Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 8725 del 06/02/2014


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Penale Sent. Sez. 3 Num. 8725 Anno 2014
Presidente: SQUASSONI CLAUDIA
Relatore: GRAZIOSI CHIARA

Data Udienza: 06/02/2014

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
SALVADORI GIOVANNI N. IL 08/02/1982
avverso l’ordinanza n. 49/2013 TRIB. LIBERTA’ di PERUGIA, del
28/06/2013
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. CHIARA GRAZIOSI;
19esentite le conclusioni del PG Dott. A

Udit i difensor Avv.•

Qc

-\—\,-.°4-^- c-L–S L-7°

32326/2013

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza del 28 giugno 2013 il Tribunale di Perugia ha respinto appello ex articolo
322 bis c.p.p. proposto da Salvadori Giovanni avverso ordinanza del gip dello stesso Tribunale
emessa 29 maggio 2013 di rigetto della richiesta di revoca di sequestro preventivo disposto il
23 febbraio 2011 in relazione a indagini per i reati di cui agli articoli 5, 8, 10 e 10 ter d.lgs.
74/2000.

articolato in varie doglianze. In primo luogo difetta il presupposto della imputazione del
Salvadori, essendo indagati nel procedimento altri soggetti. Inoltre sono stati sequestrati
libretti nominativi e non vi è prova della pertinenzialità di questi con il reato di frode fiscale:
occorreva motivare al riguardo. Ancora, non rileva l’argomentazione del PM sulla produzione di
un assegno di C 50.000 emesso dal Salvadori quest’ultimo, poi, aveva la disponibilità di ingenti
somme (C 52.000), non incidendo il fatto che non aveva presentato la denuncia dei redditi.
Infine, non vi sarebbe traccia di delega relativa ai libretti nominativi agli indagati.

CONSIDERATO IN DIRITTO

3. Il ricorso è infondato.
Pur composto di una pluralità di doglianze, come sopra si è visto, tutto il motivo è
caratterizzato da una natura nettamente fattuale. Al giudice di legittimità vengono addotti vari
elementi, appunto, puramente fattuali, in ordine all’esito, al riguardo, dell’attuale quadro
indiziario in rapporto ad una versione alternativa del ricorrente che si chiede in sostanza di
verificare (la pretesa mancanza di prova della pertinenzialità dei libretti nominativi e della
esistenza di delega agli indagati – tra cui si annoverano i genitori del ricorrente, Berti Bibiana e
Salvadori Sauro – per tali libretti; l’assegno di C 52.000; la condizione economica in cui
verserebbe – pur nulla denunciando all’erario – il ricorrente). L’unico elemento qualificabile
come questione di diritto è l’asserita carenza di un presupposto del sequestro, perché il
ricorrente non è indagato nel procedimento penale. Peraltro, ciò non ha consistenza, perché,
come sottolinea pure l’ordinanza impugnata, trattasi di sequestro preventivo anche per
equivalente, e i beni sequestrati a Salvadori Giovanni lo sono stati perché emersi, secondo il
giudice di merito, come da includersi “nella disponibilità della Berti e del Salvadorí Sauro, al
fine verosimilmente di occultare i proventi illeciti derivanti dai reati fiscali dagli stessi posti in
essere”. Né, infine, l’ordinanza impugnata risulta priva di motivazione o sorretta da
motivazione apparente, unica forma del vizio motivazionale – cioè violazione di legge in
riferimento all’articolo 125 c.p.p. – che ex articolo 325 c.p.p. è censurabile in sede di legittimità

2. Ha presentato ricorso il difensore, adducendo violazione dell’articolo 321 c.p.p., motivo

contro le ordinanze di riesame e di appello relative a provvedimenti genetici di cautele reali (da
ultimo, proprio riguardo al sequestro preventivo, Cass. sez. VI 10 gennaio 2013 n. 6589; v.
altresì Cass. sez.V, 1 ottobre 2010 n. 35532; Cass. sez.III, 15 giugno 2004 n. 26583; S.U. 13
febbraio 2004 n. 5876), non rilevando invece una mera illogicità o incompletezza dell’apparato
motivazionale (Cass. sez.VI, 20 febbraio 2009 n. 7472; Cass. sez.V, 28 febbraio 2007 n.
8434).
Sulla base delle considerazioni fin qui svolte il ricorso deve essere dichiarato inammissibile,
con conseguente condanna del ricorrente, ai sensi dell’art.616 c.p.p., al pagamento delle spese
del presente grado di giudizio. Tenuto, poi, conto della sentenza della Corte costituzionale
emessa in data 13 giugno 2000, n.186, e considerato che non vi è ragione di ritenere che il
ricorso sia stato presentato senza “versare in colpa nella determinazione della causa di
inammissibilità”, si dispone che il ricorrente versi la somma, determinata in via equitativa, di
Euro 1000,00 in favore della Cassa delle ammende.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali
e della somma di €1000,00 in favore della Cassa delle Ammende.

Così deciso in Roma il 6 febbraio 2014

Il Presidente

P

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA