Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 8654 del 11/02/2014


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 8654 Anno 2014
Presidente: PAOLONI GIACOMO
Relatore: CAPOZZI ANGELO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
COSTA DAVIDE SALVATORE N. IL 12/06/1966
avverso la sentenza n. 2639/2012 CORTE APPELLO di PALERMO,
del 09/01/2013
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 11/02/2014 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. ANGELO CAPOZZI
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. E. V,,01 LUPA-can E
che ha concluso per dt rI4iJto 9eck- INeof-v:p

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Udito, per li-parte civile, l’Avv. t1. RA.4tly. G

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Data Udienza: 11/02/2014

Considerato in fatto

1. COSTA Davide Salvatore è stato tratto a giudizio per il delitto di
associazione esterna a Cosa Nostra realizzato mediante la stipulazione di

ad oggetto – da un lato – il procacciamento di voti in favore del COSTA

nelle elezioni per il rinnovo dell’Assemblea Regionale siciliana del giugno
2001 da parte di detta organizzazione, sulla base di una intesa raggiunta
tramite MANNIRA’ Angelo Davide, con BONAFEDE Natale,
rappresentante di quella famiglia mafiosa, all’epoca latitante; sostegno
elettorale concretamente posto in essere con l’intervento di appartenenti
a tale famiglia – d’altro lato -Ximpegno da parte del COSTA a favorire e
ad avvantaggiare il sodalizio mafioso ; impegno in concreto
manifestatosi, tra l’altro, nell’aver favorito, attraverso il suo personale
intervento presso i vertici della Direzione del Banco di Sicilia, la positiva
definizione di una controversia bancaria, nella quale erano interessati
MANNIRA’ Angelo Davide e BONAFEDE Natale , nonché nell’appoggio
della stessa famiglia per impedire la candidatura a sindaco del Comune
di Marsala di Pietro PIZZO, a fronte dell’impegno del medesimo COSTA
ad interferire nella gestione dell’amministrazione dello stesso Comune,
anche nell’interesse dell’organizzazione mafiosa.

2. Il G.U.P del Tribunale di Palermo , all’esito del giudizio abbreviato,
con sentenza del 19.12.2006 ha assolto l’imputato perché il fatto non
sussiste e la sentenza è stata confermata dalla Corte di appello di
Palermo il 17.6.2010.

3. Con sentenza del 5.6.2012 la Corte di cassazione – a seguito di
ricorso del P.G. – ha annullato con rinvio la predetta sentenza di appello
ritenendo apodittica ed approssimativa la conclusione cui era giunta la
Corte di merito circa la logica personalistica di rapporti che avrebbero
riguardato soltanto i singoli soggetti interessati e non , invece, il
sodalizio mafioso; dovendosi valutare da parte del giudice del rinvio
sotto il profilo causale le attività concretamente poste in essere dal
COSTA rispetto alla conservazione ed al rafforzamento dello stesso
sodalizio marsalese e dovendosi completare l’indagine sui contenuti

1

un patto con esponenti di rilievo della famiglia mafiosa di Marsala avente

oggettivi dell’accordo fra il COSTA ed il gruppo criminale, al fine di
effettuare quella verifica ex post circa la positiva rilevanza causale
dell’accordo elettorale politico-mafioso ritenuto accertato. E, nell’ambito
del completo potere di riesame della vicenda processuale devoluta, la
Corte di legittimità indicava – ove non si fosse ritenuto integrato
l’ipotizzato concorso esterno – lo specifico obbligo di esaminare la

cui all’art. 416 ter c.p. indicandone , altresì, i caratteri costitutivi
secondo la giurisprudenza della stessa Corte.

4. Con sentenza del 9.1.2013 la Corte di appello di Palermo, quale
giudice del rinvio, in riforma della sentenza emessa dal G.U.P. del
Tribunale di Palermo – a seguito di appello del P.M. – ha dichiarato il
COSTA colpevole del reato di cui all’art. 416 ter c.p., così riqualificato il
fatto contestatogli, condannandolo a pena di giustizia.

5. Avverso la sentenza propone ricorso per cassazione l’imputato a
mezzo dei difensori deducendo:
5.1. violazione degli artt. 627 co. 2 e 628 co. 2 c.p.p. ex art. 606 lett. b)
ed e) c.p.p.. Si denuncia la violazione del principio di diritto fissato dalla
sentenza di annullamento in relazione al riesame di tutte le prove
acquisite e difetto di motivazione in ordine alla esatta identificazione
del contenuto dell’accordo tra il COSTA ed altri soggetti e
l’identificazione di questi ultimi attraverso la totale pretermissione di
quella parte delle fondamentali – al riguardo – dichiarazioni del
collaboratore CONCETTO, rese nel corso del suo esame giudiziale il 15 e
22 giugno 2006, secondo le quali il predetto – da un lato – non sapeva,
e dunque, non era in grado di affermare, che COSTA avesse mai avuto
consapevolezza dell’intervento di <> e di BONAFEDE in
particolare, e – dall’altro- che la famiglia mafiosa non aveva interesse
alla risoluzione dei problemi economici del MANNIRA’ ignorando se
COSTA fosse stato informato o meno dell’eventuale intervento del
BONAFEDE. Con il conclusivo risultato probatorio secondo il quale le
dichiarazioni del CONCETTO non autorizzano in nessun modo
l’affermazione che COSTA sapesse di BONAFEDE.
Ancora, contraddittorio sarebbe il ragionamento della Corte in ordine
all’intervenuto giudicato assolutorio in capo al MANNIRA’ Davide che, ai
contrario di quanto si assume in sentenza, consente di escludere il
2

condotta accertata a carico dell’imputato nell’ambito della fattispecie di

raggiungimento della prova in ordine alla conclusione di un accordo tra
l’organizzazione mafiosa e l’uomo politico.
5.2. violazione dell’art. 627 co.3 c.p.p. in relazione all’art. 628 co. 2
c.p.p. in ordine alla ritenuta connotazione della fattispecie di cui all’art.
416 ter c.p.. In particolare, si censura il travisante assunto della
sentenza gravata in ordine all’orientamento fatto proprio dalla sentenza

reato, avrebbe spostato l’attenzione dal perfezionarsi del solo accordo
all’uso nella campagna elettorale del metodo descritto dal comma III
dell’art. 416 bis cui fa rinvio l’art. 416 ter c.p., ritenendo assorbito nella
condotta di quest’ultima fattispecie la circostanza aggravante ex art. 7
d.l. 152/91 secondo la modalità mafiosa. Al contrario, secondo il
ricorrente, il principio affermato dalla sentenza rescindente centrerebbe
la fattispecie sul momento in cui il patto si stringe, essendo irrilevante il
conseguimento del denaro e l’uso della forza intimidatrice nel corso della
campagna elettorale.
5.3. erronea applicazione dell’art. 416 ter c.p. ex art. 606 lett. b) c.p.p..
Questa si estrinsecherebbe, innanzitutto, attraverso il già citato
assorbimento dell’aggravante speciale nella struttura della fattispecie,
riconducendo quest’ultima nell’alveo della previsione di cui all’art. 51 co.
3 bis c.p.p, mentre il delitto in questione costituirebbe un reato distinto
ed autonomo, creato per punire l’«extraneus>> alla consorteria e che
rinvierebbe all’art. 416 bis co. 3 c.p. solo «quoad poenam». Inoltre,
rimarcando l’accertamento in fatto operato dalla sentenza secondo la
quale oggetto del patto sarebbe stata la prestazione di una influenza
promessa dal politico, dovrebbe conseguentemente escludersi che la
fattispecie contestata possa ad essa applicarsi violando il tenore
letterale della norma e ricorrendo ad una analogia in <>.
5.4. erronea applicazione dell’art. 160 co. 3 e 161 co. 2 c.p. in relazione
all’art. 51 co. 3bis c.p.p. e all’art. 10 I.n. 251/2005 in ordine alla
mancata declaratoria di estinzione del reato per intervenuta
prescrizione, risultando erronea l’inclusione dell’illecito nell’ambito
dell’art. 51 co. 3 bis c.p.p. e dovendosi riconoscere applicabile perché
più favorevole la nuova disciplina introdotta con la I. n. 251/2005.
5.5. erronea applicazione dell’art. 417 c.p. risultando pacifico che il
riferimento ai «due articoli precedenti» è agli artt. 416 e 416 bis
c.p..

3

rescindente che, ai fini della individuazione degli elementi costitutivi del

5.6.erronea applicazione degli artt. 133 e 62 bis c.p. e carenza,
manifesta illogicità della motivazione in punto di individuazione della
pena base e mancata concessione delle attenuanti generiche, risultando
introdotti elementi giustificativi che esulano dalla concreta fattispecie,
con l’esclusione di vantaggi per l’organizzazione mafiosa, e dallo stato
soggettivo dell’imputato.

24.10.2013 si deduce:
5.7.1. Con riferimento al primo motivo di riscorso, trattandosi di
sentenza di condanna intervenuta dopo due precedenti sentenze di
segno opposto, il già dedotto vizio di motivazione deve esser valutato
anche sotto il profilo della ritenuta necessità di confrontarsi
puntualmente con quanto di diverso ritenuto e argomentato dal giudice
che ha assolto, non potendosi assorbire tale aspetto facendosi leva sul
mutamento del «nomen juris» e non potendosi dire che nella specie
tale confronto sia avvenuto.
5.7.2. Ancora con riferimento al primo motivo di ricorso, si richiama – in
relazione alle dichiarazioni del CONCETTO – l’orientamento di legittimità
maturato a seguito delle sentenze della Corte EDU Dan/Moldavia e
HANU c/ Romania che impone al giudice di appello , in caso di riforma
«in pejus» della precedente assoluzione, di raccogliere nuovamente
la prova dichiarativa innanzi a sé.
5.7.3. Con riferimento al secondo motivo di ricorso, si rimarca l’erroneità
dell’assorbimento della aggravante ex art. 7 d.l. n. 152/1991 nell’art.
416ter c.p. osservando che la percezione all’esterno della provenienza
mafiosa fungerebbe esclusivamente da requisito di idoneità, oltre che
specializzante rispetto alla corruzione elettorale comune.
5.7.4. In relazione al terzo motivo, si osserva che l’approvazione della
Camera dei deputati il 16 luglio 2013 di un nuovo testo che assimila
l’erogazione di danaro all’ottenimento di “altre utilità” rafforza gli
argomenti a sostegno della natura analogica «in malam partem» di
una assimilazione oggi operata in sede giudiziale.
5.7.5. Con riferimento al IV motivo di ricorso si richiama la sentenza
costituzionale n. 57/2013 secondo la quale l’inserimento dell’art. 51
comma 3 bis c.p.p. non può implicare effetti ulteriori rispetto a quelli
propri della norma processuale in questione, esulandosi dalla diversa e.
più grave significatività dell’incriminazione prevista dall’art. 416bis c.p.

5.7. Con motivi nuovi e contestuale memoria difensiva depositata il

Ritenuto in diritto

Il ricorso è infondato e deve essere rigettato.

1.La sentenza impugnata, dopo aver escluso la configurabilità della

ascritta al ricorrente, è pervenuta all’affermazione di responsabilità di
questi in ordine al delitto di cui all’art. 416 ter c.p. ritenendo provato che
il COSTA candidato nelle elezioni regionali siciliane svoltesi il 24 giugno
2001, in tale occasione, servendosi di MANNIRA’ Davide Salvatore, abbia
chiesto consapevolmente l’appoggio a BONAFEDE Natale nella sua
qualità di capomafia in grado di procurare tutti quei voti individuati
quale contropartita dell’originaria offerta nell’ordine dei cento milioni di
lire, poi progredita – per una scelta dello stesso BONAFEDE – verso una
diversa piattaforma di prestazioni 3 Ovvero l’intervento del COSTA presso
il Banco di Sicilia in favore dello stesso MANNIRA’ e di suoi familiari
relativo alla transazione avente ad oggetto posizioni debitorie ad essi
riferibili.
1.1. Fondamento probatorio della ricostruzione è – innanzitutto – la
captazione della conversazione del 28.5.2001 tra gli esponenti mafiosi
RALLO – reggente di fatto del clan marsalese – e GIGLIO – pure
qualificato intraneo al detto clan, nell’ambito della quale, oltre alla
analoga iniziativa di scambio prezzolato del politico locale PIZZO, si
parla della proposta fatta dal COSTA, in occasione di quella campagna
elettorale per le elezioni regionali, di corrispondere cento milioni per
ottenere l’appoggio elettorale da parte dell’organizzazione mafiosa
facente capo al BONAFEDE e si critica la strategia di quest’ultimo
disposto a sacrificare dazioni di quel tipo a fronte di certi ‘favori’,
considerato che i politici dopo le elezioni si sarebbero lo stesso <

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