcuna delle due

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