Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 8718 del 04/02/2014


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 8718 Anno 2014
Presidente: SQUASSONI CLAUDIA
Relatore: GENTILI ANDREA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
Procuratore generale presso la Corte di appello di Bari;

nei confronti di:
Pellegrino Simona, nata a Bari il 5 dicembre 1976

avverso la sentenza n. 182/12 emessa dal Gip del Tribunale di Bari il 23 febbraio
2012;

letti gli atti di causa, la sentenza impugnata e il ricorso introduttivo;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. Andrea GENTILI;
letta la requisitoria scritta del PM, in persona del Sostituto Procuratore generale
Dott. Mario FRATICELLI, il quale ha concluso chiedendo l’annullamemresenza rinvio
della sentenza impugnata.
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Data Udienza: 04/02/2014

RITENUTO IN FATTO
Il Procuratore generale presso la Corte di appello di Bari ha proposto
ricorso per cassazione avverso la sentenza emessa dal Gip del Tribunale di
Bari ai sensi dell’art. 444 cod. proc. pen. nei confronti di Pellegrino Simona imputata del reato di cui all’art.

10-ter del dlgs n. 74 del 2000 per avere

omesso, nella sua qualità di titolare di ditta individuale, di versare all’Erario
VIVA dovuta nell’anno di imposta 2006 nella misura pari a complessivi euro

due di reclusione.
Il ricorso era fondato esclusivamente sulla erroneità del computo della
pena, e quindi sull’errore nell’applicazione della legge penale, in quanto il
giudicante aveva ratificato l’accordo raggiunto fra PM e imputata con il quale,
determinata nella misura di mesi sei di reclusione la sanzione base da
applicare alla Pellegrino, essendo successivamente stata ridotta tale pena a
mesi quattro di reclusione per effetto delle circostanze attenuanti generiche
riconosciute in favore della prevenuta, era stata determinata la pena da
applicare, tenuto conto della diminuente della scelta del rito, in mesi due di
reclusione.
Osservava il ricorrente che, essendo la diminuente per la scelta del rito
applicabile sino al un terzo della pena sino a quel momento determinata, essa,
nel caso di specie, non poteva essere applicata in misura inferiore a mesi due
e giorni venti di reclusione.
Per tale motivo chiedeva l’annullamento della sentenza.
CONSIDERATO IN DIRITTO
In via preliminare osserva questa Corte, quanto alla ammissibilità del
presente ricorso, che, essendo la sentenza di patteggiamento emessa su
concorde richiesta delle parti non suscettibile di essere appellata, stante
l’espressa previsione di cui all’art. 448, comma 2, cod. proc. pen., essa è
ricorribile esclusivamente di fronte al giudice della legittimità; all’attenzione del
quale, peraltro, potranno essere portate dal PM solo quelle censure che si
risolvono nella affermazione del contrasto fra il contenuto della sentenza e
talune specifiche disposizioni normative, tali da fare sì che la decisione assunta
si configuri, di conseguenza, come illegale.
Poiché, in linea di principio, la doglianza del Procuratore generale,
attenendo alla legalità del procedimento di determinazione della pena da
applicare, riveste le caratteristiche sopra delineate, il ricorso è ammissibile.
Peraltro esso è fondato e, pertanto, deve essere accolto.
Rileva, infatti, questa Corte che l’art. 444 cod. proc. pen. prevede, al
comma 1, espressamente che le parti possano chiedere al giudice l’applicazione
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61.755,00 – e con la quale era stata applicata alla imputata la pena di mesi

nella specie e nella misura indicata, di una sanzione sostitutiva o di una
sanzione pecuniaria, diminuita sino ad un terzo, ovvero di una pena detentiva,
quando questa, tenuto conto delle circostanze e diminuita sino ad un terzo, non
supera i cinque anni, soli o congiunti a pena pecuniaria.
E’ pertanto di tutta evidenza che la diminuente per la scelta del rito
alternativo non possa comportare, pena l’applicazione di un sanzione in misura
illegale, l’abbattimento della pena che sarebbe stata diversamente irrogata in

Posto che il successivo comma 2 del medesimo art. 444 cod. proc. pen.
prevede a sua volta che il giudice, nell’ambito delle verifiche che egli deve
compiere prime di disporre con sentenza l’applicazione della pena concordata
fra le parti, deve controllare se la pena proposta è congrua – dovendosi
ritenere che il giudizio di congruità abbia come suo oggetto non solo la
adeguatezza della pena come proposta al fatto contestato ma anche la
correttezza del procedimento seguito per la sua determinazione – risulta
evidente che nel presente caso il Tribunale di Bari non ha fatto buon governo di
tale disposizione.
Infatti, posto che le parti avevano ritenuto di indicare quale pena base
adeguata all’illecito in questione quella di mesi sei di reclusione, ridotta a mesi
quattro per effetto della concessione della circostanze attenuanti generiche, la
successiva riduzione della sanzione per effetto della scelta del rito – riduzione
che, è bene precisare, va operata non sulla pena base ma su quella già
risultante attraverso il computo, svolto se necessario l’opportuno giudizio di
valenza, dell’effetto dell’esistenza di circostanze (attenuanti o aggravanti),
nonché, sempre che ne ricorrano gli estremi, dell’eventuale aggravamento della
pena per effetto della continuazione – non potendo comportare un
abbattimento della pena superiore ad un terzo di quella sino a quel momento
determinata, avrebbe dovuto condurre alla applicazione di una sanzione non
inferiore a mesi 2 e giorni 20 di reclusione.
Avendo, viceversa, il giudice ratificato un accordo che prevedeva una
pena pari a mesi due di reclusione, questi non ha correttamente valutato la
congruità della pena proposta.
La sentenza impugnata deve pertanto essere annullata senza rinvio, non
potendo questa Corte, stante la natura negoziale dell’accordo volto alla
determinazione della pena da applicarsi nel caso di specie, sostituirsi alle parti,
incidendo sui termini dell’accordo, con trasmissione degli atti al Tribunale di
Bari, per il di più a praticarsi, ivi compresa, evidentemente, anche la
proposizione di un nuovo accordo ex art. 444 cod. proc. pen. nel quale si tenga
conto dei corretti criteri di determinazione concordata della pena.
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misura superiore ad un terzo di essa.

PQM
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata e dispone la trasmissione degli atti al Tribunale di
Bari.
Così deciso in Roma, il 4 febbraio 2014
Il Presidente

Il Consigliere estensore

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