Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 8748 del 22/11/2013


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 8748 Anno 2014
Presidente: BEVERE ANTONIO
Relatore: VESSICHELLI MARIA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
CONTE GIUSEPPE N. IL 13/08/1957
CONTE SALVATORE STEFANO N. IL 08/11/1960
avverso la sentenza n. 1478/2005 CORTE APPELLO di TRIESTE, del
09/11/2011
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 22/11/2013 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. MARIA VESSICHELLI
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. 21
che ha concluso per

Udito, per la parte civile, l’Avv
Udit i difensor Avv.

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Data Udienza: 22/11/2013

Con ricorso presentato il 29 marzo 2012, il difensore di Conte Giuseppe e Conte Salvatore
Stefano ha impugnato la sentenza della Corte d’appello di Trieste, in data 9 novembre 2011,
(depositata tempestivamente il 22 novembre 2011), con la quale è stata confermata quella di
primo grado, emessa all’esito di giudizio abbreviato, il 5 maggio 2005.
Quest’ultima era stata di condanna, in ordine al reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale,
concernente il fallimento della MGGD S.r.l., dichiarato con sentenza del 14-19 giugno 2001.
Ad entrambi gli imputati è stata contestata anche la circostanza aggravante della pluralità dei
fatti di bancarotta, bilanciata, in termini di equivalenza, con le attenuanti generiche, nei
confronti del solo Conte Salvatore Stefano, mentre al coimputato non sono state concesse le
dette circostanze attenuanti.
Agli imputati è stato addebitato di avere, quali responsabili, a diverso titolo, della società Alpha
Arredo S.r.l., concorso con Merlino Gianfranco, Presidente del Consiglio di Amministrazione
della MGGD, nella distrazione, a danno dei creditori di quest’ultima, di una serie di beni e diritti
ceduti alla prima società, con la conseguenza che la società MGGD, già in stato di insolvenza,
veniva così privata del proprio patrimonio, in assenza di corrispettivo, e gravata di ulteriori
obbligazioni, assunte in contrasto con le logiche del mercato.
In particolare veniva ceduto alla predetta Alpha Arredo, con clausole e penali gravemente
pregiudizievoli per la MGGD, il diritto di esclusiva commercializzazione dei beni prodotti dalla
società fallenda , a due importanti distributori; veniva, altresì, data in affitto l’intera azienda
della stessa società, nonché effettuata un’operazione di vendita delle rimanenze di magazzino,
priva di logica commerciale.
Deduce il difensore
1) il vizio di motivazione in ordine al dolo del reato.
Tutte le operazioni contestate nel capo d’imputazione erano, in realtà, null’altro che la
espressione della volontà, degli imputati, di tentare di salvare la società che era già in
gravissime condizioni economiche, essendo oberata da 3 miliardi di debiti e trovandosi
in condizioni prossime a procedure esecutive che l’avrebbero comunque paralizzata.
Tale realtà era testimoniata in primo luogo del fatto che tutte le operazioni contestate
erano state eseguite alla luce del sole, con regolari rogiti notarili e, altresì, dal fatto
che, se la logica fosse stata quella di depauperare e di far fallire la società, non vi
avrebbe fatto ingresso Conte Giuseppe quale socio di maggioranza, così esponendosi
alla responsabilità penale.
Pertanto, le alienazioni dei beni erano effettivamente avvenute al 50% del valore, ma
ad un prezzo assolutamente corrispondente alle capacità economiche e imprenditoriali
della società;
2) la erronea applicazione degli articoli 62 bis e 69 c.p.;
3) la inosservanza dell’articolo 81c.p., per avere, i giudici dell’appello, negato a Conte
Giuseppe, l’unicità del disegno criminoso con altro fatto di bancarotta, per un fallimento
dichiarato nel giugno del 2003, addebitatogli quale socio di maggioranza della Quality
Office S.r.l.
I ricorsi sono inammissibili per tardività.
La sentenza impugnata è stata pronunciata il 9 novembre 2011, nei confronti di soggetti che,
nel procedimento di appello contro sentenza emessa all’esito di giudizio abbreviato , non erano
comparsi ed avevano diritto alla notifica dell’estratto contumaciale.

FATTO E DIRITTO

PQM
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna ciascun ricorrente al pagamento delle spese del
procedimento ed a versare alla cassa delle ammende la somma di euro 1000.
Così deciso in Roma il 22 novembre 2013

il Cons. est.

E’ stata depositata nei termini di legge e pertanto il termine per impugnarla era di trenta
giorni, decorrente, per il difensore, dallo scadere dei 15 giorni previsti per il deposito e, per gli
imputati, dalla notifica dell’estratto di pertinenza. Il tutto, secondo la nota regola della fruibilità
del termine più favorevole, tra quello spettante al difensore e quello previsto per l’imputato.
Ebbene, l’ estratto contumaciale risulta notificato, unitamente all’avviso di deposito, in data 31
dicembre 2011 a Conte Giuseppe e in data 16 dicembre 2011 a Conte Salvatore Stefano.
Per tutte le predette ragioni, il termine per impugnare scadeva, nei riguardi del difensore, il 24
dicembre 2011; nei riguardi di Conte Giuseppe, il 30 gennaio 2012; infine, nei riguardi di
Conte Salvatore, il 15 gennaio 2012.
Risulta, invece, che il ricorso per cassazione è stato presentato, dal difensore di entrambi gli
imputati, il 29 marzo 2012 e dunque ben oltre lo scadere del più favorevole dei predetti
termini, avendo oltretutto il difensore premesso, nel ricorso medesimo, di non conoscere il
termine di avvenuta notifica dell’estratto contumaciale della sentenza agli imputati: una
circostanza evidentemente irrilevante se si considera che lo stesso legale , oltre a non avere
tenuto conto del termine previsto in relazione alla sua specifica posizione nel processo, ha
confidato, con ogni probabilità, nel termine più favorevole riconosciuto ai propri assistiti, senza
tuttavia verificarne- secondo legge- la consistenza.
Alla inammissibilità consegue, ex art. 616 cpp, la condanna di ciascun ricorrente al
versamento, in favore della cassa delle ammende, di una somma che appare equo determinare
in euro 1000.

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