Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 8734 del 05/11/2013


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 8734 Anno 2014
Presidente: OLDI PAOLO
Relatore: BRUNO PAOLO ANTONIO

SENTENZA

Sul ricorso proposto da

FONTANA Carlo Alfredo, nato a Boffalora Sopra Ticino il 29/09/1946

avverso la sentenza del Tribunale di Milano del 14/12/2012

visto il ricorso, gli atti e la sentenza impugnata ed il ricorso;
udita la relazione del consigliere dr. Paolo Antonio BRUNO;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale dr. Sante
Splíci, che ha concluso chiedendo l’inammissibilità del ricorso;
sentito, inoltre, l’avv. Elisabetta Esposito, difensore di parte civile, che si è riportata
alle conclusioni scritte;
sentito, infine, l’avv. Giovanni Marradi, che, in favore, del ricorrente, ha chiesto
l’accoglimento dell’impugnazione.

RITENUTO IN FATTO

Data Udienza: 05/11/2013

1. Con la sentenza indicata in epigrafe il Tribunale di Milano confermava la
sentenza della 13/02/2011 con la quale il Giudice di pace di Rho aveva dichiarato
Carlo Alfredo Fontana colpevole del reato di lesione personale in danno di Mosconi
Giovanni (per avergli provocato, con calci e pugni, un trauma contusivo alla spalla
sinistra, giudicato guaribile in giorni sette); e, per l’effetto, l’aveva condannato alla
pena di C 700 di multa, oltre consequenziali statuizioni, nonché al risarcimento dei
danni in favore della persona offesa, costituitasi parte civile; lo aveva, invece,

contraddittoria.

2. Avverso la pronuncia anzidetta il difensore dell’imputato, avv. Giovanni
Marradi, ha proposto ricorso per cassazione, affidato alle ragioni di censura indicate
in parte motiva.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Con il primo motivo d’impugnazione il ricorrente eccepisce nullità della
sentenza impugnata per mancanza di motivazione, ai sensi dell’art. 606 lett.

e) in

relazione all’art. 507 del codice di rito. Si duole, in particolare, che la Corte di
merito non abbia considerato illegittimo il mancato esercizio del potere di
integrazione probatoria da parte del primo giudice, a seguito dell’indicazione
difensiva secondo cui, in base a quanto appreso solo in un momento successivo, ai
fatti aveva assistito Vittorio Fontana, fratello dell’imputato e cognato della stessa
persona offesa nonché socio della s.n.c

Mosconi & Fontana

e, come tale,

inizialmente restio ad essere coinvolto nella vicenda. Inutilmente, la richiesta di
escussione era stata proposta anche nei motivi di appello ai fini della rinnovazione
dell’istruttoria dibattimentale, in quanto nessuna risposta era stata resa. al
riguardo, dal giudice del gravame.
Il secondo motivo eccepisce nullità della sentenza per inosservanza delle norme
processuali, ai sensi dell’art. 606 lett. c) in riferimento all’art. 507 del codice di rito,
in ordine alla stessa mancata escussione testimoniale, apprezzabile sotto il profilo
dell’omessa assunzione di prova decisiva.
Il terzo motivo eccepisce nullità della sentenza per violazione dell’art. 152 cod.
pen., ai sensi dell’art. 606 lett. b) del codice di rito ed della legge processuale
penale, ai sensi dell’art. 507 e 603 cod.proc.pen., a mente dell’art. 606 lett. c) del
codice di rito. Si riferisce alla circostanza, indicata prima dell’apertura del
dibattimento di appello, secondo cui la parte offesa aveva sottoscritto la scrittura
privata, allegata alla memoria difensiva del 3 ottobre 2012, nel cui contenuto
avrebbero potuto ravvisarsi gli estremi della remissione espressa – o, al più, tacita della querela a suo tempo proposta. Alla stregua di tale produzione il difensore
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assolto dal reato di ingiuria, pure a lui ascritto, perché la prova era insufficiente o

aveva chiesto, ai sensi delle disposizioni processuali richiamate, che, in ordine alla
sottoscrizione del documento, fossero chiamati a deporre i testi Francesco Roma ed
Enrico Ceriani. Infondatamente, l’istanza difensiva era stata rigettata dal giudice
d’appello sul rilievo che non risultasse in atti l’inequivoca volontà del remittente di
rinunciare alla pretesa punitiva; in realtà, tale asserzione era illogica in quanto il
difensore aveva chiesto l’accertamento che il querelante Mosconi avesse
effettivamente sottoscritto la scrittura allegata, essendo ovvio che, una volta

volontà di rimessione. La circostanza che lo stesso querelante avesse potuto
sottoscrivere l’impegno di rimettere la querela al solo fine di indurre il querelato, il
socio Carlo Alfredo Fontana, a porre in essere una determinata attività, omettendo
peraltro di consegnargli la scrittura firmata, non poteva essere, invece, di volontà
contraria alla rimessione. Infatti, una volta impegnatosi il Mosconi a rimettere la
querela, la stessa doveva ritenersi effettivamente rimessa ai sensi dell’art. 152
cod.pen., in quanto la remissione non poteva essere sottoposta a termini o
condizioni. Al riguardo, la motivazione della sentenza impugnata era del tutto
illogica giacché la Corte territoriale aveva, erroneamente, ritenuto insussistente la
remissione della querela senza procedere ad accertamento dei fatti.

2. I primi due motivi – congiuntamente esaminabili in ragione d’identità di
logica contestativa – sono destituiti di fondamento. Ed invero, dal contesto
dell’insieme giustificativo emergono implicitamente – ma non per questo meno
chiaramente – le ragioni per le quali il giudice di appello non ha ritenuto di far luogo
alla richiesta integrazione probatoria, non reputando sussistente la condizione della
non decidibilità allo stato degli atti, alla quale l’art. 603 del codice di rito subordina
la rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale in sede di gravame. Lo stesso giudice
ha chiaramente indicato le risultanze processuali ritenute idonee e sufficienti a
sostenere il ribadito giudizio di colpevolezza a carico dell’imputato. D’altro canto,
l’odierno ricorrente ha omesso di indicare, specificamente, i motivi per i quali la
prova richiesta e non escussa, consistente nella testimonianza di un suo stretto
congiunto, avrebbe dovuto ritenersi decisiva, tale cioè che, ove raccolta, sarebbe
stata davvero in grado di scardinare il costrutto giustificativo a sostegno del
convincimento del giudice.
Il terzo motivo si pone ai limiti dell’ammissibilità e, comunque, è
manifestamente infondato. Non merita, infatti, rilievo di sorta il supporto
motivazionale in virtù del quale il giudice di merito – esprimendo precipuo
apprezzamento di merito – ha ritenuto che la scrittura in atti non recasse alcuna
volontà di rimettere la querela, sostanziando, piuttosto, una mera dichiarazione di
intenti, non suscettibile, come tale, neppure di considerazione in termini di tacita
remissione.
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accertata la sottoscrizione della scrittura, non avrebbe potuto escludersi la chiara

3. Per quanto precede, il ricorso – globalmente considerato – dev’essere
rigettato, con le conseguenziali statuizioni dettate in dispositivo, compresa la
condanna del ricorrente alla rifusione delle spese sostenute nel grado dalla parte
civile, che si reputa congruo ed equo liquidare come da dispositivo.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali
nonché alla rifusione delle spese di parte civile, liquidate in C 1.050,00 oltre
accessori come per legge.

Così deciso il 05/11/2013

P.Q.M.

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