Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 8653 del 05/02/2014


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 8653 Anno 2014
Presidente: AGRO’ ANTONIO
Relatore: LANZA LUIGI

SENTENZA
decidendo sul ricorso proposto da Berberi Dritan nato il giorno 26 marzo 1984 in
Albania, avverso la sentenza 24 maggio 2013 della Corte di appello di Milano.
Visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso.
Udita la relazione fatta dal Consigliere Luigi Lanza.
Sentito il Pubblico Ministero, nella persona del Sostituto Procuratore Generale
Aurelio Galasso, che ha concluso per l’annullamento con rinvio della gravata
sentenza.

RITENUTO IN FATTO
1. Berberi Dritan ricorre, a mezzo del suo difensore, avverso la sentenza
24 maggio 2013 della Corte di appello di Milano che, in parziale riforma della
sentenza del G.I.P. presso il Tribunale di Milano, ritenuta la continuazione tra i

Data Udienza: 05/02/2014

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reati dei capi A e C della rubrica ha ridotto la pena ad anni 6, mesi 10 di
reclusione ed €. 31 mila di multa.
2. Berberi Dritan e Rrapo Gazmir sono stati tratti a giudizio e ritenuti
responsabili in entrambi i gradi di giudizio per i reati di cui agli artt.: A) 110 c.p.
e 73 D.P.R. 309/90 perché, in concorso tra loro [e con Xhameta Durin, nei cui

sostanza stupefacente del tipo eroina, frazionata in 18 panetti del peso
complessivo di g. 9.384 mediamente pura al 5,30% e un panetto di hashish di g.
488, mediamente puro al 7,30%; C) 110 c.p., 10 e 12 L. 497/74 perché, in
concorso tra loro [e con Xhameta Durìn, nei cui confronti di procede
separatamente], detenevano illegalmente una pistola cal. 9 mm, marca Star B
Echevvarria Espana – arma da guerra – completa di munizionamento; in Milano, il
4.5. 2012.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il difensore del Berberi propone due motivi di impugnazione.
Con un primo motivo viene dedotta inosservanza ed erronea applicazione
della legge, nonché vizio di motivazione sotto il profilo della ritenuta
responsabilità per i reati in tema di armi di cui al capo C), responsabilità ottenuta
mediante l’utilizzo di una massima dì comune esperienza secondo cui il mero
possesso delle chiavi, a lui consegnate, per consentire allo Xhameta di prelevare
i panetti di stupefacente dal veicolo, implicava la conoscenza che a bordo dello
stesso veicolo, in una borsa rimasta nel baule, vi fosse l’arma da guerra, arma
finalizzata nella lettura dei giudici di merito a fronteggiare i rischi connessi
all’accertato traffico illecito.
2. Il motivo è fondato.
2.1. E’ noto, per costante e conforme giurisprudenza:
a) che nel giudizio formulato a conclusione del processo penale -il quale
non può mai essere di probabilità, ma di certezza- possono trovare ingresso, nella
concatenazione logica di vari sillogismi in cui si sostanzia la motivazione, anche le
massime di esperienza (Sez. VI, 7 marzo 2001, dep. 21 luglio 2003, n. 31706;
Cass. Pen. Sez. 1,329/1991 Rv. 186149 Grilli);

confronti si procede separatamente, illecitamente detenevano a fini di spaccio

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b) la differenza tra massima di esperienza e mera congettura risiede nel
fatto che, nel primo caso, il dato è stato già, o viene comunque, sottoposto a
verifica empirica, e quindi la massima può essere formulata nella scorta dell’ «id
quod plerumque accidit» , mentre nel secondo caso tale verifica non vi è stata, nè
può esservi, ed essa resta affidata ad un nuovo calcolo di possibilità, sicché la

c) che, peraltro, il ricorso al criterio di verosimiglianza e alle massime
d’esperienza vale a conferire al dato preso in esame valore di prova soltanto
quando possa escludersi plausibilmente ogni spiegazione alternativa che invalidi
l’ipotesi all’apparenza più verosimile, ponendosi, in caso contrario, tale dato come
mero indizio da valutare insieme con gli altri elementi risultanti dagli atti (cass.
pen. sez. 6, 5905/2012 Rv. 252066);
c) che pertanto risulta viziata per illogicità e di carenza della motivazione la
decisione del giudice di merito che, fondandosi apparentemente su una massima
di esperienza, valorizzi in realtà una mera congettura, insuscettibile di verifica
empirica (cass. pen. sez. 2, 44048/2009 Rv. 245627).
2.2. Orbene la motivazione della gravata sentenza non ha rispettato dette
regole di inferenza e valutazione della prova nella parte in cui ha dato per
scontato (‘è esperienza comune”) che « per fronteggiare i rischi che si incontrano
nei traffici illeciti non sia possibile ricorrere alla tutela delle forze dell’ordine,
cosicché appare necessario essere provvisti di elementi di deterrenza ed a questo
fine un’arma è quanto mai opportuna…. Non è naturalmente necessario che
l’arma sia in possesso del soggetto ma è sufficiente che sia facilmente
raggiungibile in caso di bisogno » .
2.3. I giudici di merito hanno così attribuito al ricorrente, che aveva
ricevuto dal coimputato Xhameta le chiavi del veicolo per prelevare da esso
(come avvenuto) lo stupefacente ivi contenuto:
a) la conoscenza che, all’interno della vettura, vi fosse custodita anche un )
arma la cui presenza era da ricollegare, secondo una ritenuta ragionevole lettura
della realtà ed in relazione al “l’id quod plerumque accidit”, alla funzionale e
naturalmente condivisa necessità di proteggersi e salvare lo stupefacente da
aggressioni di terzi, non tutelabili con il ricorso alle forze dell’ordine;

massima rimane insuscettibile di verifica empirica e quindi di dimostrazione;

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b) la disponibilità dell’arma, da parte dell’imputato, per tale generica
evenienza.
2.4. Reputa la Corte che detta motivazione sia per il Berberi inadeguata ed
illogica, in quanto con essa non si è data giustificazione dei profili psicologici
della condotta attribuitagli, nonchè della concreta, materiale disponibilità

bagagliaio della vettura, condotta e nel possesso dello Xhameta,.
2.5. La gravata sentenza va quindi annullata sul punto, con rinvio ad altra

sezione che, nella piena libertà del giudizio di merito di esclusiva competenza, e
nel rispetto dei criteri dianzi indicati, ponga rimedio al rilevato vizio di
motivazione.
3. Con un secondo motivo si lamenta l’omesso immotivato riconoscimento
delle circostanze attenuanti generiche e violazione di legge in punto di
determinazione della sanzione, avuto anche riguardo alla circostanza che ai
coimputati Berberi Dritan e Rrapo Gazmir, giudicati in abbreviato, è stata inflitta
la pena finale di anni sei e 10 mesi di reclusione ed € 31.000 di multa ciascuno,
nel mentre il coimputato Xhameta Durin, giudicato separatamente con il rito
ordinario, ha subito una condanna pari a sei anni di reclusione ed € 22.000,00 di
multa con una palese violazione del principio di proporzionalità.
3.1. La doglianza, al limite dell’inammissibilità, è inaccoglibile.
La sussistenza di attenuanti generiche è infatti oggetto di un giudizio di
fatto, e può essere esclusa dal Giudice con motivazione fondata sulle sole ragioni
preponderanti della propria decisione, per cui la motivazione, purché congrua e
non contraddittoria -come nella specie- non può essere sindacata in Cassazione
neppure quando difetti di uno specifico apprezzamento per ciascuno dei pretesi
fattori attenuanti indicati nell’interesse dell’imputato”(Cass. Penale sez. IV,
12915/2006 Billeci).
Quanto alla lamentata disparità di trattamento in punto di pena, va ribadito
(cass. pen. sez. 6, 21838/2012 Rv. 252880, Giovane) che in tema di ricorso per
cassazione, non può essere considerato come indice di vizio di motivazione il
diverso trattamento sanzionatorio riservato nel medesimo procedimento
ai coimputati, anche se correi, salvo che il giudizio di merito sul diverso

dell’arma, la quale risultava essere stata celata, all’interno di una borsa, nel

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trattamento del caso, che si prospetta come identico, sia sostenuto da asserzioni
irragionevoli o paradossali, evenienza questa non verificata nella fattispecie.
In conclusione: la sentenza impugnata va annullata, con conferma nel resto,
limitatamente al giudizio di responsabilità sul reato di detenzione d’arma e rinvio
per nuovo giudizio sul punto ad altra Sezione della Corte di appello di Milano.
Annulla la sentenza impugnata limitatamente al giudizio di responsabilità sul reato
di detenzione d’arma e rinvia per nuovo giudizio sul punto ad altra Sezione della
Corte di appello di Milano. Rigetta nel resto il ricorso.
Così deciso in Roma il giorno 5 febbraio 2014
Il consiglie estensore

P.Q.M.

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