Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 8665 del 05/02/2014


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 8665 Anno 2014
Presidente: AGRO’ ANTONIO
Relatore: LANZA LUIGI

SENTENZA
decidendo sul ricorso proposto da

Scognamiglio Antonio, avverso l’ordinanza

di archiviazione 29 dicembre 2012 del G.I.P. presso il Tribunale di Piacenza, nei
confronti di Marrocu Lorenzo, nato il giorno 21 agosto 1969,

Carini Daniele

nato il giorno 18 gennaio 1954, Gasparotti Roberta, nata il 16 giugno 1957,
Ristagno Salvatore,

nato il giorno 25 dicembre 1970, Teodosi Alessandro,

nato il giorno 5 settembre 1974.
Visti gli atti, il provvedimento impugnato, il ricorso e la memoria depositata il 29
gennaio u.s..
Udita la relazione fatta dal Consigliere Luigi Lanza.

Data Udienza: 05/02/2014

2

Lette le richieste del Pubblico Ministero, nella persona del Sostituto Procuratore
Generale Gianluigi Pratola, che ha concluso per la declaratoria di inammissibilità
del ricorso.
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Scognamiglio Antonio, persona offesa (che aveva presentato un esposto

ad ottenere la cessione delle quote, da lui possedute nell’ambito della Carini s.p.a.)
ricorre, a mezzo del suo difensore, avverso l’ordinanza 29 dicembre 2012 con la
quale il Giudice per le Indagini Preliminari presso il Tribunale di Piacenza ha
disposto l’archiviazione parziale del procedimento penale n. 3314/H R.G. G.I.P.
1..1. Si lamenta in proposito che sia stata disposta l’archiviazione parziale
del procedimento per i capi a-b-c-e, con restituzione degli atti per ulteriore corso
quanto al reato del

capo d,

limitandosi però il giudice a richiamare le

argomentazioni contenute nella richiesta di archiviazione del Pubblico Ministero,
senza fare alcun riferimento all’opposizione che era stata presentata avverso tale
richiesta e, nello specifico, alle indagini suppletive ivi indicate.
2. Il Procuratore generale nella sua requisitoria ha chiesto la pronuncia di
inammissibilità del ricorso evidenziando:
a)

che il provvedimento impugnato è stato emesso a seguito della

opposizione del ricorrente, all’esito della rituale instaurazione e celebrazione
dell’udienza partecipata in camera di consiglio;
b) che l’ordinanza di archiviazione è impugnabile soltanto nei rigorosi limiti
fissati dall’art. 409 comma 6 cod. proc. pen. e che tali limiti valgono quale che sia
il procedimento a conclusione del quale viene formulata;
c)

che detta norma, nel fare espresso e tassativo richiamo ai casi di nullità

previsti dall’art. 127 c.p.p., comma 5, legittima il ricorso per cassazione soltanto
nei casi in cui le parti non siano state poste in grado di esercitare le facoltà
previste dalla legge e cioè l’intervento in Camera di consiglio;
d) che la violazione del contraddittorio è l’unico vizio denunziabile con il
ricorso avverso il provvedimento di archiviazione, a maggior ragione quando, come
nella specie, si tratta di provvedimento emesso a seguito di camera di consiglio
(S.U., sent. 24 del 1995, citata, e tra molte, Sez. 1, n. 9440 del 3/2/2010, Sez. 6,

nel quale lamentava di essere stato oggetto di minacce ed intimidazioni, finalizzate

3

n. 436 del 05/12/2002; Sez. 1, n. 8842 del 07/02/2006; Sez. 6, n. 3896 del
26/10/1995; Sez. 6, n. 3018 del 20/09/1991);
e) che la natura, interlocutoria e sommaria dell’archiviazione, finalizzata a
un controllo di legalità sull’esercizio dell’azione penale e non a un accertamento sul
merito dell’imputazione (C. cost. ord. nn. 153 del 1999, 150 del 1998, 54 del

di legalità e obbligatorietà dell’azione penale, consentono di affermare che i diritti
della persona offesa siano stati nella vicenda adeguatamente garantiti;
f) che, pertanto, sono inammissibili tutti i profili di censura attinenti a
pretesi difetti di valutazione o di motivazione del provvedimento impugnato, anche
in relazione a pretese pretermissioni od erronea valutazione delle tesi della
persona offesa esposte nell’atto di opposizione;
g) che, infine, quanto alla richiesta di ulteriori indagini, non è possibile
dedurre la nullità del provvedimento di archiviazione perché la celebrazione
dell’udienza, ove le parti hanno avuto modo di rappresentare al giudice i fatti e di
giustificare la richiesta contenuta nell’atto di opposizione, anche con riferimento
alla eventuale domanda di indagini suppletive, consente di ritenere che nessuna
violazione del contraddittorio si è consumata.
3. Ritiene la Corte, corrette e condivisibili le argomentazioni dianzi proposte
dalla parte pubblica, che il ricorso debba essere dichiarato inammissibile, qui
ribadita la regola (cfr. da ultimo cass. Pen. Sez. 1, 9440/2010 Rv. 246779)
dell’inammissibilità

del

ricorso,

proposto

avverso

il

provvedimento

di archiviazione mediante la prospettazione di vizi di motivazione che, come
avvenuto nella specie, non si risolvano in violazioni del contraddittorio, ovvero per
“errores in iudicando” fondati su una diversa interpretazione della legge
sostanziale.
4.

Il ricorso va quindi dichiarato inammissibile.

Alla decisa inammissibilità consegue, ex art. 616 C.P.P., la condanna del
ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma, in favore della
Cassa delle ammende, che si stima equo determinare in €. 500,00 (cinquecento).
P.Q.M.

2003; sent. n. 319 del 1993), nonché la ratio, esclusivamente servente il controllo

4

dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di €. 500,00 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma il giorno 5 febbraio 2014

Il consigliere e nsore

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