Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 8650 del 04/02/2014


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 8650 Anno 2014
Presidente: AGRO’ ANTONIO
Relatore: LANZA LUIGI

SENTENZA
decidendo sul ricorso proposto da Novelli Edoardo, nato il giorno 30 luglio 1962,
avverso la sentenza 14 giugno 2013 della Corte di appello di Roma.
Visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso.
Udita la relazione fatta dal Consigliere Luigi Lanza.
Sentito il Pubblico Ministero, nella persona del Sostituto Procuratore Generale
Mario Fraticelli, che ha concluso per il rigetto del ricorso, nonché il difensore della
parte civile avv. Maurizio Greco dell’ Avvocatura di Stato, che ha chiesto
l’inammissibilità o il rigetto dell’impugnazione, depositando conclusioni e nota
spese, e sentito altresì il difensore del ricorrente avv. Giancarlo Luzi che ha
chiesto l’accoglimento dell’impugnazione.
RITENUTO IN FATTO
1. Novelli Edoardo ricorre, a mezzo del suo difensore, avverso la sentenza
14 giugno 2013 della Corte di appello di Roma che, in parziale riforma della
sentenza 20 aprile 2012 del Tribunale di Roma, ha dichiarato non doversi

Data Udienza: 04/02/2014

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procedere nei suoi confronti per intervenuta prescrizione, confermando le
statuizioni civili in favore del Ministero della Finanza.
2. Il Tribunale di Roma: ha condannato Novelli Edoardo alla pena di anni 3
mesi 3 di reclusione perché responsabile del reato di cui all’art. 314 cp in quanto,
avendo come impiegato di V livello del Ministero della Finanza la disponibilità di

condannato altresì l’imputato al risarcimento dei danni nei confronti del Ministero
della Finanza costituito parte civile.
2.1. Il giudizio di responsabilità si è fondato sul verbale di sequestro del
q
R timbro all’interno dell’abitazione del prevenuto, sulla deposizione dei teste De
Vita, che in dibattimento riferiva di aver accertato presso il Minitero l’autenticità
del timbro stesso, nonché sulla confessione resa dal Novelli.
2.2 In conclusione / per la gravata sentenza, la condotta dell’imputato ha
realizzato gli elementi oggettivi e soggettivi del reato di peculato, considerato
che: egli era impiegato di V livello, con mansioni di archivista presso la
Direzione Generale del Ministero della Finanza (teste Tranchini), per cui rivestiva
il ruolo di incaricato di pubblico servizio; aveva l’immediata disponibilità dei
timbro per lo svolgimento del suo incarico amministrativo ( è lui stesso a
dichiarare che il timbro era sul suo tavolo di lavoro); si era appropriato
dell’oggetto portandolo presso la sua abitazione.
CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è composto di due motivi.
1.1.Con un primo motivo viene dedotta

inosservanza ed erronea

applicazione della legge sul punto della mancata audizione del teste di riferimento
del consegnatario del timbro / Sig. Melfa, la cui audizione si sarebbe resa
necessaria posto che, contrariamente all’assunto della gravata sentenza: a)
risulta che il difensore del Novelli all’udienza del 20 aprile 2012 aveva chiesto
l’esame del consegnatario; b) consta altresì che al detto consegnatario era stato
esibito non il “timbro” ma la sua “impronta”; c) manca la prova che il “timbro
fosse ancora in uso”, tanto non potendosi desumere dall’affermazione
dell’imputato che aveva ammesso di averlo sottratto dal suo tavolo.

un timbro del Ministero stesso, se ne appropriava, fatto accertato il 8-5-2001; ha

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1.2. Con un secondo motivo si lamenta la ritenuta sussistenza degli
elementi costitutivi del peculato, tenuto conto che nella specie trattavasi di
timbro: non più in uso (oggetto di “antiquariato dicasteriale”); mai utilizzato dal
detentore; di valore economico inconsistente anzi privo di alcun valore, senza
concreta possibilità di utilizzo per la sua non attuale validità e che aveva pertanto

2.

Nessuno dei due motivi, tra loro correlati e da esaminarsi

congiuntamente, risulta fondato.
2.1. Quanto alla prima censura, è noto che “prova decisiva”, la cui mancata
assunzione è deducibile come motivo di ricorso per cassazione, è solo quella
prova che, non assunta o non valutata, vizia la sentenza intaccandone la struttura
portante (cfr. ex plurimis: cass. pen. sezione. 6, u.p. 12 maggio 2011, Cananzi
ed altri).
2.2. Inoltre la valutazione di siffatta decìsívità va compiuta accertando se i
fatti, indicati dal ricorrente nella relativa richiesta, siano tali da potere inficiare
tutte le argomentazioni poste a fondamento del convincimento del Giudice (cfr.
Cass. Sez. 1, 12584/1994 r.v. 200073) e risulta pertanto priva di fondamento la
censura che denunzi il rigetto, sul punto, della istanza difensiva, se tale rigetto,
come nella specie, risulta sorretto da argomentazioni logiche, idonee a dimostrare
che le cosiddette controprove, dedotte dalla parte, non possono modificare il peso
delle prove di accusa (cfr. Cass. pen. Sez. 3,

27581/2010 Rv. 248105; sez.II,

16354/2006, rv.234752).
2.3. Nella vicenda la corte distrettuale -con una argomentazione in questa
sede non censurabile per la sua linearità logica- ha sostenuto che non ricorreva la
necessità di procedere a tale assunzione testimoniale in quanto l’imputato,
innanzi al P.M., aveva espressamente riconosciuto di aver sottratto il timbro
dell’Amministrazione “che stava sul tavolo del suo ufficio”, circostanza questa che
consentiva di apprezzare ad un tempo sia l’autenticità dello strumento, che
l’attualità del suo utilizzo.
2.4. Quanto poi all’asserzione, contenuta nel gravame, e relativa alla
esibizione al consegnatario dell’impronta e non dello strumento “timbro” trattasi
di asserzione difensiva, avversata da contraria affermazione della Corte di

perso il suo fisiologico vincolo di destinazione a finalità pubbliche.

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appello, e non documentata in questa sede nel rispetto del canone
dell’autosufficienza del ricorso.
2.5. L’accertamento dell’autenticità dello strumento, e della persistente
attualità del suo utilizzo è inutilmente contrastata dal secondo motivo di
doglianza, il quale peraltro non tiene conto, né si misura in modo efficace, con gli
timbro non più in uso, né mai utilizzato, privo di alcun valore, senza concreta
possibilità di utilizzo per la sua non attuale validità e ormai privo del suo
fisiologico vincolo di destinazione a finalità pubbliche.
2.6. L’argomentare difensivo in questione non è condivisibile considerato
che, quand’anche vi fosse la prova (e ciò non risulta) che il timbro in questione
non fosse più in uso (circostanza negata dal mero fatto della sua presenza sul
tavolo del funzionario), tale dato temporale non invalida il valore economicofunzionale dello strumento stesso, il quale, per la sua provenienza è finalizzato a
dare connotazione genetica ed ufficiale ad atti della P.A., garantendone il
momento reale di formazione, soprattutto in caso di successione nel tempo di
timbri di diversa configurazione e fattura.
2.7. In conclusione si è quindi ben lontani (vds: cass. pen. sez.
6, 42836/2013) Rv. 256686, Sgroi) da un’ipotesi di assenza di intrinseco rilievo
economico dell’oggetto dell’appropriazione, ed anche di mancante reale incidenza
di quest’ultima sulla funzionalità dell’ufficio o del servizio, apprezzata, per
quest’ultima evenienza, la concreta possibilità di un illecito strumentale utilizzo.
3. Il ricorso pertanto risulta infondato, valutata la conformità del
provvedimento alle norme stabilite, nonché apprezzata la tenuta logica e
coerenza strutturale della giustificazione che è stata formulata, con conseguente
condanna dell’imputato al pagamento delle spese processuali nonché di quelle
sostenute dalla parte civile che si liquidano in C. 1.200, 00 oltre i.v.a. e c.p.a.

assunti dei giudici di merito ai quali intende proporre un’alternativa realtà di un

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P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali
nonché di quelle sostenute dalla parte civile che liquida in €. 1.200, 00 oltre
i.v.a. e c.p.a.

Il consigliere estensore

Così deciso in Roma il giorno 4 febbraio 2014

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