Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 8703 del 04/07/2013


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 8703 Anno 2014
Presidente: SQUASSONI CLAUDIA
Relatore: GRILLO RENATO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
PERRELLA CIRO N. IL 23/05/1962
avverso l’ordinanza n. 38/2011 TRIB.SEZ.DIST. di TORRE DEL
GRECO, del 28/10/2011
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. RENATO GRILLO;
lette/seg,tite le conclusioni del PG DtT.
d9-9,

Udit i difensor Avv.;

Data Udienza: 04/07/2013

RITENUTO IN FATTO

1.1 Con ordinanza del 28 ottobre 2011 il Tribunale di Torre Annunziata – Sezione
Distaccata di Torre del Greco – ha rigettato l’istanza avanzata nell’interesse di PERRELLA Circo
(soggetto condannato per il reato di costruzione abusiva) volta ad ottenere la sospensione
dell’ordine demolizione del manufatto dallo stesso realizzato, disposto dal Procuratore della
Repubblica presso quel Tribunale in esecuzione della sentenza del GIP del medesimo Tribunale

l’avvenuta presentazione sin dall’ 1 agosto 1995 della domanda di sanatoria ai sensi della L.
1724/94 presentata dalla sorella del condannato, nessun provvedimento positivo da parte del
Comune di Torre del Greco era stato adottato fino alla data di emissione dell’ordine di
demolizione e che nella specie si trattava di opere edili realizzate in zona soggetta a vincolo
paesaggistico senza che fosse mai stato chiesto e ottenuto il nulla osta dell’Autorità
competente alla tutela del paesaggio
1.2 Ricorre avverso il detto provvedimento il nominato PERRELLA Ciro a mezzo del proprio
difensore fiduciario deducendo tre motivi: a) manifesta illogicità della motivazione per avere il
Giudice dell’esecuzione omesso di verificare – alla luce della avvenuta presentazione della
istanza di condono ex L. 724/94 – la sussistenza dei presupposti (pagamento dell’oblazione
nella misura predeterminata per legge; pagamento degli oneri concessori; decorso del termine
annuale dalla data della domanda di condono) legittimanti il provvedimento positivo non
ancora formalmente rilasciato; b) carenza di motivazione in punto di avvenuto conseguimento
della sanatoria in quanto, ai sensi dell’art. 39 della Legge 724/94 sulla istanza, ancora non
esitata, volta all’ottenimento del condono edilizio, si sarebbe formato il silenzio-assenso in
relazione all’intervenuto pagamento dell’oblazione nella misura dovuta ed al decorso del
tempo, così come esplicitamente previsto dal comma 4° dell’articolo suddetto; c) eccezione di
illegittimità costituzionale dell’art. 31 comma 9 del D.P.R. 380/01 nella parte in cui non
prevede un termine entro il quale la P.A. deve pronunciarsi su eventuali istanze di condono per
asserito contrasto con l’art. 42 Cost. e dell’art. 31 del detto D.P.R. 10 della L. R. Campania
10/04 e 29 della legge fondamentale urbanistica, per contrasto con gli artt. 24, comma 1 e
113, comma 1 Cost.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile in quanto manifestamente infondato. Le ragioni in base alle
quali il giudice dell’esecuzione ha disatteso la richiesta di sospensione dell’ingiunzione a
demolire si basano su alcune ben precise argomentazioni, pienamente condivisibili in quando
coerenti con gli orientamenti giurisprudenziali di legittimità assolutamente consolidati formatisi
in subiecta materia.

1

del 21 ottobre 1993, divenuta irrevocabile. A motivo del rigetto la circostanza che, nonostante

2.

La ragione prevalente del rigetto è costituita dalla imprevedibilità dei tempi di

definizione dell’iter amministrativo volto all’ottenimento del condono edilizio.
2.1 Sul punto è assolutamente costante l’indirizzo secondo il quale l’ordine di demolizione
di opere edilizie abusive non è assoggettato alla regola del giudicato, ben potendo, in sede
esecutiva, procedersi ad una rivisitazione dell’ordine suddetto in vista di una eventuale revoca
in presenza di determinazioni della autorità o giurisdizione amministrativa incompatibili con
l’abbattimento del manufatto oppure in vista di una sospensione quando sia ragionevolmente

temporale. Ciò implica l’impossibilità di rivedere l’ordine laddove ricorra una mera possibilità
che in tempo lontano – o, quanto meno, non prevedibile – possano essere emanati atti
favorevoli al condannato. Tanto deriva dalla impossibilità di rinviare sine die la tutela del
territorio che l’ordine di demolizione è finalizzato a reintegrare (tra le tante Sez. 3^ 5.3.2009
n. 16686, Marano, Rv. 243463; idem, 17.10.2007 n. 42978, Parisi, Rv. 238145).
2.2 In tale contesto, il Giudice della esecuzione è tenuto ad una attenta disamina sui
possibili esiti e sui tempi di definizione della procedura del condono per la cui pendenza
l’istante ha chiesto la revoca o la sospensione dell’ordine. In particolare, il Giudice deve
anzitutto accertare il possibile risultato della richiesta di sanatoria e, in particolare, se esistano
cause ostative alla sua concessione (in tale ultimo caso l’inevitabile conclusione è quella del
rigetto della richiesta di sospensione o revoca).
2.3 Nella ipotesi di applicabilità del condono, dovrà valutare i tempi di definizione del
procedimento avanti l’autorità o la giurisdizione amministrativa e sospendere l’esecuzione solo
in prospettiva di una rapida definizione dello stesso.
3. Nel caso di specie il Giudice ha ritenuto, del tutto correttamente ed in coerenza con
l’indirizzo giurisprudenziale testè richiamato, tenuto anche conto della data assai risalente nella
quale era stata presentata la richiesta di condono senza che nelle more l’iter amministrativo si
concludesse, che la mancanza di indicazioni circa i tempi di definizione della procedura
amministrativa per il rilascio della concessione in sanatoria costituiva ostacolo allo

prevedibile, in base a elementi concreti, che un tale provvedimento sarà adottato in breve arco

accoglimento della istanza.
4. Ma sotto altro profilo, che questo Collegio reputa assorbente, il giudice ha anche
formulato un giudizio di non condonabilità dell’opera, in quanto realizzata in zona sottoposta al
vincolo paesaggistico senza che fosse stata rilasciata alcuna autorizzazione (in particolare
quella paesaggistica).
5.

La censura del ricorrente secondo la quale, nel caso in esame, sussistevano i

presupposti per farsi luogo alla procedura del silenzio-assenso di cui all’art. 39 della L. 724/94,
è del tutto destituita di fondamento.

2

A

5.1 Secondo la prospettazione difensiva nel caso di specie sussistevano le condizioni per
farsi luogo a tale peculiare procedura prevista dall’art. 39 della L. 724/94, essendo state
compiute da parte del ricorrente tutte le formalità prescritte da tale normativa.
5.2 Si tratta di tesi del tutto infondata: peraltro l’art. 32 comma 8 della Legge
fondamentale urbanistica n. 47/85 del 1985, inserito dalla L. 23 dicembre 1994, n. 724, art.
39, comma 7, prevede che, nel caso di costruzioni realizzate in zona sottoposta a vincolo
paesaggistico in quanto edificio ricadente su zona di notevole interesse pubblico (fattispecie

rilascio della concessione in sanatoria, subordinato, però, al conseguimento delle autorizzazioni
delle amministrazioni preposte alla tutela del vincolo.
5.3 L’esistenza del vincolo, quindi, rende inapplicabili le disposizioni sul silenzio-assenso,
che si riferiscono alla sola ipotesi di violazioni edilizie eseguite in zona non vincolata, secondo
quanto si evince chiaramente dai riferimenti normativi contenuti nella L. n. 724 del 1994, art.
39, comma 4, e dal riferimento all’ente locale che deve emettere il provvedimento negativo
entro il termine stabilito.
5.4 Nell’ipotesi di costruzioni in zone vincolate il rilascio della concessione in sanatoria è
subordinato alla autorizzazione della amministrazione competente per il vincolo: autorizzazione
che non è affatto presa in esame dalla norma citata. Il silenzio-assenso di cui al menzionato
art. 39 della L. n. 724/94 non è, quindi, applicabile alle costruzioni realizzate in zona vincolata.
5.5 Tale circostanza costituiva (e costituisce) ostacolo insormontabile per la condonabilità
dell’opera, per cui legittimamente il Tribunale ha respinto la richiesta di sospensione
dell’ingiunzione a demolire, rientrando tra i suoi poteri anche quello di verificare la
condonabilità dell’opera ed eventualmente disapplicare il provvedimento concessorio rilasciato
in violazione di legge.
5.6 Correttamente poi il Giudice ha sottolineato come nel caso de quo si era già verificata
l’acquisizione gratuita al patrimonio comunale una volta decorsi i termini di legge (90 giorni
dalla comunicazione della ingiunzione a demolire), senza che successivamente da parte del
Comune siano stati adottati provvedimenti incompatibili con l’ordine di demolizione, quali, in
ipotesi, un recupero edilizio del territorio o l’approvazione di determinati piani. Le deduzioni del
ricorrente sotto tale profilo sono assolutamente prive di rilievo.
6. Quanto alla proposta eccezione di incostituzionalità il Giudice – nel rilevarne la
manifesta infondatezza – ha posto in evidenza la circostanza che ai sensi dell’art. 2 della L.
241/90 è prevista la conclusione entro tempi predefiniti (90 giorni) del procedimento
amministrativo in caso di assenza di specifiche previsioni temporali ed ancora ha ricordato che
avverso l’eventuale inerzia della P.A. è ben possibile esperire i rimedi giurisdizionali davanti al
Tribunale Amministrativo. Tale procedura, come ricordato dal Giudice, non è stata seguita dal
privato interessato. Inconferenti si profilano i richiami alle mancate iniziative legislative da

3

specificamente contestata al PERRELLA) l’estinzione del reato si verifica solo a seguito del

parte della Regione Campania in materia di riassetto del territorio, così come i richiami alla
mancata predisposizione da parte del Comune dei p.u.c. o dei p.u.a. E’ quindi da escludere,
diversamente da quanto ipotizzato dal ricorrente, che il privato sia privo di tutele rispetto alla
inerzia della P.A.: il che basta a ritenere manifestamente infondate le questioni di
costituzionalità sollevate peraltro congruamente esaminate dal giudice.
6. Il ricorso, pertanto, deve essere dichiarato inammissibile ai sensi dell’art. 606 c.p.p.,
u.c. con le conseguenze di legge.

spese processuali, nonché al versamento – trovandosi egli in colpa nella determinazione della
causa di inammissibilità – della somma di C 1.000,00 (che si ritiene congrua) in favore della
Cassa delle Ammende.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di C 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma 4 luglio 2013
Il Consigliere estensore

Il Presidente

7. Alla inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle

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