Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 8686 del 22/01/2014


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 8686 Anno 2014
Presidente: SQUASSONI CLAUDIA
Relatore: AMORESANO SILVIO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
1) Rodighiero Gentilin Simone nato il 10.2.1975
avverso la sentenza del 20.6.2013
della Corte di Appello di Venezia
sentita la relazione svolta dal Consigliere Silvio Amoresano
sentite le conclusioni del P.G., dr.Paolo Canevelli, che ha
chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso
sentito il difensore, avv. Maria Caprio, che ha con concluso
per l’accoglimento del ricorso

1

Data Udienza: 22/01/2014

e

1. Con sentenza del 20.6.2013 la Corte di Appello di Venezia confermava la sentenza del GUP
del Tribunale di Vicenza, emessa il 21.12.2012, con la quale Rodighiero Gentilin Simone,
applicata la diminuente per la scelta del rito abbreviato, era stato condannato alla pena di
anni 1, mesi 4 di reclusione ed euro 5.000,00 di multa per i reati di cui all’art.73 DPR 309/90
ascritti, riconosciuta la circostanza attenuante speciale di cui al comma 5.
Assumeva la Corte territoriale che dalle risultanze processuali emergeva la cessione, e
comunque la detenzione a fini di spaccio, della sostanza stupefacente, per cui non poteva
parlarsi né di detenzione per uso personale, né di consumo di gruppo.
Non era poi configurabile la circostanza attenuante speciale della collaborazione, non essendo
derivato dalle dichiarazioni dell’imputato alcun risultato utile alle indagini.
La pena inflitta in primo grado era, infine, proporzionata all’entità dei fatti ed alla personalità
dell’imputato, quale emergeva dai plurimi precedenti specifici.
2. Ricorre per cassazione il Rodighiero, deducendo la mancata assoluzione per non aver
commesso il fatto, quanto meno ai sensi dell’art.530 cpv. c.p.p., stante l’indeterminatezza
del quantitativo di stupefacente e risultando comunque la destinazione alli uso di gruppo,
nonchè il mancato riconoscimento della circostanza attenuante di cui al comma 7 dell’art.73
DPR 309/90 (nonostante la collaborazione fornita) e l’eccessività della pena inflitta.
Con memoria del 19.10.2013 si assume che l’assunzione di sostanze stupefacenti per un
periodo prolungato determina alterazioni che possono incidere sulla capacità di intendere e di
volere, per cui andava disposta perizia.

CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è generico e manifestamente infondato.
2. L’acquisto e la detenzione di sostanze stupefacenti, destinate all’uso personale, non sono
punibili e rientrano nella sfera dell’illecito amministrativo di cui all’art.75 DPR 309/90 quando
avvengano per conto e nell’interesse anche di altri soggetti diversi dall’agente purchè sia certa
fin dall’inizio l’identità dei medesimi, nonchè manifesta la loro volontà di procurarsi le sostanze
destinate al proprio consumo (cfr. ex multis Cass.sez.un. n.4 del 28.5.1997; sez.4 n.12001
dell’11.5.2000; sez.6 n.28318 del 3.6.2003; sez.6 n.31456 del 3.6.2004, sez.6 n.37078
dell’1.3.2007; sez.4 n.7939 del 14.1.2009; sez.6 n.8366 del 26.1.2011).
Le Sezioni Unite, con la sentenza n.25401 del 31.1.2013, hanno ribadito che, anche all’esito
delle modifiche apportate dalla L. 21.2.2006 n.49 all’art.73 DPR 309/1990, il c.d. consumo di
gruppo di sostanze stupefacenti, sia nell’ipotesi di acquisto congiunto, che in quella di mandato
all’acquisto collettivo ad uno dei consumatori, non è penalmente rilevante, ma integra l’illecito
amministrativo sanzionato dall’art.75 stesso DPR, a condizione che: a) l’acquirente sia uno
degli assuntori; b) l’acquisto avvenga sin dall’inizio per conto degli altri componenti del
gruppo; c) sia certa sin dall’inizio l’identità dei mandanti e la loro manifesta volontà di
procurarsi la sostanza per mezzo di uno dei compartecipi, contribuendo anche
finanziariamente all’acquisto”
2.1. La Corte territoriale, con motivazione adeguata ed immune da vizi logici, ha, con preciso
riferimento alle risultanze processuali, escluso il cd. consumo di gruppo.
Ha rilevato, infatti, che dalle dichiarazioni, pienamente attendibili,
di Zuccon Ghiotto
emergeva che il predetto aveva acquistato e pagato singole dosi di cocaina, nei tre mesi
precedenti, senza minimamente far cenno ad un consumo collettivo.
Il ricorrente, senza censurare specificamente tale motivazione, continua a ribadire
genericamente ed assertivamente che si trattava di consumo di gruppo.
3. Quanto all’invocata attenuante della collaborazione, l’art.73 comma 7 DPR 309/90 fa
riferimento a chi si adopera per evitare che l’attività delittuosa sia portata a conseguenze
ulteriori, anche aiutando concretamente l’autorità di polizia o l’autorità giudiziaria nella

2

RITENUTO IN FATTO

4. Infine la Corte territoriale ha adeguatamente argomentato in ordine all’esercizio del potere
discrezionale nella determinazione della pena, assumendo che la sanzione irrogata in primo
grado doveva ritenersi proporzionata tenuto conto dell’entità dei fatti e dei plurimi precedenti
specifici dell’imputato.
5. In ordine ai rilievi contenuti nella memoria, anche a volerli considerare come un motivo
nuovo, trattasi di questione introdotta per la prima volta in questa sede e, per di più, non
“collegabile” ai motivi di ricorso. In ogni caso la richiesta di espletamento di perizia non è
supportata da alcun elemento (ad es. documentazione medica).
6. Il ricorso va quindi dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento delle
spese processuali, nonchè, in mancanza di elementi atti ad escludere la colpa nella
determinazione della causa di inammissibilità, al versamento in favore della cassa delle
ammende di sanzione pecuniaria che pare congruo determinare in euro 1.000,00, ai sensi
dell’art.616 c.p.p.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali
ed al versamento della somma di euro 1.000,00 in favore della cassa delle ammende.
Così deciso in Roma il 22.1.2014

sottrazione di risorse rilevanti per la commissione dei delitti. Palesemente, quindi, non sono
“sufficienti” generiche indicazioni non riscontrabili.
Secondo la giurisprudenza di questa Corte, invero, perchè sia integrato l’elemento della
collaborazione occorre, quanto meno, che il contributo fornito dal soggetto risulti
concretamente utile, cioè tale da determinare in maniera diretta un esito favorevole per le
indagini e la cessazione dell’attività criminale ad essa relativa (cfr-Cass.pen-sez.4 n.28548 del
29.7.2005). L’attività positiva richiesta, che la norma riassume nell’espressione “si adopera”,
può anche risolversi nel rendere dichiarazioni, che però non devono consistere in semplici
chiamate in correità o in indicazioni generiche sulle modalità di consumazione del reato, ma
devono possedere, quanto meno, una concretezza ed efficacia per i fini investigativi
(Cass.pen.sez.4, 22.4.2004; conf.Cass.pen.sez.4 n.20237 del 14.6.2006).
La Corte territoriale ha escluso che si siano verificati i presupposti per l’applicazione della
circostanza attenuante in questione, evidenziando che il riconoscimento fotografico del
nigeriano “Owen” e di certo “Pietro” non avevano portato ad alcun risultato concreto.
Anche in proposito il ricorrente si limita ad affermare di avere “collaborato narrando fatti auto
ed eteroaccusatori oltre che facendo nomi di noti spacciatori poi arrestati grazie anche al
riconoscimento” (pag.4 ricorso)

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