Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 8637 del 23/11/2015


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 8637 Anno 2016
Presidente: BRUNO PAOLO ANTONIO
Relatore: CAPUTO ANGELO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
LONGO AGATA N. IL 30/10/1958
avverso la sentenza n. 100/2014 TRIBUNALE di CASTROVILLARI,
del 19/02/2015
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 23/11/2015 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. ANGELO CAPUTO
nerale in persona del Dott.
Udito il Procurator
che ha concluss. òer

Data Udienza: 23/11/2015

Udito il Sostituto Procuratore generale della Repubblica presso questa Corte
di cassazione dott. A. Galasso, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

Con sentenza deliberata il 19/02/2015, il Tribunale di Castrovillari ha
dichiarato inammissibile, in quanto tardivo, l’appello proposto avverso la
sentenza del 16/12/2013 con la quale il Giudice di pace di Rossano aveva

di giustizia e al risarcimento dei danni in favore della parte civile Brunetti
Gelsomina.
Avverso l’indicata sentenza del Tribunale di Castrovillari ha proposto ricorso
per cassazione Longo Agata, attraverso il difensore avv. G. Castagnaro,
articolando due motivi di seguito enunciati nei limiti di cui all’art. 173, comma 1,
disp. att. cod. proc. pen.
Il primo motivo denuncia inosservanza ed erronea applicazione degli artt.
591 e 595 cod. proc. pen. e 32 d. Igs. n. 274 del 2000: l’orientamento seguito
dalla sentenza impugnata è in contrasto con quello adottato dalla sentenza n.
40037/14 della Corte di cassazione; nel caso di specie, la sentenza del Giudice di
pace è stata deliberata all’udienza del 16/12/2013, con riserva di deposito della
motivazione entro 30 giorni, deposito che avveniva il 07/04/2014, con notifica
dell’estratto contumaciale all’imputata il 21/05/2015, laddove l’appello è stato
ritualmente proposto il 04/07/2014. Erroneamente il giudice di appello ha
dichiarato l’inammissibilità con sentenza e non con ordinanza.
Il secondo motivo denuncia inosservanza degli artt. 157 e 171 cod. proc.
pen.: il decreto di citazione per il giudizio di primo grado non risulta validamente
notificato all’imputata e la relativa nullità travolge anche il giudizio di appello.
Il ricorrente conclude chiedendo l’annullamento della sentenza impugnata
o, in subordine, la rimessione del ricorso alle Sezioni unite.

CONSIDERATO IN DIRITTO

Il ricorso deve essere rigettato.
La sentenza impugnata è in linea con il principio di diritto, condiviso dal
Collegio, in forza del quale, in tema di impugnazioni, la previsione di cui all’art.
32 D.Lgs. n. 274 del 2000 – per la quale, il giudice di pace deve depositare la
motivazione entro 15 giorni qualora non la detti a verbale – implica che
quest’ultimo non possa autoassegnarsi un termine diverso e maggiore, non
consentito dal predetto art. 32 D.Lgs. n. 274 del 2000, che riveste carattere
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dichiarato Longo Agata colpevole del reato di ingiuria, condannandola alla pena

derogatorio rispetto all’art. 544 cod. proc. pen., con la conseguenza che non può
trovare applicazione l’art. 2 del D.Lgs. n. 274 del 2000, che prevede l’estensione
delle norme del codice di rito nei procedimenti innanzi al giudice di pace, a meno
che non sia diversamente stabilito. Ne deriva che la motivazione depositata oltre
il quindicesimo giorno deve ritenersi depositata fuori termine, ed inoltre che il
termine per impugnare è quello di giorni trenta, decorrenti dal giorno in cui sia
avvenuta la notificazione, nella specie dell’estratto contumaciale, ai sensi degli
art. 548, comma secondo, 585, comma primo, lett. b) e comma secondo, cod.

252963; conf., ex plurimis, Sez. 5, n. 43493 del 28/05/2014 – dep. 17/10/2014,
Zampetta, Rv. 262955).
Non può essere seguito il diverso indirizzo accolto da Sez. 5, n. 40037 del
10/07/2014 – dep. 26/09/2014, Petrella, Rv. 260301, richiamata dal ricorrente:
infatti, come questa Corte ha già avuto modo di rilevare contrastando tale
indirizzo, «il D.Lgs. n. 274 del 2000, art. 32, comma 4, nel disciplinare il
dibattimento dinanzi al giudice di pace, stabilisce inderogabilmente; che “La
motivazione della sentenza è redatta dal giudice in forma abbreviata e
depositata nel termine di quindici giorni dalla lettura del dispositivo. Il giudice
può dettare la motivazione direttamente a verbale”; senza fare alcun cenno alla
possibilità per il giudice, prevista invece dall’art. 544 c.p.p., comma 3, di indicare
nel dispositivo un termine più lungo. L’esclusione di tale possibilità, da parte del
legislatore, ha una sua evidente ragione d’essere, in quanto la facoltà per il
giudice di indicare un termine più lungo è collegata – dal richiamato art. 544
c.p.p., comma 3 – alla particolare complessità della stesura della motivazione per
il numero delle parti o per il numero e la gravità delle imputazioni; situazione
questa che – per definizione – non si configura nel procedimento dinanzi al
giudice di pace, per la particolare semplicità dei procedimenti affidati alla sua
competenza e per le esigenze di celerità e immediatezza connesse alla sua
giurisdizione. Né, d’altra parte, può invocarsi – come fa il ricorrente l’applicazione, nel procedimento dinanzi al giudice di pace, dell’art. 544 c.p.p.,
comma 3, sulla base della clausola prevista dall’art. 2 D.Lgs. n. 274 del 2000,
per la quale “Nel procedimento davanti al giudice di pace, per tutto ciò che non è
previsto dal presente decreto, si osservano, in quanto applicabili, le norme
contenute nel codice di procedura penale”. Manca, infatti, il presupposto per
l’operare di tale clausola, presupposto che è costituito dalla mancanza di
disciplina specificamente dettata relativamente a taluno aspetto del
procedimento dinanzi al giudice di pace. Il D.Lgs. n. 274 del 2000, come si è
detto, disciplina specificamente il termine per il deposito della motivazione della
sentenza del giudice di pace, prevedendo un unico termine di quindici giorni non

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proc. pen. (Sez. 5, n. 11656 del 24/02/2012 – dep. 27/03/2012, Muto, Rv.

prorogabile (salva la possibilità della motivazione contestuale). Chiara è quindi la
volontà del legislatore, a mezzo della specifica disciplina dettata, di escludere
l’applicabilità, per il procedimento dinanzi al giudice di pace, dell’art. 544,
comma 3, c.p.p.» (Sez. 2, n. 10057 del 19/02/2015 – dep. 10/03/2015, Franchi,
Rv. 262755; conf.: Sez. 4, n. 15697 del 19/02/2015 – dep. 15/04/2015, Soriani,
Rv. 263142). Argomenti, questi, in linea con la giurisprudenza costituzionale che
ha rimarcato la riconducibilità del procedimento penale davanti al giudice di pace
a un «modello di giustizia caratterizzato da forme particolarmente snelle, di per

(Corte cost., ord. n. 201 del 2004; conf. ord. n. 415 del 2005), un modello
coerente con «esigenze di massima semplificazione» (Corte cost., ord. n. 349 del
2004).
Né si rende necessario il ricorso alle Sezioni unite di questa Corte, posto che
«il principio innanzi espresso trova diffusa conferma nella giurisprudenza di
legittimità con riguardo all’analoga questione concernente il termine
d’impugnazione della sentenza di non luogo a procedere pronunciata all’esito
dell’udienza preliminare (Cass. 43609/2007, Cass. 21520/2008, S.U.
21039/2011). A tal proposito la sentenza delle Sezioni Unite da ultimo citata ha
enunciato il principio, al quale si rinvia, in forza del quale “la riserva di
motivazione assunta secondo modalità non conformi al modello legale è
illegittima, è da considerarsi, pertanto, priva di qualunque valore e non può
mutare la natura del provvedimento, ne’ il regime che regola la relativa
impugnazione, quanto al termine per proporla e alla sua decorrenza”» (Sez. 4, n.
21243 del 11/04/2014 – dep. 26/05/2014, Comi, Rv. 260297; conf.: Sez. 5, n.
9832 del 08/01/2014 – dep. 28/02/2014, P.C. in proc. C, Rv. 262737).
Ribadito l’orientamento maggioritario della giurisprudenza di questa Corte
ed escluso che la declaratoria di inammissibilità possa essere inficiata
dall’adozione della stessa con sentenza, il ricorso – restando precluso l’esame del
secondo motivo – deve essere rigettato, con condanna della ricorrente al
pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna
processuali.
Così deciso il 23/11/2015.

la ricorrente al pagamento delle spese

sé non comparabile con il procedimento per i reati di competenza del tribunale»

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