Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 8727 del 06/02/2014


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 8727 Anno 2014
Presidente: SQUASSONI CLAUDIA
Relatore: GRAZIOSI CHIARA

Data Udienza: 06/02/2014

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
PROCURATORE DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE
DI NAPOLI
nei confronti di:
TEDESCHI AUGUSTO N. IL 26/09/1946
avverso l’ordinanza n. 1125/2013 TRIB. LIBERTA’ di NAPOLI, del
18/07/2013
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. CHIARA GRAZIOSI;
19e/sentite le conclusioni del PG DottA

Uditi difensor Avv.; V ( ìL)…,..(23%_

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5

35711/2013

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza del 18 luglio 2013 il Tribunale di Napoli, a seguito di istanza di riesame di
Mirabella S.p.A., ha annullato decreto di sequestro preventivo per equivalente emesso dal gip
dello stesso Tribunale in data 22 maggio 2013 nell’ambito di un’indagine relativa al reato di cui
all’articolo 10 ter d.lgs. 74/2000.
2. Ha presentato ricorso il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Napoli per

caso in esame; d’altronde non vi è motivo per individuare la fittizietà dell’apparato societario
per legittimare il sequestro per equivalente sul bene della società schermo, “essendo pacifico
che la tipica funzione di qualsiasi agire collettivo sia quella di costituire una società per
schermare” le condotte delle persone fisiche. A ciò si aggiunge che la società Mirabella S.p.A.,
ha tratto profitto dal reato.

CONSIDERATO IN DIRITTO

3. Il ricorso è infondato.
L’ordinanza impugnata evidenzia che trattasi di sequestro preventivo finalizzato alla confisca
per equivalente nei confronti di due indagati (Coppola Cristoforo e Tedeschi Augusto) che,
secondo quanto era stato loro contestato, avevano commesso il reato di cui all’articolo 10 ter
d.lgs. 74/2000 nella loro qualità di legali rappresentanti di Mirabella S.p.A., decreto che era
stato poi revocato nei confronti dell’indagato Coppola per sopravvenuto suo decesso. Mirabello
S.p.A. aveva presentato l’istanza di riesame quale terzo interessato. Tanto premesso, dopo un
attento esame della natura dell’istituto e un’accurata corrispondente rassegna della
giurisprudenza di questa Suprema Corte, e dato atto pertanto della natura sostanzialmente
punitiva della confisca per equivalente, che ne comporta l’applicazione al reo e non a soggetti
diversi dall’autore del reato in forza del principio di personalità della responsabilità penale e x
articolo 27 Cost., il Tribunale riversa tale corretta impostazione giuridica sul piano fattuale del
caso concreto. Osserva quindi che oggetto del sequestro preventivo funzionale alla confisca per
equivalente sono beni facenti parte del patrimonio sociale di Mirabella S.p.A., ma che “le
indagini esperite non hanno evidenziato che i beni della predetta società, quale soggetto
giuridico distinto dai soci e dotato di autonomo patrimonio, siano, di fatto, nell’effettiva
personale disponibilità dell’indagato Tedeschi, che…non ha la disponibilità effettiva dei beni
sociali”, non potendosi questa identificare nella disponibilità derivante da un rapporto organico.
Esclude infatti il Tribunale che vi siano elementi atti a dimostrare, anche a livello di fumus, che
la società sia fittizia, “in considerazione dell’attività svolta in forma societaria sin dall’epoc

violazione di legge: il Tribunale non ha tenuto conto del concetto di disponibilità del bene nel

risalente, del volume d’affari, dell’apparato organizzativo disponibile, del numero di addetti”; e
dato atto della non applicabilità della responsabilità amministrativa dell’ente per i reati tributari
del d.lgs. 74/2000 in quanto non rientranti tra i reati di cui agli articoli 24 ss. d.lgs. 231/2001,
giunge conseguentemente all’annullamento.
Il percorso del Tribunale non presenta alcuna violazione di legge, incentrandosi, a ben
guardare, alla fine sull’aspetto fattuale, cui viene correttamente applicata la normativa vigente
in conformità con la giurisprudenza nomofilattica, che ravvisa la disponibilità dei beni sociali da

sequestro preventivo per equivalente solo nel caso in cui non sussiste un’alterità giuridica,
essendo l’ente un apparato fittizio che costituisce schermo all’attività della persona fisica
(Cass. sez. III, 14 giugno 2012 n. 25774; Cass. sez. III, 19 settembre 2012-10 gennaio 2013
n. 1256; Cass. sez. III, 23 ottobre 2012-3 aprile 2013 n. 15349; Cass. sez. III, 10 luglio 2013
n. 42350). Il ricorrente richiama ampiamente la giurisprudenza di legittimità in ordine al
sequestro per equivalente e al concetto, appunto, di disponibilità, ma non ne trae una coerente
conclusione, giungendo a sostenere, al contrario, che la necessità di individuare un
presupposto di fittizietà dell’ente per ritenere disponibili i suoi beni da parte dell’autore del
reato tributario risulta “un inutile e incomprensibile artifizio interpretativo: incomprensibile
perché non si coglie quale sia la ragione di individuare la fittizietà dell’apparato per selezionare
condotte suscettibili di legittimare il sequestro per equivalente sul bene della società schermo,
essendo pacifico che la tipica funzione di qualsiasi agire collettivo sia quello di costituire una
società per schermare (in senso lato, in misura maggiore o minore) i soggetti agenti attraverso
la stessa”. In tal modo il ricorrente confligge con la giurisprudenza sopra richiamata, che si
fonda sulla alterità del soggetto, la quale non può essere sistematicamente negata in modo
assoluto come prospetta, nel passo appena citato, il ricorrente. Né d’altronde può condurre a
giustificare il sequestro di beni di un soggetto diverso che non siano nella disponibilità
dell’indagato di reati tributari il fatto che – lo sostiene il ricorrente come ulteriore argomento tramite la necessità dell’apparato fittizio il sequestro diventa inutile, perché le società fittizie
“nella totalità dei casi” si rivelano “enti del tutto privi di beni suscettibili di aggressione
patrimoniale, essendo costituiti intenzionalmente come “scatola vuota per delinquere” e
dunque sistematicamente privi di patrimonio”. Un asserto puramente fattuale non può incidere
sulla interpretazione della normativa, né tanto meno legittimare l’interprete a “correggere” le
scelte compiute dal legislatore nell’ambito della sua discrezionalità costituzionalmente
riconosciuta. Parimenti qualificabile come mero asserto fattuale è, infine, l’affermazione che la
società di cui si tratta ha riportato diretto profitto dalla condotta criminosa oggetto
dell’indagine.
In conclusione, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile per manifesta infondatezza.

9

parte di chi riveste un rapporto organico con l’ente idonea a giustificare per i reati tributari il

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso del PM.

Così deciso in Roma il 6 febbraio 2014

Il Presidente

Il Consigliere Estensore

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