Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 8625 del 20/12/2013


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 8625 Anno 2014
Presidente: FIALE ALDO
Relatore: RAMACCI LUCA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
IMPROTA GENNARO N. IL 15/10/1981
avverso la sentenza n. 5008/2009 CORTE APPELLO di NAPOLI, del
15/11/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. LUCA RAMACCI;

Data Udienza: 20/12/2013

– che la Corte di appello di Napoli ha riformato la sentenza del Giudice per le indagini preliminari
del Tribunale di quella città, in data 7/11/2008, affermando — in accoglimento dell’appello proposto
dal Procuratore Generale – la responsabilità penale di IMPROTA Gennaro per il reato di cui all’art.
349 cod. pen., per aver violato i sigilli apposti per violazione di ordinanza dirigenziale alla sua attività
commerciale di vendita di giocattoli (Napoli 26 \\9 \2007);
– – che avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’imputato, deducendo violazione di
legge ed osservando che la sentenza di condanna sarebbe fondata sull’orientamento espresso dalle
SS.UU. di questa Corte, suscettibile di essere superato in ogni momento e formulato dopo la
commissione del fatto, cosicché sarebbe stato violato il principio del favor rei;
– – che tali deduzioni risultano manifestamente infondate. Invero, le Sezioni Unite di questa Corte
(sent. 5385, 10 febbraio 2010) hanno stabilito che il reato di violazione di sigilli è configurabile anche
nel caso in cui i sigilli siano stati apposti esclusivamente per impedire l’uso illegittimo della cosa,
perché questa finalità deve ritenersi compresa in quella, menzionata nell’art. 349 cod. pen., di
assicurare la conservazione o la identità della cosa. A tale principio, che rispecchia quanto già in
precedenza affermato dalla giurisprudenza decisamente prevalente, si è adeguata la successiva
giurisprudenza di questa Corte e, del tutto correttamente, la Corte territoriale, senza che possa dirsi
violato il principio del favor rei pacificamente non applicabile nella fattispecie;
— che il ricorso, conseguentemente, deve essere dichiarato inammissibile e alla declaratoria di
inammissibilità — non potendosi escludere che essa sia ascrivibile a colpa del ricorrente (Corte Cost.
7-13 giugno 2000, n. 186) — segue l’onere delle spese del procedimento, nonché quello del
versamento, in favore della Cassa delle ammende, della somma, equitativamente fissata, di euro
1.000,00
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del procedimento
e della somma di euro 1.000,00 (mille/00) alla Cassa delle ammende.
Così deliberato in ROMA, nella camera di consiglio del 20/12/2013

Ritenuto:

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