Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 8726 del 06/02/2014


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 8726 Anno 2014
Presidente: SQUASSONI CLAUDIA
Relatore: GRAZIOSI CHIARA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
VITIELLO CARMELA N. IL 03/07/1926
avverso l’ordinanza n. 23/2013 GIP TRIBUNALE di TORRE
ANNUNZIATA, del 10/06/2013
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. CHIARA GRAZIOSI;
lette/sente le conclusioni del PG Dott.

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4 FEB 2014

IL

Uditi difensor Avv.;

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LIERE

Data Udienza: 06/02/2014

33819/2013

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza del 10 giugno 2013 il gip del Tribunale di Torre Annunziata, quale giudice
dell’esecuzione, ha respinto istanza, presentata da Vitiello Carmela, di revoca o sospensione di
ingiunzione di demolizione emessa dal Procuratore della Repubblica presso il suddetto
Tribunale in esecuzione di sentenza del 21 settembre 1993, divenuta irrevocabile il 29 gennaio
1995, riguardante reati di abuso edilizio.

quanto alla ritenuta insussistenza dei presupposti per disporre la sospensione o la revoca
dell’ingiunzione di demolizione. Premesso che, costituendo una sanzione amministrativa
applicata da organo giurisdizionale, l’ordine di demolizione è emesso allo stato degli atti e non
può passare in giudicato, per cui il giudice dell’esecuzione deve verificare il permanere della
sua compatibilità con atti amministrativi successivi, nel caso di specie l’istanza era
documentata da una domanda di condono presentata ex I. 724/1994 dalla figlia della ricorrente
in data 24 febbraio 1995 al Comune di Torre del Greco. Il giudice dell’esecuzione ha rilevato
che l’accoglimento dell’istanza di condono postula il nulla osta della Soprintendenza, e che
l’istante non aveva addotto elementi idonei a far ritenere che questo sarebbe stato concesso in
tempi privi, non essendo sufficiente una mera possibilità in tempo lontano o comunque non
prevedibile. Tale ragionamento sarebbe errato, perché, come insegna la giurisprudenza di
legittimità, a fronte della presentazione di domanda di condono edilizio, il giudice
dell’esecuzione deve accertare la tempestività e la proponibilità della domanda, l’ultimazione
dei lavori entro il termine previsto per l’accesso al condono, il tipo di intervento e le dimensioni
volumetriche, l’insussistenza di cause di non condonabilità assoluta, l’integrale versamento
dell’oblazione e l’eventuale rilascio di un permesso in sanatoria o la sussistenza di un permesso
tacito: accertamenti non espletati dal giudice dell’esecuzione. Quanto poi al nullaosta, non
rileva ai fini della sospensione, perché la normativa sul condono edilizio ha carattere di
specialità rispetto alla sanatoria in via ordinaria degli abusi edilizi, per cui il divieto di rilascio
dell’autorizzazione paesaggistica in sanatoria ex articolo 146, comma 4, d.lgs. 42/2004 non si
applica quando la sanatoria è prevista da siffatta normativa speciale.

CONSIDERATO IN DIRITTO

3. Il ricorso è infondato.
La ricorrente censura l’ordinanza perché non avrebbe accertato la ritenuta insussistenza dei
presupposti per disporre la sospensione o la revoca dell’ingiunzione di demolizione. In
particolare, sarebbe stato erroneo il ragionamento del giudice dell’esecuzione laddove ha

2. Ha presentato ricorso il difensore, denunciando violazione di legge e vizio di motivazione

ritenuto insufficiente, per neutralizzare l’ordine demolitorio, soltanto una astratta possibilità di
eventuale emanazione, in tempi lontani e non prevedibili, di provvedimenti amministrativi
favorevoli alla permanenza del manufatto abusivo. La ricorrente, a ben guardare, tenta di
eludere con tale argomentazione l’infondatezza di questa sua censura richiamando gli obblighi
accertatori che il giudice dell’esecuzione deve adempiere a seguito della presentazione di una
domanda di condono edilizio per decidere sull’istanza sospensiva, e citando in particolare Cass.
sez. III, 15 giugno 2011 n. 23996, che in motivazione fa riferimento a precedente

settembre 2007 n. 38997; Cass. sez. IV, 5 marzo 2008 n. 15210) in base alla quale occorre
accertare la tempestività e la proponibilità della domanda di condono, l’ultimazione dei lavori
entro il termine previsto per l’accesso al condono, il tipo di intervento e le dimensioni
volumetriche, l’insussistenza di cause di non condonabilità assoluta, l’integrale versamento
dell’oblazione e l’eventuale rilascio di un permesso in sanatoria o la sussistenza di un permesso
tacito. A ciò la ricorrente aggiunge, sempre nell’intento di sviare da quanto constatato dal
giudice dell’esecuzione nel caso concreto, la questione della specialità della normativa sul
condono edilizio, vale a dire quella effettivamente trattata da Cass. sez. III, 15 giugno 2011 n.
23996, l’arresto dalla ricorrente citato, che da tale specialità rispetto alla normativa che
disciplina la sanatoria degli abusi edilizi in via ordinaria di cui all’articolo 36 d.p.r. 380/2001
correttamente evince che il divieto di rilascio dell’autorizzazione paesaggistica in sanatoria ex
articolo 146, comma 4, d.lgs. 2004/42 non si applica alle ipotesi in cui la sanatoria sia prevista
dalla normativa in materia di condono edilizio. Ma in effetti, appunto nel caso concreto, il
giudice dell’esecuzione ha rilevato – e non può il suo accertamento non conformarsi allo
specifico oggetto di valutazione che gli viene sottoposto – che la domanda di condono posta a
base della richiesta di sospensione quale secondo motivo (il vaglio del primo non è stato
oggetto di censura nel ricorso) risale al 1995, e che l’istante non ha addotto elementi tali da
indurre a una prognosi positiva dell’esito del procedimento in tempi brevi e comunque
prevedibili. A tacer d’altro, pertanto, disattendendo l’istanza per una siffatta temporalmente
indefinita situazione del procedimento di sanatoria, il giudice della esecuzione si è conformato

giurisprudenza (Cass. sez. III, 12 dicembre 2003-3 febbraio 2004 n. 3992; Cass. sez. III, 24

con perfetta consapevolezza all’insegnamento uniforme di questa Suprema Corte.
Prendendo invero le mosse dall’indiscussa natura di sanzione amministrativa applicata
dall’autorità giudiziaria propria dell’ordine di demolizione, che ne impedisce il passaggio in
giudicato e lo rende quindi sensibile ad eventuali sopravvenienze – nel senso di incompatibili
provvedimenti amministrativi che conferiscano all’immobile diversa destinazione e ne sanino
l’abusività -, vale a dire riesaminabile in sede esecutiva

(ex multis, da ultimo Cass. sez. III,

ord. 19 giugno 2013 n. 29447; Cass. sez. III, 29 gennaio 2013 n. 11419; Cass. sez. III, 21
novembre 2012-23 gennaio 2013 n. 3456; Cass. sez. III, ord. 18 gennaio 2012 n. 25212), la
giurisprudenza di legittimità si fonda peraltro sulla constatazione che non può consentirsi una

5

indefinita stasi, che paralizzi il ripristino dell’assetto urbanistico violato (ancora tra gli arresti

più recenti, v. p.es. Cass. sez. III, 29 gennaio 2013 n. 13746). Pertanto, se è vero che nel
caso in cui detti provvedimenti amministrativi sopravvengano il giudice dell’esecuzione ha il
potere-dovere di verificarne la legittimità per tutelare il pubblico interesse sotteso ab origine
all’ordine di demolizione (Cass. sez. III, 9 luglio 2013 n. 42164; Cass. sez. III, 22 maggio
2013 n. 25824; Cass. sez. III, 29 gennaio 2013 n. 11419), è altrettanto vero che, nel caso
invece in cui i provvedimenti amministrativi rimangano, all’esito del vaglio del giudice
dell’esecuzione sul punto, soltanto una astratta eventualità, senza che sia effettuabile una

essere sospesa né la relativa ingiunzione può essere revocata (da ultimo Cass. sez. III, 29
gennaio 2013 n. 13746 – per cui “il giudice dell’esecuzione ha il potere di verificare che

l’incompatibilità dell’ordine di demolizione con la delibera di acquisizione gratuita dell’opera
abusiva al patrimonio comunale sia attuale e non meramente eventuale, non essendo
consentito paralizzare indefinitamente il ripristino dell’assetto urbanistico violato” -;

Cass.

sez.III, 21 novembre 2012-23 gennaio 2013 n. 3456; Cass. sez.III, ord. 26 giugno 2012 n.
25212 – che puntualizza come l’imminenza dei provvedimenti incompatibili abbia ad essere
ragionevolmente presumibile sulla base di elementi specifici e concreti -; Cass. sez. III, ord. 18
gennaio 2012 n. 25212 – che evidenzia come una eventuale revoca “è consentita solo in

presenza di determinazioni della P.A. o del giudice amministrativo incompatibili con
l’abbattimento del manufatto, ovvero quando sia ragionevolmente prevedibile, in base ad
elementi concreti e specifici, che tali provvedimenti saranno adottati in breve tempo, non
potendo la tutela del territorio essere rinviata indefinitamente” -.

La decisione racchiusa

nell’ordinanza impugnata si è dunque conformata all’insegnamento giurisprudenziale, la
mancanza di specifici elementi di imminenza nel senso appena illustrato avendo assorbito nel
caso concreto ogni ulteriore profilo di supporto della istanza di sospensione o di revoca.
In conclusione, il ricorso deve essere rigettato, con conseguente condanna della ricorrente al
pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Così deciso in Roma il 6 febbraio 2014

Il Presidente

prognosi di adeguata prossimità, la procedura esecutiva dell’ordine di demolizione non può

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