Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 8658 del 04/02/2014


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 8658 Anno 2014
Presidente: AGRO’ ANTONIO
Relatore: LANZA LUIGI

SENTENZA
decidendo sul ricorso proposto Rinaldi Filiberto, nato il giorno 10 ottobre
1965, avverso il decreto della Corte d’appello di Roma, 7 febbraio 2013, che
ha confermato il decreto del Tribunale di Frosinone 26 novembre 2010
Visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso.
Udita la relazione fatta dal Consigliere Luigi Lanza.
Lette le conclusioni del Pubblico Ministero, nella persona del Sostituto
Procuratore Generale Pietro Gaeta, che ha concluso per la declaratoria di
inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Rinaldi Filiberto ricorre, a mezzo del suo difensore, avverso il
decreto della Corte d’appello di Roma, 7 febbraio 2013, che ha confermato il

Data Udienza: 04/02/2014

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decreto del Tribunale di Frosinone 26 novembre 2010, di applicazione della
misura di prevenzione personale della sorveglianza speciale di P.S. per la
durata di anni due, con obbligo di soggiorno nel Comune di Patrica, nonché
della misura di prevenzione patrimoniale della confisca di alcuni fabbricati di

2. L’impugnazione è peraltro limitata alla misura di carattere
patrimoniale per la quale, con un unico motivo, si deduce violazione di legge
avuto riguardo agli artt. 117 comma 1 Costituzione, 4 comma 10 legge
1423/1956 e 2 ter e segg. Legge 575/1965, avendo la parte assolto
compiutamente all’onere di giustificare la legittima provenienza del denaro e
degli immobili.
2.1. La tesi difensiva è quella secondo cui gli immobili, oggetto della
giuridica apprensione, furono in realtà realizzati mediante:
a) lo scambio di mano d’opera tra il Rinaldi Filiberto e i sigg.ri Brocco
Emanuele, Brocco Gerardo, Rinaldi Alessio quest’ultimo che, in conseguenza
della propria attività di lavoro svolta, oltre alla mano d’opera, con l’assenso
del genitore, avrebbe fornito anche materiali e macchinari), Iacovissi
Damiano;
b) l’elargizione, da parte del suocero Morgia Giovanni di Euro 13.000;
c) la dazione, da parte del fratello Rinaldi Angelo della complessiva di
80.000 euro a fronte della rinuncia, da parte del proposto, alla sua quotà di
una eredità facente capo alla sorella;
d) l’elargizione , da parte della madre sig.ra Cianfrocca Olga, della
somma di euro 25.000,00.
2.2. A sostegno di ciò, la difesa ha depositato: a) le dichiarazioni
testimoniali dei sigg.ri Brocco Emanuele, Brocco Alessio, lacovissi Damiano e
Rinaldi Alessio raccolte ex art. 391 bis e ter c.p.p.; b) le attestazioni Banca
UNICREDIT riguardanti prelievi di somme di denaro in contanti (quando e
quanto e in che tempi) da parte del Rinaldi Angelo nell’arco di tempo
corrispondente alla. esecuzione dei lavori per la realizzazione del manufatto;
c) le dichiarazioni confermanti tali dazioni di denaro.

proprietà e della somma di euro 4.900,00.

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CONSIDERATO IN DIRITTO
1.

Il ricorso, come rilevato dal Procuratore generale, vette

esclusivamente sulla ritenuta sussistenza dei presupposti oggettivi per la
disposta misura patrimoniale e cioè sull’asserita sproporzione tra redditi di

risulta titolare, unitamente alla convivente.
2. A fronte di tale assunto il ricorso lamenta, con censure già
sostenute in appello, disattese dalla Corte di merito con un’ampia e
dettagliata motivazione, di cui oggi si finisce, sostanzialmente, per sindacarne
concludenza, completezza e logicità:
a) che il Giudice di merito abbia disatteso la documentazione prodotta
dalla difesa e, per di più, non abbia neppure inteso ammettere la richiesta
prova per testi;
b) che le motivazioni addotte circa l’inidoneità probatoria del materiale
documentale prodotto dalla difesa risultavano meramente apparenti, fino al
punto da integrare un’ipotesi di mancanza strutturale di motivazione;
c) che comunque i signori Brocco ed Iacovissi “non sono persone della
famiglia Rinaldi”;
d) che è irragionevole pretendere una “traccia documentale” di dazioni
di denaro contante tra stretti congiunti.
3. Il ricorso, per come argomentato, è inammissibile.
3.1. In proposito giova ricordare che la Corte d’appello di Roma, con
motivazione corretta ed esaustiva, ha ritenuto che nessun fondamento
avessero le deduzioni della difesa sulla legittima provenienza dei beni
immobili e della somma, ritenendo, in particolare, di nessuna “valenza
probatoria” e credibilità, per un verso, il preteso “scambio di manodopera” e,
per altro verso, le dazioni di denaro parentali.
3.2. Sul punto, il ricorrente definisce “eccentrica” l’affermazione dei
Giudici secondo cui è probatoriamente inefficace la dimostrazione che i
familiari (fratello e madre) del ricorrente effettuassero dei prelievi in assenza
di prova documentale della destinazione di tali somme al Rinaldi.

lecita provenienza, documentati dal prevenuto e patrimonio immobiliare di cui

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Tuttavia tale censura sul ragionamento della corte distrettuale, come
rilevato dal Procuratore generale, non appare né giustificata, né ragionevole,
apparendo il ragionamento della Corte d’appello assolutamente immune da
ogni aporia logica: non si tratta solo di un profilo formale dell’esperimento

percezione, da parte del ricorrente, di somme di denaro di lecita
provenienza), ma di un uso sostanziale della logica.
3.3. Sul tema, valgono le argomentazioni del Procuratore generale
considerato:
a) che una rinuncia di quota ereditaria di tale consistenza da potersi
quantificare in € 80.000, non è mai garantita nella realtà da una Itretta di
mano, anche tra due fratelli: e la circostanza che neppure una minima traccia
documentale di un tale accordo sia emersa induce, logicamente, a ritenere
che non sia mai avvenuta.
b) che una consistente donazione (per ben 25.000 euro) effettuata da
un genitore, secondo “l’id quod plerumque accidit”, lascia traccia,
quantomeno sui conti del figlio beneficiario: e proprio in ragione della
presenza di altri potenziali beneficiari di tali donazioni.
4.

In tale quadro ritiene la Corte di aderire alla richiesta di

inammissibilità formulata dal Procuratore generale per l’assorbente ragione
che l’ostentata e sostenuta assenza di motivazione, fondante il
corrispondente vizio di violazione di legge, altro non è che il falso obbiettivo
del ricorso, laddove il vero bersaglio risulta essere la valutazione effettuata
dal giudice proprio in ordine alla concludenza probatoria delle allegazioni
difensive, nonchè la congruità delle giustificazioni circa la provenienza delle
somme utilizzate per la realizzazione degli immobili.
4.1. Deve quindi convenirsi con la parte pubblica sul punto che si
tratta di una critica alla valutazione discrezionale ma ragionevole del giudice,
rispetto alla quale non può certo prospettarsi un vuoto motivazionale
strutturalmente irricevibile a maggior ragione avuto riguardo allo “specimen”

probatorio (essendo comunque il fatto probatorio da dimostrare la

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ed ai limiti che connotano, tipicizzandolo, il giudizio di legittimità in tema di
misure di prevenzione.
4.2. Il ricorso va quindi dichiarato inammissibile.
Alla decisa inammissibilità consegue, ex art. 616 C.P.P., la condanna

favore della Cassa delle ammende, che si stima equo determinare in C.
1000,00 (mille).
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di C. 1.000,00 in favore della Cassa delle
ammende.
Così deciso in Roma il giorno 4 febbraio 2014
Il consigliere estensore

del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma, in

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