Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 8699 del 04/07/2013


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 8699 Anno 2014
Presidente: SQUASSONI CLAUDIA
Relatore: GRILLO RENATO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
PROCURATORE DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE
DI GENOVA
nei confronti di:
PELLEGRINI FRANCESCO N. IL 14/03/1960
avverso l’ordinanza n. 18/2013 TRIB. LIBERTA’ di GENOVA, del
05/03/2013
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. RENATO GRILLO;
l /sentite le conclusioni del PG Dott. fic
t.53

Udit i difensor Avv.;

Data Udienza: 04/07/2013

RITENUTO IN FATTO

1.1 Con ordinanza del 5 marzo 2013 il Tribunale di Genova – Sezione per il Riesame all’esito dell’udienza celebrata in ordine all’appello proposto dal P.M. presso quel Tribunale
avverso il provvedimento del GIP del 30 gennaio 2013 con il quale era stato disposto il
sequestro preventivo per equivalente di somme fino alla concorrenza di € 55.725,00 nei
confronti di PELLEGRINI Fabrizio indagato per il reato di cui all’art. 10 ter del D. L.vo 74/00 e

gravame del Pubblico Ministero.
1.2 Osservava il Tribunale che la tesi prospettata dal P.M. appellante in ordine alla
possibilità di sequestro di beni societari in caso di reato tributario commesso da amministratori
non fosse giuridicamente possibile alla luce degli ultimi orientamenti giurisprudenziali di
legittimità che invertendo un precedente indirizzo possibilista, erano pervenuti alla conclusione
della impossibilità di assoggettamento di ben societari al sequestro preventivo finalizzato alla
confisca per equivalente stante la natura afflittiva del sequestro e non risultando i reati fiscali
compresi tra quei reati-presupposto che, in base al D.L.vo 231/01, consentivano l’adozione di
siffatta misura cautelare nei confronti degli enti per fatti penalmente illeciti commessi dagli
amministratori.
1.2 Ricorre avverso la detta ordinanza il Pubblico Ministero riproponendo la questione della
sequestrabilità di beni societari per fatti commessi dai singoli amministratori anche in tema di
reati fiscali, sottolineando la natura di misura di sicurezza di tipo afflittivo del sequestro che ne
rendeva possibile l’adozione ed evidenziando che scopo della confisca è quello di colpire
l’accrescimento patrimoniale in quei casi nei quali non è possibile apprendere i beni che
costituiscono il profitto del reato. Secondo il P.M. ricorrente, se è vero che il reato tributario è
addebitabile all’indagato – persona fisica, è parimenti incontestabile che le conseguenze
patrimoniali di tale condotta non possano che ricadere sulla società a favore della quale esso
indagato abbia agito, senza che debba quindi trovare applicazione – quale causa ostativa – il

rigettata analoga richiesta di sequestro nei confronti della società FRAME s.r.I., rigettava il

D. L.vo 231/01 come invece ritenuto dal Tribunale ligure.

CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso non è fondato. Il P.M. nel proprio ricorso procede per ipotesi via via escluse
che analizzano la natura del sequestro cautelare preventivo finalizzato alla confisca per
equivalente, scartando nell’ordine la tesi della natura sanzionatoria penale; quella della pena
principale e quella della pena accessoria e perviene, come esposto nelle premesse in fatto, alla
conclusione della natura di misura di sicurezza con esclusione del principio di irretroattività
(vds., in particolare, pag. 5 del ricorso). Nella propria esposizione il P.M. ricorrente fa leva su
alcuni arresti giurisprudenziali che non sembrano però riferirsi al caso in esame il quale

1

A

presente alcune specificità che il Tribunale del Riesame ha affrontato in modo corretto e
conforme agli ultimi orientamenti assunti in materia da questa Corte Suprema.
2. Secondo un recente arresto di questa Sezione, peraltro puntualmente richiamato nel
provvedimento reiettivo del Tribunale, “il sequestro preventivo, funzionale alla confisca per
equivalente, previsto dall’art. 19 del D.Lgs. 8 giugno 2001, n. 231, non può essere disposto sui
beni immobili appartenenti alla persona giuridica ove si proceda per le violazioni finanziarie
commesse dal legale rappresentante della società, atteso che gli artt. 24 e ss. del citato D.Lgs.

provvedimento, con esclusione dell’ipotesi in cui la struttura aziendale costituisca un apparato
fittizio utilizzato dal reo per commettere gli illeciti” (cos’ Sez. 3^ 19.9.2012 n. 1256, P.G. in
proc., Unicredit s.pa., Rv. 254796).
2.1 Trattasi di un indirizzo giurisprudenziale nient’affatto isolato che ha preso le mosse
dalla considerazione della misura cautelare come provvedimento di carattere afflittivo
sanzionatorio: si è infatti affermato da tempo il principio di diritto che la confisca per
equivalente svolge “una funzione sostanzialmente ripristinatoria della situazione economica
modificata in favore del reo dalla commissione del fatto illecito, mediante l’imposizione di un
sacrificio patrimoniale di corrispondente valore a carico del responsabile” (Sez. 3^ 14.6.2012
n. 25774, P.M. in proc. Amoddio e altro, Rv. 253062), dovendosi, quindi, escludere qualsiasi
funzione di prevenzione, che costituisce la principale finalità delle misure di sicurezza. È stato
anche affermato dalla giurisprudenza ormai consolidata di questa Corte che l’istituto in esame
della confisca per equivalente non è applicabile retroattivamente (cfr. con riferimento ai reati
tributari: sez. 3^, 24.9.2008 n. 39172, Canisto, Rv, 241033; Sez. 6^, 18.2.2009 n. 13098,
P.M. in proc. Molon e altri, Rv, 243127).
2.2 Viene quindi decisamente superata la tesi del P.M. ricorrente che vorrebbe inquadrare
il provvedimento cautelare di cui si discute nel novero delle misure di sicurezza patrimoniali
per assimilazione alle misure di prevenzione e confermata la tesi della natura penale
sanzionatoria della confisca.
2.3 tale affermazione porta alla conclusione della inapplicabilità dell’istituto nei confronti di
un soggetto diverso dall’autore materiale del reato a nulla rilevando, con riferimento alle
persone giuridiche, il cosiddetto “rapporto di immedesimazione organica del reo con l’ente del
quale con compiti o poteri vari egli fa parte” (Sez. 3^ 25774/12 cit.). (profilo, anche questo,
richiamato dal Tribunale che ne ha sottolineato la non attualità e giustificabilità teorica alla luce
degli orientamenti successivi.
2.4 Mutuato com’è l’istituto in parola dai criteri informatori del D. L.vo 231/01 con gli
adattamenti alla materia tributaria in dipendenza dell’art. 1 comma 143 della L. 244/07 (cd.
“finanziaria”), la questione riguardante la confisca per equivalente prevista dalla L. n. 231 del
2001, art. 19, comma 2, è applicabile alle persone giuridiche nella residuale ipotesi (a struttura

2

non prevedono i reati fiscali tra le fattispecie in grado di giustificare l’adozione del

societaria 6stituisca un apparato fittizio, utilizzato dal reo proprio per porre in essere i reati di
frode fiscale o altri illeciti, sicché ogni cosa fittiziamente intestata alla società sia
immediatamente riconducibile alla disponibilità dell’autore del reato).
2.5 Se così è, appare corretta la decisione del Tribunale di escludere la possibilità di
vincolare il patrimonio societario per condotte ascrivibili ai singoli amministratori, avendo il
Tribunale ritenuto di uniformarsi ai più recenti, e peraltro ripetuti, orientamenti di questa
Suprema Corte che hanno ribadito la tesi della non assoggettabilità dei beni societari al

amministratori.
2.6 Il ricorso del P.M. va quindi rigettato.

P.Q.M.
Rigetta il ricorso del P.M.
Così deciso in Roma il 4 luglio 2013
Il Consigliere estensore

Il Presidente

sequestro preventivo per equivalente nella ipotesi di reati fiscali commessi dagli

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