Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 8729 del 06/02/2014


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 8729 Anno 2014
Presidente: SQUASSONI CLAUDIA
Relatore: GRAZIOSI CHIARA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
EL MOUJAHDI BENISSA N. IL 20/10/1972
EL MANGAR SAMIR N. IL 24/07/1979
EL MANGAR BILAL N. IL 17/12/1976
MOCHRIK SOUAD N. IL 18/07/1981
avverso l’ordinanza n. 27/2013 TRIB. LIBERTA’ di FERRARA, del
10/10/2013
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. CHIARA GRAZIOSI;
‘o
e/sentite le conclusioni del PG Dott. A
C.D’n./10

OC>

Uditi difensor Avv.; H

C.
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(1″.

Data Udienza: 06/02/2014

44579/2013

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza del 10 ottobre 2013 il Tribunale di Ferrara ha respinto richiesta di riesame
proposta da El Moujahdi Benissa, El Mangar Samir, El Mangar Bilal e Mochrik Souad avverso
decreto del gip dello stesso Tribunale emesso il 5 settembre 2013 di sequestro preventivo in
relazione a indagini nei confronti dei suddetti per reati di cui all’articolo 10 ter d.lgs. 74/2000.
2. Ha presentato ricorso il difensore, adducendo due motivi. Il primo motivo denuncia
violazione dell’articolo 125 c.p.p. per omessa motivazione in ordine alla sussistenza del fumus
commissi delicti, non avendo il Tribunale considerato la documentazione dimessa unitamente
alla richiesta di riesame, né avendo formulato una motivazione implicitamente assorbente
quanto apportato dalla documentazione stessa, violando così anche gli articoli 322 ter c.p. e
321 c.p.p. Il secondo motivo denuncia violazione degli articoli322 ter c.p. e 321 c.p.p., in
quanto il sequestro per equivalente è stato disposto senza motivare sulla impossibilità del
sequestro preventivo dei beni che costituiscono il prezzo e il profitto del reato.

CONSIDERATO IN DIRITTO

3. Il ricorso è infondato.
Il primo motivo formalmente viene rapportato all’articolo 125 c.p.p., poiché l’articolo 325
c.p.p. rende inammissibile in sede di legittimità il vizio motivazionale ex articolo 606, comma
primo, lettera e), c.p.p. in relazione ai provvedimenti emessi ex articoli 322 bis e 324 c.p.p. Il
che significa che nei suddetti provvedimenti relativi alle cautele reali rileva soltanto la carenza
assoluta di motivazione oppure la motivazione apparente (Cass. sez. VI 10 gennaio 2013 n.
6589; v. altresì Cass. sez.V, 1 ottobre 2010 n. 35532; Cass. sez.III, 15 giugno 2004 n. 26583;
S.U. 13 febbraio 2004 n. 5876), non essendovi spazio per censurare l’illogicità o
l’incompletezza dell’apparato motivazionale (Cass. sez.VI, 20 febbraio 2009 n. 7472; Cass.
sez.V, 28 febbraio 2007 n. 8434). Nel caso in esame, è quello che invece effettua, in sostanza,
il ricorso, poiché la motivazione dell’ordinanza impugnata in ordine al fumus commissi delicti è
sussistente e non meramente apparente, ovvero apodittica e “di stile” (la si riscontra tra la
parte finale della prima pagina e la prima parte della seconda pagina del provvedimento). E ciò
porta il motivo a incorrere nella inammissibilità.
Anche il secondo motivo è riconducibile ad una pretesa carenza di motivazione, questa volta
in ordine alla scelta del tipo di cautela. E anche in questo caso non si ravvisa il vizio radicale
preservato come violazione di legge dall’articolo 325 c.p.p., avendo, seppure concisamente, il
Tribunale considerato pure la suddetta questione (motivazione, pagina 2: “Quanto all’opzione

I

operativa del sequestro per equivalente ecc.”), sicchè il motivo risulta affetto dallo stesso vizio
di quello precedente.
Sulla base delle considerazioni fin qui svolte il ricorso deve essere dichiarato inammissibile,
con conseguente condanna di ogni ricorrente, ai sensi dell’art.616 c.p.p., al pagamento delle
spese del presente grado di giudizio. Tenuto, poi, conto della sentenza della Corte
costituzionale emessa in data 13 giugno 2000, n.186, e considerato che non vi è ragione di
ritenere che il ricorso sia stato presentato senza “versare in colpa nella determinazione della
causa di inammissibilità”, si dispone che ogni ricorrente versi la somma, determinata in via
equitativa, di Euro 1000,00 in favore della Cassa delle ammende.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e
della somma di €1000,00 ciascuno in favore della Cassa delle Ammende.

Così deciso in Roma il 6 febbraio 2014

Il Consigliere Estensore

Il Presidente

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