Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 8739 del 06/11/2013


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 8739 Anno 2014
Presidente: FERRUA GIULIANA
Relatore: OLDI PAOLO

SENTENZA

sul ricorso proposto da
Casula Giovanni, nato a San Vito il 18/12/1954

avverso la sentenza del 31/10/2012 della Corte di appello di Cagliari

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Paolo Oldi;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale
Gioacchino Izzo, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza in data 31 ottobre 2012 la Corte d’Appello di Cagliari,
confermando la decisione assunta dal locale Tribunale, ha riconosciuto Giovanni
Casula responsabile dei reati di cui agli artt. 594, 612 e 660 cod. pen. ai danni di
Luisella Pani, unificati dal vincolo della continuazione; ha quindi tenuto ferma la
sua condanna alla pena di legge.
1.1. Le prove dei commessi reati sono state ravvisate nelle dichiarazioni

Data Udienza: 06/11/2013

i

della persona offesa, ritenute attendibili sebbene rese da persona affetta da
patologie incidenti anche sulla sfera mentale, e nella deposizione testimoniale di
Francesco Carta, i cui precedenti penali non sono stati giudicati dimostrativi della
insincerità del teste; delle deposizioni rese dalle testi Marisa Murrutzu e Rosalba
Carta, indotte dalla difesa, si è ritenuta l’irrilevanza.

2. Ha proposto ricorso per cassazione l’imputato, per il tramite del difensore,
affidandolo a tre motivi.

persona offesa, alla luce delle di lei condizioni psichiche attestate da documentazione prodotta già in prime cure; lamenta che i giudici di merito si siano
ritenuti in grado di valutare la genuinità del narrato della Pani, sulla base delle
proprie cognizioni personali, senza ricorrere ad una perizia psichiatrica: e ciò
malgrado in un recente processo si fosse esclusa l’attendibilità della stessa Pani,
a motivo della sua tendenza a interpretare gli accadimenti in modo difforme dalla
realtà.
2.2. Col secondo motivo il Casula ripropone le proprie contestazioni circa
l’attendibilità del teste Francesco Carta a motivo dei precedenti penali per truffa
e millantato credito, che assume dimostrativi della sua propensione al mendacio;
nega che la deposizione di costui abbia riscontrato la versione della Pani,
adducendo la sussistenza di discordanze rimaste irrisolte.
2.3. Col terzo motivo si duole che sia stato attribuito alla difesa quel
travisamento delle prove a discarico che aveva, invece, inficiato la valutazione
del primo giudice.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è inammissibile per le ragioni di seguito esposte.
1.1. Il giudizio di attendibilità della deposizione della persona offesa, ad onta
delle sue modestissime condizioni culturali e delle patologie diagnosticate come
«disturbo depressivo maggiore e disturbo dell’umore NAS», è stato
adeguatamente ed esaurientemente motivato dalla Corte di merito: la quale, in
ottemperanza a un principio più volte scandito dalla giurisprudenza di legittimità
(Sez. 3, n. 34110 del 27/04/2006, Valdo Iosi, Rv. 234647; Sez. 1, n. 46954 del
04/11/2004, Palmisani, Rv. 230590; Sez. 6, n. 33162 del 03/06/2004, Patella,
Rv. 229755), ha riconosciuto la credibilità del narrato della Pani solo dopo averlo
sottoposto ad un attento vaglio e averne rilevato la precisione, la coerenza e la
lucidità.
Il giudice di appello ha mostrato, altresì, di tener conto della contraria A

2

M/

2.1. Col primo motivo il ricorrente insiste nel contestare l’attendibilità della

valutazione espressa dalla stessa Corte d’Appello di Cagliari in un separato
giudizio, svoltosi a carico del Casula per altro reato; e ha giustificato la
divaricazione osservando che nel presente processo, a differenza di quello
precedente, non appena raggiunta da domande riguardanti l’episodio in
contestazione la Pani aveva orientato senza difficoltà la sua attenzione sugli
avvenimenti

sub iudice,

descrivendo in modo chiaro l’antefatto, i propri

movimenti, il comportamento ingiurioso e minaccioso tenuto dal marito al suo
ritorno, le persone presenti, il ruolo del teste Carta, i molesti scampanellii

caso problematiche attinenti a situazioni deliranti, a dispercezioni della realtà o
ad affermazioni assurde e rivelatrici di una possibile incapacità di natura
patologica a riferire sui fatti in modo veritiero.
Le argomentazioni come sopra sintetizzate soddisfano ampiamente l’obbligo
di motivazione e danno conto della superfluità di qualsiasi accertamento peritale
sullo stato mentale della Pani; onde il giudizio di attendibilità così espresso si
sottrae a sindacato in sede di legittimità (Sez. 3, n. 8382 del 22/01/2008,
Finazzo, Rv. 239342).
1.2. Analogamente è a dirsi della valutazione, parimenti positiva, formulata
dalla Corte d’Appello in ordine all’attendibilità del teste Francesco Carta: con
logica ineccepibile ha ritenuto quel collegio che l’avere costui subito nel passato
delle condanne per truffa, con riferimento alla sua attività imprenditoriale, non
infirmasse la credibilità delle dichiarazioni da lui rese su episodi – estranei ad
ogni interesse patrimoniale – nei quali era stato solo indirettamente coinvolto.
Quanto alla denuncia di contraddittorietà della deposizione, rispetto a quella
resa dalla persona offesa, ne va rilevato il carattere aspecifico; il deducente,
invero, non precisa in che cosa consistano le pretese difformità, limitandosi a
rinviare per relationem ad un verbale d’udienza, al cui esame questa Corte non
può accedere nei modi esplorativi suggeriti dalla genericità dell’indicazione (v.
Sez. 2, n. 26725 del 01/03/2013, Natale, Rv. 256723; Sez. F, n. 32362 del
19/08/2010, Scuto, Rv. 248141; Sez. 1, n. 6112 del 22/01/2009, Bouyahia, Rv.
243225).
1.3. È, infine, viziata da genericità la censura di travisamento delle prove
rivenienti dalle deposizioni delle testi a difesa Marisa Murrutzu e Rosalba Carta,
ritenute irrilevanti dalla Corte di merito sulla base di precisi riferimenti al
contenuto delle dichiarazioni da esse rese.
In argomento corre l’obbligo di ricordare che, ai fini del controllo del giudice
di legittimità sulla motivazione, il vizio deducibile ai sensi dell’art. 606 c. 1 lett.
e) c.p.p. è solo l’errore revocatorio (sul significante), in quanto il rapporto di
contraddizione esterno al testo della sentenza impugnata non può che essere

3

notturni. Né lo sviluppo del suo lungo esame aveva fatto emergere in questo

inteso in senso stretto, quale rapporto di negazione (sulle premesse): mentre ad
esso è estraneo ogni discorso confutativo sul significato della prova, ovvero di
mera contrapposizione dimostrativa, considerato che nessun elemento di prova,
per quanto significativo, può essere interpretato per «brani» né fuori dal
contesto in cui è inserito. Ne deriva che gli aspetti del giudizio che consistono
nella valutazione e nell’apprezzamento del significato degli elementi acquisiti
attengono interamente al merito e non sono rilevanti nel giudizio di legittimità,
se non quando risulti viziato il discorso giustificativo sulla loro capacità

censure che siano nella sostanza rivolte a sollecitare soltanto una rivalutazione
del risultato probatorio (così Sez. 5, n. 8094 del 11/01/2007, Ienco, Rv. 236540;
v. anche Sez. 5, n. 39048 del 25/09/2007, Casavola, Rv. 238215; Sez. 3, n.
39729 del 18/06/2009, Belluccia, Rv. 244623; Sez. 5, n. 18542 del 21/01/2011,
Carone, Rv. 250168).

2. Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso conseguono le statuizioni di
cui all’art. 616 cod. proc. pen..

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro 1.000,00 in favore della Cassa delle
Ammende.
Così deciso il 06/11/2013.

dimostrativa: e che pertanto restano inammissibili, in sede di legittimità, le

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