Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 8745 del 16/11/2012


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 8745 Anno 2013
Presidente: ESPOSITO ANTONIO
Relatore: VERGA GIOVANNA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
1) GAROFANO EGIDIO SALVATORE N. IL 24/04/1968
avverso l’ordinanza n. 9/2012 TRIB. LIBERTA’ di COSENZA, del
26/03/2012
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. GIOVANNA VERGA;
lette/sentite le conclusioni del PG Dott. i24
• cl-zr

Uditi difensor Avv.;

Data Udienza: 16/11/2012

MOTIVI DELLA DECISIONE
Con ordinanza in data 26 marzo 2012 il Tribunale del riesame di Cosenza, in parziale
accoglimento dell’istanza di riesame avanzata da Garofano Egidio Salvatore, in qualità
di legale rappresentante della Affitalia Outdoor srl, avverso il decreto di convalida di
sequestro emesso dal pubblico ministero del tribunale di Cosenza in data 15 dicembre
2011, avente ad oggetto gli impianti pubblicitari di proprietà della Affitalia Outdoor srl,
d.p.r. numero 380/01, confermando nel resto il provvedimento impugnato.
Riteneva il tribunale sussistente il fumus in ordine alla contestato reato di cui
all’articolo 633 codice penale.
Ricorre per cassazione, a mezzo del suo difensore Garofano Egidio deducendo che il
provvedimento impugnato è incorso in violazione degli articoli 25 costituzione e 1
codice penale, 9 legge numero 689/81; 23 commi 13 quater e 13 quater decreto
legislativo numero 285/92 (codice della strada) 24 decreto legislativo numero 507/93.
Sostiene il ricorrente che l’attività di installazione di cartelloni pubblicitari è
attualmente disciplinata dal decreto legislativo numero 507/93 che prevede
esclusivamente sanzioni amministrative pecuniarie ed accessorie in caso di
inosservanza delle disposizioni in esse contenute. Allo stesso modo l’articolo 23 del
codice stradale attribuisce all’ente proprietario delle strade il potere di rilasciare
l’autorizzazione all’installazione dei cartelli pubblicitari in presenza di determinate
condizioni e che anche in questo caso la violazione della norma prevede una sanzione
amministrativa.
Ritiene pertanto che la materia è disciplinata da disposizioni speciali e contesta
l’affermazione del tribunale del riesame che ha escluso che il principio di specialità
impedisca l’applicazione con riferimento all’articolo 633 codice penale in
considerazione della diversa obiettività giuridica delle norme richiamate. Secondo il
ricorrente l’affermazione si scontra con il disposto dell’articolo 9 legge numero 689/81
che disciplina il concorso fra fattispecie penale e violazioni amministrative e con la
pacifica interpretazione giurisprudenziale della norma. Richiama sul punto la sentenza
delle Sezioni Unite del 28/10/2010 numero 1963. Sottolinea l’esistenza di un concorso
apparente tra la fattispecie incriminatrice di cui all’art. 633 e le violazioni
amministrative di cui all’articolo 24 decreto legislativo numero 507/93 e 23 del codice
della strada, concorso che deve essere risolto nel senso dell’applicabilità della sola
sanzione amministrativa per la ragione che l’illecito amministrativo presenta carattere
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revocava il provvedimento impugnato limitatamente all’ipotesi di cui all’articolo 44 del

di specialità rispetto a quello penale. A tale proposito sottolinea che l’articolo 633
sanziona la condotta di chi invade arbitrariamente terreni o edifici altrui, pubblici o
privati e rileva che, ammesso che la collocazione di un cartello pubblicitario sul suolo
demaniale di proprietà di un ente realizzi la fattispecie incriminatrice dell’articolo 633
codice penale, rimane il fatto che l’installazione dei cartelli pubblicitari senza
autorizzazione dell’ente proprietario della strada costituisce illecito amministrativo
previsto e sanzionato dai richiamati articoli 23 codice stradale e 24 decreto legislativo
volte il medesimo illecito ma verrebbero completamente disapplicate , meglio
rimarrebbero lettera morta, sia la disposizione contenuta nell’articolo 23 comma 13
quater uno del codice della strada, sia la disposizione contenuta nell’articolo 24
decreto legislativo numero 507/93.
Il ricorso è infondato alla luce delle considerazioni di seguito espresse.
E’ vero, come riconosciuto dalle Sezioni unite di questa Corte con la sentenza
28/10/2010 numero 1963, richiamata dal ricorrente, che il concorso di norme tra
fattispecie penali e violazioni amministrative (e quello tra norme che prevedono
violazioni amministrative) è disciplinato dall’art. 9 della legge 24 novembre 1981, n.
689, in base al quale se uno “stesso fatto” è punito da una disposizione penale e da
una disposizione che prevede una sanzione amministrativa si applica la disposizione
speciale.
E’ stato però sottolineato che con l’espressione “stesso fatto”, anziché “stessa
materia” (art. 15 cod. pen) il legislatore non ha inteso fare riferimento alla specialità
in concreto dovendosi al contrario ritenere che il richiamo sia stato fatto alla
fattispecie tipica prevista dalle norme che vengono in considerazione proprio per
evitare quella genericità che caratterizza l’art. 15 cod. pen. con il riferimento alla
materia. Nel caso di concorso tra fattispecie penali e violazioni di natura
amministrativa il confronto deve avvenire tra le fattispecie tipiche astratte e non tra le
fattispecie concrete. Il che, del resto, è confermato dal tenore dell’art. 9 che, facendo
riferimento al “fatto punito”, non può che riferirsi a quello astrattamente previsto
come illecito dalla norma e non certo al fatto naturalisticamente inteso. Orientamento
condiviso anche dalla Corte costituzionale che, nella sentenza 3 aprile 1987, n. 97 pronunziata proprio sul tema del concorso tra fattispecie di reato e violazione di
natura amministrativa e con riferimento alla disciplina prevista dall’art. 9, comma
primo legge n. 689 del 1981 – ha osservato che per risolvere il problema del concorso

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citato. Evidenzia che diversamente opinando non solo si finirebbe per sanzionare due

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apparente “vanno confrontate le astratte, tipiche fattispecie che, almeno a prima
vista, sembrano convergere su di un fatto naturalisticamente inteso”.
Fatte queste premesse si osserva che, per risolvere il caso sottoposto all’esame
occorre preliminarmente esaminare la struttura del. reato e della violazione
amministrativa del cui concorso si discute. Il problema del concorso apparente
richiede infatti la previa verifica dell’esistenza di un’area, comune e sovrapponibile, tra
le condotte descritte nelle norme concorrenti; diversamente, se le condotte tipiche
tratterebbe di una mera “interferenza” che può verificarsi, per esempio, nei casi in cui
non si è in presenza di un medesimo fatto ma soltanto di una comune condotta.
L’art. 633 cod. pen. punisce chi invade arbitrariamente terreni o edifici altrui al fine di
occuparli o di trarne altrimenti profitto. L’art. 23 co 1 Codice della Strada fa divieto di
collocare lungo le strade o in vista di esse insegne, cartelli, manifesti, impianti di
pubblicità propaganda

che per dimensioni, forma, colori, disegno e ubicazione

possono ingenerare confusione con la segnaletica stradale, ovvero possono renderne
difficile la comprensione o ridurre la visibilità o l’efficacia, ovvero arrecare disturbo
visivo agli utenti della strada o distrarne l’attenzione con conseguente pericolo per la
sicurezza della circolazione.
L’art. 24 D. Lgs n. 507/1993 stabilisce che il Comune è tenuto a vigilare sulla corretta
osservanza delle disposizioni legislative e regolamentari riguardante l’effettuazione
delle pubblicità.
La verifica che va compiuta è dunque quella rivolta ad accertare se una delle condotte
descritte dalla norma del codice penale sia sovrapponibile alla condotta di chi colloca
cartelli, insegne di esercizio o altri mezzi pubblicitari privi di autorizzazione o
ititioAraa
comunque in contrasto con quanto disposto dal comma 1Yeodice della Strada.
Questa verifica consente di affermare che le condotte descritte nell’art. 633 cod. pen.

fossero diverse, neppure si porrebbe il problema di cui ci stiamo occupando perché si

nulla hanno a che vedere da un punto di vista oggettivo e soggettivo con la
circolazione stradale e con il controllo sulle pubbliche affissioni e che quindi fra le
diverse fattispecie non vi è un rapporto di specialità. L’art. 633 c.p. richiede una
condotta di invasione e in capo all’agente l’esistenza del dolo specifico. Trattandosi di
fattispecie contraddistinta da illeicità speciale in relazione all’interesse pubblico
tutelato, concretantesi nella inviolabilità del patrimonio immobiliare, occorrono non
soltanto la coscienza e volontà di invadere l’altrui bene, ma anche il fine di occupare
l’immobile o di trarne profitto. La disposizione amministrativa di cui al decreto
legislativo numero 507/93 si limita a disciplinare l’assetto di pianificazione del
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territorio e quella contenuta nel codice della strada punisce chi colloca cartelli
pubblicitari che possono costituire pericolo per sicurezza della circolazione stradale.
Correttamente pertanto il Tribunale del riesame ha ritenuto non applicabile l’invocato
principio di specialità e ha ritenuto giustificato il sequestro dei cartelloni pubblicitari
Il ricorso deve essere respinto e il ricorrente condannato al pagamento delle spese
processuali.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
Così deliberato in Roma il 16.11.2012

e processuali.

P.Q.M.

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