Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 8753 del 22/11/2013


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 8753 Anno 2014
Presidente: BEVERE ANTONIO
Relatore: VESSICHELLI MARIA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
TURCO FRANCESCO N. IL 21/08/1944
avverso la sentenza n. 98/2010 CORTE APPELLO di LECCE, del
02/05/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 22/11/2013 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. MARIA VESSICHELLI
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. 4
che ha concluso per

Udito, per la parte civile, l’Avv
Uditi difensor Avv.

Data Udienza: 22/11/2013

a
J

FATTO E DIRITTO

Deduce
1) il vizio di motivazione in relazione all’articolo 192 c.p.p., relativamente all’imputazione
di lesioni.
Appare, a suo avviso, del tutto lacunosa l’affermazione del giudice dell’appello secondo
cui le dichiarazioni della teste Carlucci- che aveva negato qualsivoglia intento delittuoso
da parte dell’imputato, costretto a difendersi dall’aggressione della persona offesadovrebbero essere reputate inattendibili.
Oltre a ciò, avrebbe dovuto essere esclusa l’aggravante dell’articolo 585 cp e dichiarato
il non doversi procedere per remissione di querela, perché il coltello rinvenuto
nell’abitazione del Turco non aveva la qualità di strumento atto ad offendere e
comunque perché le attenuanti generiche avrebbero dovuto essere concesse nella
forma prevalente sull’ aggravante;
2) lo stesso vizio, con riferimento alla contravvenzione.
Era rimasto accertato che i fatti si erano verificati nell’abitazione dell’imputato, sotto la
veranda esterna prevista per il ricovero dell’automobile: una pertinenza dell’abitazione
ai sensi dell’articolo 817 c.c., ma non luogo aperto al pubblico, non ricorrendo il
requisito-previsto solo in relazione a quest’ultimo- della impossibilità, per il titolare, di
ricorrere allo ius excludendi alios (Cass. sent. n. 585 del 1995).
Per tale ragione sarebbe non configurabile anche la contravvenzione di cui all’artico’
699 c.p., pure concepita per casi di porto in luoghi privati, diversi però dalla dimora
dell’agente e dalle sue appartenenze (Cass. sent. n. 850 del 28 giugno 1995).
Diversamente, l’affermazione della Corte territoriale, secondo cui quel luogo era
quantomeno aperto al pubblico, sarebbe destituito di fondamento e comunque di
motivazione;
3) il vizio di motivazione con riferimento al reato di minacce gravi.
Non risulterebbero, infatti, prove per affermare la gravità del male minacciato, sicché
avrebbe dovuto essere dichiarato, anche tale reato, improcedibile per remissione di
querela;
4) il vizio di motivazione in ordine al diniego delle circostanze attenuanti generiche, pur in
presenza del riconoscimento della sospensione condizionale della pena e
dell’intervenuta remissione di querela.
Sostiene infine il Turco che avrebbe dovuto essere convertita, la pena, ai sensi della
legge n. 389 del 1981.

1

Propone, personalmente, ricorso per cassazione, Turco Francesco avverso la sentenza della
Corte d’appello di Lecce, in data 2 maggio 2012, con la quale è stata confermata quella di
primo grado, di condanna in ordine ai delitti di lesioni personali volontarie e minacce gravi, in
danno di Paciullo Giovanni, nonché alla contravvenzione di porto abusivo di coltello, commessi
il 7 agosto 2007.

Manifestamente infondata è, del resto, l’affermazione del impugnante secondo cui il reato di
lesioni dovrebbe essere riconosciuto procedibile a querela di parte, tenuto conto che la
circostanza aggravante di cui all’articolo 585 c.p. p., che lo rende procedibile d’ufficio, risulta
provata in ragione del rinvenimento dello strumento atto ad offendere (lama di 16 centimetri)
con il quale le lesioni sono state inferte e considerato altresì che il bilanciamento di detta
circostanza aggravante con altra attenuante (peraltro inesistente) è evenienza che non
varebbe ad incidere minimamente, secondo la costante giurisprudenza, sulla procedibilità del
reato.
Per quanto poi concerne la contravvenzione, il motivo di impugnazione, pure formulato in
diritto, non si attiene al presupposto di fatto accertato in sentenza: e cioè quello per cui il
coltello di cui all’imputazione, pur custodito nell’automobile dell’imputato, parcheggiata quindi
in luogo presuntivamente appartenente alla sua abitazione , era stato estratto da questa e
utilizzato per l’aggressione al vicino di casa, il quale si trovava al di fuori dell’abitazione dell’imputato medesimo.

Il ricorso è inammissibile perché, con i motivi di impugnazione, il Turco ripropone questioni già
risolte in maniera del tutto corretta dalla Corte territoriale, con una motivazione che non
risulta aggredita con le specificazioni richieste dall’articolo 581 c.p. p.
Il tema della sufficienza ( o meno) del materiale probatorio, individuato dai giudici nelle
dichiarazioni – valutate come puntuali e credibili – della persona offesa, nonché negli elementi
di riscontro a questa, tratti dal certificato medico versato in atti e dal racconto fatto dal
maresciallo dei Carabinieri intervenuto nell’immediatezza del reato, ha trovato esaustiva
soluzione nella motivazione, all’interno della quale risulta formulato anche un giudizio di
inattendibilità delle dichiarazioni dell’altra teste, Carlucci, non meritevole di censura ad opera
del giudice della legittimità.
Risulta, infatti, razionale e plausibile la valutazione operata, al riguardo, dal giudice
dell’appello, alla stregua dei criteri di cui all’articolo 500 commi uno e due c.p.p., mentre, le
opposte considerazioni formulate nei motivi di ricorso, non sono apprezzabili perché mirano a
sollecitare alla Corte di cassazione una valutazione del risultato di prova, ad essa sottratto.

Versata in fatto e comunque del tutto generica è, poi, l’affermazione dell’imputato a proposito N-.
della natura non grave delle minacce, tenuto conto che tale aggravante, addebitata alla luce
del fatto che si è trattato di minacce di morte, è stata ritenuta dal primo giudice ed era stata
contestata, già con i motivi di appello, in modo del tutto generico e quindi, già in quella sede,
inammissibile.
In ordine al quarto motivo, va rilevato che la sentenza contiene la puntuale argomentazione a
sostegno della decisione di non concedere le circostanze attenuanti generiche, essendosi
effettuato il necessario bilanciamento fra elementi favorevoli ( lo stato di incensuratezza) e
quelli di segno negativo emersi nel corso del processo ( modalità e motivi futili della azione) ed
essendo stata fornita una plausibile motivazione in ordine alla ritenuta prevalenza di questi
ultimi.
A tale completo giudizio , la parte oppone un presunto difetto di motivazione , che deriverebbe
dal riconoscimento della sospensione condizionale della pena e dalla mancata valutazione della
intervenuta remissione di querela: evenienze, come è evidente, del tutto irrilevanti con
riferimento all’art. 133 cp, tenuto conto che il primo istituto attiene alla prognosi di recidivanza
nel futuro e il secondo , ad una determinazione che può essere di natura meramente
strategica, non avendo avuto alcuna incidenza sulla decisione.

2

La richiesta di conversione della pena, d’altra parte, ha trovato risposta negativa da parte del
giudice dell’appello, non contestata in ricorso.
La inammissibilità del ricorso impedisce di ritenere che questo sia valso ad instaurare un
valido rapporto processuale dopo la sentenza di appello con la conseguenza il termine della
prescrizione per la contravvenzione non ha continuato a decorrere anche dopo tale sentenza.
Alla inammissibilità consegue, ex art. 616 cpp, la condanna del ricorrente al versamento, in
favore della cassa delle ammende, di una somma che appare equo determinare in euro 1000.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del
procedimento ed a versare alla cassa delle ammende la somma di euro 1000.
Così deciso in Roma il 22 novembre 2013

il Cons. est.

PQM

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