Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 8708 del 06/02/2013


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 8708 Anno 2013
Presidente: GARRIBBA TITO
Relatore: GRAMENDOLA FRANCESCO PAOLO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
CERANA ERMANNO N. IL 26/09/1941
CORTI COSTANTE GIUSEPPE N. IL 09/03/1950
avverso la sentenza n. 5222/2008 CORTE APPELLO di MILANO, del
30/04/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 06/02/2013 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. FRANCESCO PAOLO GRAMENDOLA „
Udito il Procuratore generale in persona del Dott.
che ha concluso per
ota ‘t.,C(.42 t;

Udito, per la fte civile, l’Avv
Udit i dif sor Avv.

Data Udienza: 06/02/2013

Osserva in:
FATTO E DIRITTO

Con sentenza in data 30/4/2012 la Corte di Appello

di

Milano

confermava la decisione in data 7/2/2008, con la quale il
Tribunale di Varese aveva condannato alla pena di giustizia
Cerana Ermanno e Costante Giuseppe Corti, siccome responsabili
loro 4 il primo quale amministratore unico, nominato custode della
s.r.l. “Al Melograno”, e il secondo 1 quale socio occulto e
amministratore di fatto della società avevano sottratto o
occultato la merce, consistita in capi di abbigliamento
contraffatti con l’indicazione delle marche griffate, sequestrata
nel procedimento penale n.3340/1999, nel quale il Cerana era
stato condannato per i reati di cui agli artt.648-474 cp..
Il motivazione la corte di merito condivideva la ricostruzione
della vicenda operata in prime cure e faceva propri i rilievi e
le argomentazioni del giudice di primo grado a conferma del
giudizio di colpevolezza, valorizzando la scomparsa dei beni, dei
quali il Cerana stesso era stato nominato custode e la
riferibilità di essa sia al Cerana che al Corti, il quale aveva
in uso una stanza proprio nella sede della ditta ed era in
possesso delle chiavi per accedere al locale, ove erano
depositati i capi di vestiario, ed inoltre aveva trattato con il
teste Bellinati l’affitto dell’immobile.

Contro tale decisione ricorrono entrambi gli imputati e ne
chiedono l’annullamento articolando vari motivi.
Con il primo motivo denunciano l’errata applicazione della norma
penale e il vizio di motivazione in riferimento alla ritenuta
ipotesi di concorso nel reato, censurando l’errore dei giudici
del merito che avevano omesso di indicare i ruoli

assunti

da

ciascuno di essi e di indicare i criteri seguiti nell’effettuare
il giudizio di colpevolezza, osservando che in capo

2

al Corti non

del reato di cui agli artt.110-334 cp., perché in concorso tra

era stato dimostrato alcun potere di controllo ex art.40 cp., che
lo abilitasse a rispondere della condotta dell’altro.
Con il secondo motivo deducono la violazione della legge penale e
il vizio di motivazione in riferimento alla omessa derubricazione
del reato ex art.335 cp. nei confronti del Cerana, al quale
avrebbe potuto addebitarsi solo l’omesso esercizio del potere di
vigilanza.

vizio di motivazione in riferimento alla individuazione del
“tempus commissi delicti” e la mancata declaratoria di
prescrizione del reato, essendo la data del commesso reato
collocabile in epoca prossima al 22/11/2004, in cui venne emessa
la sentenza del Tribunale, che ordinava la confisca dei beni in
sequestro
Con il quarto e quinto motivo eccepiscono contrasto di giudicati,
violazione del principio del “ne bis in idem” e delle norme di
cui agli artt.6-7 della CEDU in riferimento a due sentenze emesse
in epoca precedente a quella impugnata, entrambe divenute
irrevocabili, relative allo stesso fatto, la prima emessa dal
Tribunale di Varese in data 6/3/2003, passata in giudicato il
13/5/2003, nella quale l’imputato fu assolto, perché estraneo ad
ogni attività della Melograno srl, la seconda resa dalla sede
distaccata di Gavirate del medesimo Tribunale in data 22/2/04 e
divenuta irrevocabile il 21/11/2004, nella quale l’imputato venne
condannato. Ad avviso della difesa il contrasto avrebbe dovuto
essere risolto, riverberando i suoi effetti sulla decisione
impugnata che fondava il giudizio di responsabilità sulla seconda
sentenza senza prendere in alcuna considerazione la prima.
I ricorsi sono inammissibili.
I primi due motivi esulano dal catalogo dei casi di ricorso,
disciplinati dall’art.606/1 cpp., profilandosi come doglianze non
consentite ai sensi del co.3 ° cit,art., volte, come esse
appaiono, a introdurre come “thema decidendum” una rivisitazione
del “meritum causae”, preclusa, come tale in sede di scrutinio di

3

Con il terzo motivo lamentano l’inosservanza dell’art.157 cp e il

legittimità,

a fronte di una motivazione sui punti in

discussione, che dà conto con puntuale e adeguato apparato
argomentativo, di cui in precedenza si è fatto cenno, delle
ragioni della sussistenza dell’ipotesi criminosa contestata in
concorso, enunciando analiticamente gli elementi e le circostanze
di fatto convergenti e rilevanti a tal fine, e non mancando di
confutare la infondatezza dell’ipotesi colposa ex art.335 cp.,
condivisibili, in linea con i principi più volte espressi dalla
giurisprudenza di legittimità in materia (ex multis Cass.Sez.III
19/1-30/3/2012 n.12101 Rv.252448).
Manifestamente infondato è il terzo motivo, che pone in
discussione il momento consumativo del reato con argomenti in
fatto, inidonei a superare l’iter motivazionale seguito dai
giudici del merito, i quali in coerenza con quella risultante
dalla contestazione, correttamente hanno individuato la data del
commesso reato, facendola coincidere con l’accertamento degli
operanti dell’ammanco della merce in sequestro, avvenuto in data
9/3/2005 al momento dell’accesso ai locali (Cass.Sez.III 7/319/4/2006 n.13716 Rv.234239), onde facendo decorrere da tale data
il termine prescrizionale ex artt.157-160-161 cp. ne deriva che
alla data della sentenza di secondo grado tale termine non era
ancora spirato.
Difettano di specificità gli ultimi due motivi, che introducono
per la prima volta in questa sede una doglianza non formulata nei
motivi di appello, manifestamente infondata, giacché, dalla
lettura delle due sentenze allegate, si evince che nella prima il
Cerana fu assolto per non avere commesso il fatto, e condannato
il Corti in ordine ai reati di cui agli artt.474 e 648 cp.,
contestati in concorso, mentre nella seconda il solo Cerana fu
condannato in ordine ai medesimi reati, onde in quella sede
doveva farsi eventualmente valere il divieto del ne bis in idem.

4

prospettata dalla difesa, con argomenti in diritto pienamente

Diverso è invece il processo, che ci occupa, nel quale entrambi i
ricorrenti rispondono del diverso reato di cui agli artt.110-334
cp., e la qualifica di custode dei beni sequestrati in capo al
Cerana non appare mai posta in discussione.
Segue alla declaratoria di inammissibilità la condanna dei
ricorrenti al pagamento delle spese processuali e ciascuno al
ritenuta di giustizia ex art.616 cpp, di C 1.000,00.
p.

Q

M.

Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al
pagamento delle spese processuali e ciascuno della somma di C
1.000,00 in favore della cassa delle ammende.
Così deciso in Roma 6/2/2013
Il C

gliere est.

versamento in favore della cassa delle ammende della somma,

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