Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 8666 del 05/02/2014


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 8666 Anno 2014
Presidente: AGRO’ ANTONIO
Relatore: LANZA LUIGI

SENTENZA
decidendo sul ricorso proposto da Sepe Federico, nato il giorno 5 gennaio 1976,
avverso l’ordinanza 24 giugno 2013 del Tribunale del riesame di Catania.
Visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso.
Udita la relazione fatta dal Consigliere Luigi Lanza.
Sentito il Pubblico Ministero, nella persona del Sostituto Procuratore Generale
Aurelio Galasso che ha concluso per la declaratoria di inammissibilità del ricorso.

RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Sepe Federico ricorre, a mezzo del suo difensore, avverso l’ordinanza 24
giugno 2013 del Tribunale del riesame di Catania, che, in parziale riforma
dell’ordinanza del G.I.P. presso il Tribunale di Catania in data 21 maggio 2013, ha
sostituito alla misura cautelare della custodia in carcere con quella degli arresti
domiciliari presso la Comunità terapeutica Onlus II Falco”, con sede legale in Villa
Literno (CE).

Data Udienza: 05/02/2014

I

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2. Il Tribunale ha ritenuto il compendio indiziario a carico del ricorrente
connotato di sicura gravità con riferimento ai reati contestati ai capi A (artt. 80
comma 2, 74, commi 1, 2 e 4 d.p.r. 309/90) e B della rubrica (artt. 81 capoverso,
73 e 80 d.p.r. 309/90 ed art. 7 legge 203/1991), in adesione alla motivata
decisione del G.I.P., con ciò rigettando le diverse contrarie argomentazioni della

3. Per la gravata ordinanza, infatti, le risultanze dell’attività investigativa di
tipo tecnico, unitamente agli esiti dei servizi di osservazione, pedinamento e
controllo, predisposti dalla polizia giudiziaria e al contenuto delle dichiarazioni dei
collaboratori di giustizia, precise, coerenti, autonome e convergenti,

hanno

ampiamente integrato un quadro indiziario, senz’altro grave in relazione al delitto
associativo, aggravato siccome contestato, tra gli altri, a Sepe Federico, in
relazione all’arco temporale compreso tra maggio e ottobre 2009, concretizzatosi
nella gestione da parte dell’organizzazione criminale in questione, articolata nelle
frange catanese e napoletana -la prima, facente capo ad Aurichella e DAquino e la
seconda ai fratelli Carbone Bruno e Antonio- di un imponente traffico di cocaina tra
la Spagna e Catania.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Con un unico motivo di impugnazione si prospetta vizio di motivazione
per contraddittorietà e carenza, sul presupposto della ritenuta assente indicazione
degli elementi indizianti sulla stabilità del vincolo e dell’apporto apprezzabile e non
episodico alla vita del sodalizio, tenuto conto che il Sepe è stato oggetto di
indagine dal 9 al 18 giugno, durata temporale incompatibile con il concetto di
«stabilità».
2. Il motivo come rilevato dal Procuratore generale è inammissibile.
3. E’ noto invero che la richiesta di riesame ha la specifica funzione, come
mezzo di impugnazione, sia pure atipico, di sottoporre a controllo la validità
dell’ordinanza cautelare con riguardo ai requisiti formali enumerati nell’art. 292
cod. proc. pen. e ai presupposti ai quali è subordinata la legittimità del
provvedimento coercitivo, ne consegue che la motivazione della decisione del
tribunale del riesame, dal punto di vista strutturale, deve essere conformata al
modello delineato dal citato articolo, ispirato al modulo di cui all’art. 546 cod. proc.

difesa.

t

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pen., con gli adattamenti resi necessari dal particolare contenuto della pronuncia
cautelare, non fondata su prove, ma su indizi e tendente all’accertamento non
della responsabilità, bensì di una qualificata probabilità di colpevolezza ( cfr. in
termini: Sez. U, 11/2000 Rv. 215828 in ricorso Audino).
3.1. Pertanto, il controllo di legittimità sulla motivazione delle ordinanze di

immodificata giurisprudenza ( cfr. ex plurimis: cass. pen. sez. Sez. 1, 1700/1998
Rv. 210566), è preordinato ad una doppia verifica: da un lato, quella della
congruenza e della coordinazione logica dell’apparato argomentativo, che collega
gli indizi di colpevolezza al giudizio di probabile colpevolezza dell’indagato e,
dall’altro, quello della valenza sintomatica degli indizi.
3.2. Tale controllo inoltre, stabilito a garanzia del provvedimento, nel caso
in cui la motivazione risulti adeguata, coerente ed esente da errori logici e giuridici,
non involge il giudizio ricostruttivo del fatto e gli apprezzamenti del giudice di
merito circa l’attendibilità delle fonti e la rilevanza e la concludenza dei risultati del
materiale probatorio.
Infine ed in particolare, il vizio di mancanza della motivazione dell’ordinanza
del riesame, in ordine alla sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza non può
essere sindacata dalla Corte di legittimità, quando non risulti “prima facie” dal
testo del provvedimento impugnato, restando estranea alla valutazione di
legittimità la verifica della sufficienza e della razionalità della motivazione sulle
questioni di fatto (cfr. ex plurimis e da ultimo: cass. pen. sez. 4, Sentenza n.
26992 del 29/05/2013 Cc. Rv. 255460).
3.3. Tanto premesso, ritiene la Corte che la gravata ordinanza abbia
ampiamente spiegato ed argomentato tutte le circostanze utili alla identificazione
del ricorrente, al ruolo da lui assunto nell’ambito del sodalizio, all’apporto dato alla
sussistenza dell’organizzazione criminosa, mediante una condotta che è stata
evidenziata nel suo apporto causale e di consapevolezza e nella sinergia con gli
altri sodali, tenuto tra l’altro conto:
a) che si è giunti all’odierno indagato nel controllo del singolare tragitto
seguito dall’utenza «3466379490» che, dalla Spagna, era giunta a Mascali per
poi rientrare a Napoli circostanza che ha reso plausibile l’ipotesi investigativa

riesame dei provvedimenti restrittivi della libertà personale, per risalente ed

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secondo il cellulare fosse in uso a soggetto campano il quale, dopo essere stato in
Spagna per trattare l’acquisto di sostanza stupefacente, si fosse recato nel
catanese (a Mascali) per consegnare direttamente ad Aurichella l’utenza stessa al
fine di mantenere contatti sicuri;
b) che la disamina del traffico telefonico dell’utenza in questione consentiva

ragione del tenore delle conversazioni dei messaggi di testo intercettati,
contestuali servizi di osservazione e pedinamento, nonché videoregistrazione
presso luoghi individuati di volta in volta dalla Polizia giudiziaria in conseguenza del
controllo dei soggetti campani di volta in volta giunti a Catania e dintorni nell’arco
temporale compreso tra il 9 e il 12 giugno 2009;
c) che il prosieguo dell’attività investigativa si concentrava sugli scambi di
messaggi di testo intercorsi a partire dal 30 maggio 2009 tra l’utenza
«3466386998»

che risulterà essere in uso al ricorrente Sepe Federico (che

sottoposto a fermo il 18 giugno 2009 verrà trovato in possesso dell’utenza in
questione), componente della frangia campana dell’organizzazione, e l’utenza
3466050003 (intestata a cittadina russa, tale Hutsul Svitiana, e attivata in data 23
maggio 2009 presso il dealer Maistrini Master Dealer srl di Casoria) che risulterà
essere in uso ad Aurichella (sottoposto a fermo il 18 giugno 2009 e trovato in
possesso dell’utenza de qua);
d) che dal controllo dei detti contatti e dal tenore delle comunicazioni è
risultata la natura e l’ampiezza dei rapporti Sepe-Aurichella e l’ulteriore
collegamento, tra gli altri, con l’utenza «3466385132» che si è poi accertata in
uso a Carbone Bruno, proveniente dall’utenza
Carbone Antonio,

«3466386998» , in uso a

dal seguente tenore: “FRATE MA FETA.E MARLB.SI SA

QUALC”.;
e) che Carbone Antonio è il fratello di Carbone Bruno (cfr. all. 12), con
precedenti specifici, tratto in arresto nel 2006 dal R.O.N.O. dei Carabinieri di Napoli
in esecuzione dell’ordinanza custodiale n. 73 5/06 R.G. GIP emessa il 6 dicembre
2006 dal GIP presso il Tribunale del capoluogo campano, in quanto gravemente
indiziato di far parte di un’associazione di cui all’art. 74 DPR n. 3 09/90 composta

di individuare ulteriori utenze di interesse investigativo, cui si accompagnavano, in

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da vari individui di diverse nazionalità con collegamenti in Spagna, Olanda e Sud
America;
f) che successivamente, il 9 giugno 2009, si accertava la presenza in
Catania del ricorrente Sepe e Carbone Antonio e Lo Sasso (Marlboro) e che in
relazione alle risultanze di Polizia giudiziaria era estremamente probabile che in

del TIR condotto da Lo Sasso, “scortato” da Sepe Federico e Carbone Antonio, e
che con lo stesso autocarro fosse stata inviata a Napoli dai catanesi la somma di
denaro corrispettivo della transazione;
g) che la presenza di Chianese Gianpaolo a Catania il 21 giugno 2009 era da
ricollegarsi con elevata probabilità alla necessità per la frangia napoletana di
recuperare parte del corrispettivo delle partite di droga inoltrate ai catanesi, come
comprovato dal tenore dei messaggi di testo tra l’utenza 3401990854. in uso a
D’Aquino Gaetano, e l’utenza 3484157053, in uso a Carbone Bruno;
h) che tale giudizio per i fatti del 9 giugno era da trasformarsi in certezza in
relazione agli eventi occorsi in data 18 giugno 2009, allorquando il Lo Sasso, a
bordo del medesimo TIR, già noto alle forze dell’ordine, veniva intercettato e
controllato con il rinvenimento -all’interno del semirimorchio- di 30 kg di cocaina e
quattro pistole di grosso calibro, che il Lo Sasso, poi tratto in arresto, si apprestava
a consegnare alla frangia catanese dell’organizzazione, scortato anche
nell’occasione da Sepe Federico e Carbone Antonio i quali venivano posti in stato di
fermo;
I) che nell’occasione dell’arresto e dei fermi anzidetti gli indagati erano in
possesso di utenze mobili e di apparecchi telefonici già sotto intercettazione: ciò
consentiva di abbinare con certezza le utenze “anonime” agli effettivi utilizzatori;
m) che le ulteriori emergenze processuali hanno confermato e supportato le
originarie ipotesi investigative sulla sussistenza, operatività e composizione del
sodalizio e dei reati fine.
4. In tale contesto di sinergiche ed indiscutibili argomentazioni, risultano
pertanto palesemente infondate, attesa comunque la loro genericità, le doglianze
del ricorso in punto di pretese omissioni di riferimento agli atti di indagine ed alle
verifiche di Polizia giudiziaria, che si pretende di dover limitare ad un solo arco

quella data fosse giunta a Catania una rilevante partita di droga proprio a bordo

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temporale di nove giorni, opportunamente ma irragionevolmente dimenticando,
che non è la durata della percezione degli inquirenti che conta, ma il quadro
dell’organizzazione che è emerso nonchè le concrete condotte, in essa attuate dal
ricorrente, il quale ha sicuramente manifestato comportamenti del tutto
compatibili e conformi, in termini di gravità indiziaria, alla provvisoria imputazione.

Alla decisa inammissibilità consegue, ex art. 616 C.P.P., la condanna del
ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma, in favore della
Cassa delle ammende, che si stima equo determinare in C. 1000,00 (mille).
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di C. 1.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma il giorno 5 febbraio 2014
I consigliere estensore

Il ricorso va quindi dichiarato inammissibile.

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