Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 864 del 20/04/2017


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 864 Anno 2018
Presidente: NOVIK ADET TONI
Relatore: TARDIO ANGELA

SENTENZA

sul ricorso proposto da
Masucci Mario, nato a Napoli il 27/09/1961

avverso la ordinanza del 10/05/2015 della Corte di appello di Venezia

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
sentita la relazione svolta dal consigliere Angela Tardio;
lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore
generale Giovanni Di Leo, che ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza del 10 maggio 2015 la Corte di appello di Venezia, in
funzione di giudice dell’esecuzione, ha dichiarato inammissibile l’istanza
presentata il 5 marzo 2015 nell’interesse di Mario Masucci, volta a ottenere la
declaratoria di non definitività della sentenza del 26 novembre 2008 del
Tribunale di Cagliari e la nullità dell’emissione dell’ordine di carcerazione.

Data Udienza: 20/04/2017

La Corte, ritenuta la propria competenza -in linea con le conclusioni del
Tribunale di Cagliari che, adito, l’aveva declinata- per avere emesso la sentenza
del 22 aprile 2013, divenuta irrevocabile per ultima, rilevava, condividendo le
argomentazioni esposte dal Procuratore generale che testualmente richiamava,
che la questione posta atteneva alla eventuale nullità di notifiche all’imputato
eseguite nel corso del procedimento di cognizione, definito con la sentenza in
oggetto, parzialmente riformata con sentenza del 20 ottobre 2010 della Corte di
appello di Cagliari, irrevocabile il 6 luglio 2011 per la declaratoria di

fatte valere con l’incidente di esecuzione.

2. Avverso detta ordinanza ha proposto ricorso per cassazione, per mezzo
del suo difensore avv. Giancarlo Tunno, l’interessato Masucci, chiedendone
l’annullamento per erronea applicazione e interpretazione della legge penale, ai
sensi dell’art. 606, comma 1, lett. b), cod. proc. pen., sulla base di due motivi.
2.1. Con il primo motivo il ricorrente denuncia la incorsa violazione dell’art.
670 cod. proc. pen., rappresentando che oggetto del proposto incidente di
esecuzione era la valutazione sulla legittimità del titolo e della sua formazione,
viziati per totale mancanza delle notifiche riguardanti il processo durante la sua
inininterrotta detenzione per altra causa (prima in Francia e poi in Italia) dal 10
settembre 2007, e deducendo che nella fase esecutiva può essere rimesso in
discussione anche il corretto iter di formazione del titolo esecutivo.
2.2. Con il secondo motivo è denunciata la violazione dell’art. 666, comma
2, cod. proc. pen., per avere la Corte, nonostante l’apparente etichettatura di
valutazione ictu ()culi della istanza proposta, svolto un accertamento specifico
sulla presenza dei presupposti dell’istituto, svolgendo un apprezzamento
discrezionale.

3. Il Sostituto Procuratore generale presso ha depositato requisitoria scritta,
concludendo per la declaratoria di inammissibilità del ricorso.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. La manifesta infondatezza del primo motivo consegue al rilievo,
correttamente rimarcato nell’ordinanza impugnata con pertinente richiamo a
consolidati principi (Sez. 1, n. 8776 del 28/01/2008, Lasco, Rv. 239509; tra le
successive, Sez. 1, n. 5880 del 11/12/2013, dep. 2014, Amore, Rv. 258765),
che, in sede di incidente di esecuzione attivato ai sensi dell’art. 670 cod. proc.
pen., l’indagine affidata al giudice è limitata al controllo della esistenza di un

2

inammissibilità del ricorso per cassazione, e che tali nullità non potevano essere

titolo esecutivo e della legittimità della sua emissione, e che, pertanto, non si
estende all’apprezzamento di nullità, anche assolute e insanabili, eventualmente
verificatesi nel corso del processo di cognizione in epoca precedente alla data del
passaggio in giudicato della decisione, quali quelle correlate alla contestata
ritualità delle notificazioni degli atti del procedimento, che avrebbero potuto
eventualmente giustificare una richiesta di restituzione nel termine.
Tali considerazioni in diritto, logicamente accompagnate dalle indicazioni
fattuali relative al limite del petitum, collegato alla richiesta di declaratoria di

di carcerazione”, e alla doghanza, costituente il fondamento della stessa, relativa
alla sola irregolarità delle “notifiche degli atti del procedimento conclusosi colla
condanna”, senza alcuna richiesta, neppure in via gradata, di restituzione nel
termine, resistono alle deduzioni difensive.
Il ricorrente, invero, astraendo da ogni confronto con le ragioni
dell’ordinanza impugnata, mentre ha insistito sulla eccezione di totale mancanza
delle notifiche che ha viziato il titolo esecutivo e la sua formazione, non ha
considerato l’estraneità alla procedura intrapresa, in coerenza con la sua ratio,
delle questioni riguardanti le nullità interne verificatesi nel corso del
procedimento, deducibili o dedotte con i mezzi di gravame, e non contestabili in
sede esecutiva, anche enunciando, in termini generici e già non prospettati,
l’erronea notifica dell’estratto contumaciale.

2.

È privo di alcuna fondatezza anche il secondo motivo, essendo

stato il provvedimento collegiale impugnato correttamente emesso de plano, alla
luce di condivisi principi di diritto (tra le altre, Sez. 1, n. 277 del 13/01/2000,
Angemi, Rv. 215368; Sez. 5, n. 34960 del 14/06/2007, Stara, Rv. 237712;
Sez. 3, n. 47402 del 21/10/2014, Chisci, Rv. 260971; Sez. 1, n. 53017 del
02/12/2014, Borachuk, Rv. 261662), con coerente individuazione di una causa
assorbente di inammissibilità dell’istanza, tratta dal richiamo -che non ha
implicato alcuna valutazione discrezionale- alle questioni con la stessa
sollevate e alla loro estraneità ai limiti del proposto incidente di
esecuzione.

3. Il ricorso deve essere, pertanto, dichiarato inammissibile.
Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso segue la condanna del
ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché -valutato il contenuto
del ricorso e in difetto dell’ipotesi di esclusione di colpa nella proposizione
dell’impugnazione- al versamento della somma, ritenuta congrua, di
millecinquecento euro alla cassa delle ammende.

3

“non definitività della sentenza in oggetto” e di “nullità dell’emissione dell’ordine

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e al versamento della somma di millecinquecento euro alla
cassa delle ammende.

Così deciso il 20/04/2017

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