Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 8735 del 05/11/2013

Penale Sent. Sez. 5 Num. 8735 Anno 2014
Presidente: OLDI PAOLO
Relatore: BRUNO PAOLO ANTONIO

SENTENZA

Sul ricorso proposto dalla parte civile

O. O.
avverso la sentenza della Corte d’appello di Bologna del 29/03/2012, nel
procedimento penale a carico di A.A. , nato a Perugia il 30/01/1968;

visto il ricorso, gli atti e la sentenza impugnata ed il ricorso;
udita la relazione del consigliere dr. Paolo Antonio BRUNO;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale dr. Sante
Spinaci, che ha concluso chiedendo l’annullamento con rinvio al giudice civile;
sentito, inoltre, l’avv. B. B. che, nell’interesse dela parte civile, si è riportato
al ricorso ed alle conclusioni scritte;
sentito, infine, l’avv. C. C., nell’interesse del responsabile civile, che ha
chiesto il rigetto del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

Data Udienza: 05/11/2013

1. A.A. era chiamato a rispondere, innanzi al Tribunale di Ferrara, del

reato di cui agli artt. 61 n. 11, 81 cpv, 485 cod. pen. perché, con più azioni
esecutive del medesimo disegno criminoso, nella sua qualità di funzionario della
Banca Nazionale del Lavoro SpA, sede di Novara, formava scritture private false ed
in particolare falsificava i moduli di investimento finanziario “Investire paesi
emergenti” datato 17.2.2000 e il documento di “versamento successivo” datato
3.7.2000 apponendo delle false firme apparentemente attribuibili a P. P.

Fondo Investire paesi emergenti n. 70071524 del 17.2.2000, sul contratto di
sottoscrizione iniziale del Fondo Comune di Investimento mobiliare n. 70071524, e
sul documento “versamento successivo” di € 25.322,84 con bonifico bancario
intestato a Bnl Gestioni SGR P.A. sul c/c 5000, relativo al fondo 028 Investire
Europa datato 3.7.2000; con le aggravanti di aver commesso il fatto con l’abuso di

prestazione d’opera.
Con sentenza del 10/12/2007 il Tribunale dichiarava l’imputato colpevole del
reato a lui ascritto, limitatamente al versamento relativo al Fondo Investire Europa
del 3.7.2000 e, per l’effetto lo condannava, con i benefici di legge, alla pena di mesi
sei di reclusione, con consequenziali statuizioni; condannava, inoltre, lo stesso
A. e la responsabile civile Bnl, in persona del legale rappresentante protempore, al risarcimento dei danni a favore delle costituite parti civili, da liquidarsi

in separata sede nonché al pagamento di una provvisionale immediatamente
esecutiva, liquidata in € 10.000 per ciascuna di esse; dichiarava, infine, non doversi
procedere nei confronti dell’imputato in ordine al reato di falsità nelle scritture
private con riferimento alla richiesta di switch dal Fondo Investire Obbligazionario n.
70071524 del 7.2.2000 e dal contratto di sottoscrizione iniziale del Fondo Comune
di Investimento mobiliare n. 70071524, essendo i reati ascritti per intervenuta
prescrizione.
Pronunciando sul gravame proposto in favore dell’imputato, la Corte d’appello
di Bologna, con la sentenza indicata in epigrafe, dichiarava non doversi procedere
nei confronti di A. in quanto l’azione penale non poteva essere iniziata per
tardività della querela e, per l’effetto, revocava le statuizioni civili della sentenza
appellata; condannava le parti civili al pagamento delle spese processuali cui
avevano dato causa.
Avverso l’anzidetta pronuncia la parte civile O. O., a mezzo del suo
difensore, avv. B. B., ha proposto ricorso per cassazione, affidato alle ragioni
di censura indicate in parte motiva.

CONSIDERATO IN DIRITTO

2

(firme apposte: sulla richiesta di switch da Fondo Obbligazionario n. 2302222 a

1. Con il primo motivo d’impugnazione il ricorrente denuncia violazione
dell’art. 606 lett. b) cod.proc.pen. e conseguente nullità della sentenza impugnata
per violazione od erronea interpretazione dell’art. 124 cod. pen., poiché la Corte
d’appello aveva ritenuto la tardività della querela, senza considerare il momento di
conoscenza diretta del fatto-reato da parte della persona offesa, facendo riferimento
al diverso momento in cui il difensore di parte civile aveva ricevuto il documento
ritenuto falso; omissione, contraddittorietà ed illogicità della motivazione sul punto.

dies a quo del termine per proporre querela nella data in cui il documento in
questione era pervenuto al difensore della parte civile, e cioé il 24 ottobre 2001,
ove invece la querela era stata proposta il 17 maggio 2002, senza considerare che
la tardiva presa visione del documento era dipesa non già dall’inerzia della persona
offesa, ma dal ritardo con cui il professionista aveva informato i suoi assistiti ed
aveva fissato l’appuntamento presso il suo studio. Richiama, all’uopo, precedente
giurisprudenziale di questa Corte secondo cui è illegittima la decisione con cui il
Tribunale, in sede di appello affermi che sia idoneo a costituire “dies a quo” utile
ai fini della decorrenza del termine per proporre querela quello in cui il difensore, in
sede civile, abbia conoscenza della notizia penalmente rilevante, in quanto, a tal
fine, il “dies a quo” decorre dal giorno in cui la persona offesa, titolare del diritto di
querela, abbia personalmente conoscenza di detta notizia (Cass. 19 settembre
2008, n. 40262, rv. 241737).
Con il secondo motivo si deduce violazione dell’art. 606 lett. b) cod. proc. pen.
e conseguente nullità della sentenza impugnata per violazione od erronea
interpretazione dell’art. 124 cod. pen., giacché la Corte d’appello in una situazione
di ritenuta incertezza probatoria non aveva disposto accertamenti istruttori ed
aveva attribuito alla parte civile l’onere di dimostrare la tempestività della querela,
disattendendo il principio del cd. favor querelae; omissione, contraddittorietà ed
illogicità di motivazione sul punto. Richiama, all’uopo, l’orientamento
giurisprudenziale di legittimità secondo cui la prova del difetto di tempestività deve
essere fornita da chi la deduca, mentre l’eventuale situazione d’incertezza giova al
querelante.
Con il terzo motivo si deduce difetto di motivazione, ‘ai sensi dell’art. 606
lett. e), sul rilievo che la sentenza impugnata, da un lato, aveva ritenuto che la
mancata precisa indicazione in querela del momento della venuta a conoscenza del
documento falso inficiasse le successive dichiarazioni dibattimentali della parte
civile; dall’altro lato, aveva arbitrariamente ritenuto eccessivo il lasso di tempo
intercorso tra la conoscenza da parte del legale del documento e l’incontro tra il
professionista ed i suoi assistiti.

3

Lamenta, in particolare, che il giudice di appello abbia ritenuto di individuare il

2. Le censure del ricorrente possono essere congiuntamente esaminate,
siccome accomunate da identica ratio contestativa. Sono tutte dirette, infatti, a
censurare l’impianto argomentativo in forza del quale il giudice di appello ha
ritenuto intempestiva la proposizione della querela, siccome proposta oltre il
termine di legge, a far tempo dal momento in cui la documentazione, richiesta
all’istituto di credito, era pervenuta al difensore. A dire del ricorrente, invece, il dies
a quo avrebbe dovuto essere individuato nel momento dell’effettiva conoscenza di

legale, per il ritardo con cui il difensore aveva fissato l’appuntamento con esso
istante e la moglie P. P., consentendo loro la presa visione degli atti
ricevuti.
L’assunto – affidato, peraltro, a proposizione meramente assertiva – è
destituito di fondamento. Come ha esattamente osservato il giudice di appello, una
contraria opinio consentirebbe all’interessato di scegliere e fissare

ad libitum il

momento iniziale del decorso del termine di presentazione della querela. Il pacifico
arresto giurisprudenziale, secondo cui la decorrenza del termine va fissata al
momento dell’effettiva conoscenza del fatto suscettibile di rilevanza penale, deve
necessariamente contemperarsi con altro principio, ossia quello della presumibile
conoscenza dell’atto che sia pervenuto al difensore e procuratore dell’interessato,
come tale tenuto, in virtù del rapporto professionale, ad informare il cliente, a parte
l’onere di quest’ultimo di informarsi, a sua volta, sullo stato della pratica che lo
riguardi, tanto più che, nel caso di specie, la richiesta di documenti alla banca
recava la firma congiunta dello stesso O.O. e del suo difensore.

3.

Per quanto precede, il ricorso è inammissibile e tale va, dunque,

dichiarato con le conseguenziali statuizioni espresse in dispositivo.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali ed al versamento della somma di € 1000,00 in favore della Cassa
delle Ammende.

Così deciso il 05/11/2013

quei documenti, che era di molto successivo alla data di ricezione presso lo studio

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