Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 8617 del 20/12/2013


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 8617 Anno 2014
Presidente: FIALE ALDO
Relatore: AMORESANO SILVIO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
CANDALESE BRUNO N. IL 10/08/1947
LEONE LUCA N. IL 15/01/1973
avverso la sentenza n. 3280/2009 CORTE APPELLO di ROMA, del
12/02/2013
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. SILVIO AMORESANO;

Data Udienza: 20/12/2013

1

OSSERVA
1) Con sentenza del 12.2.2013 la Corte di Appello di Roma confermava la sentenza del
Tribunale di Tivoli, emessa in data 3.7.2008, con la quale Candalese Bruno e Leone
Luca, previo riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche dichiarate
equivalenti alla circostanza aggravante del numero delle persone contestata in fatto,
applicata la diminuente per la scelta del rito, erano stato condannati alla pena di anni
6 di reclusione ed euro 30.000,00 di multa per il reato di cui all’art.73 DPR 309/90,
esclusa l’aggravante di cui all’art.80, ed il Candalese anche alla pena di mesi 4 di
reclusione per il reato di cui agli artt. 477, 482 c.p.
Ricorre per cassazione Leone Luca, a mezzo del difensore, denunciando la violazione di
legge ed il vizio di motivazione in relazione all’affermazione di responsabilità, alla
mancata concessione delle circostanze attenuanti di cui agli artt.116 co.2 c.p. e 114
c.p., ed infine al mancato riconoscimento delle generiche con criterio di prevalenza.
Ricorre, a sua volta, Candalese Bruno, a mezzo del difensore, denunciando l’assoluta
mancanza di motivazione in ordine alle richieste avanzate nei motivi di appello quanto
al giudizio di comparazione ed alla determinazione della pena.
2) I ricorsi sono manifestamente infondati.
2.1) Quanto al ricorso del Leone, il primo motivo in tema di responsabilità è generico e,
comunque, attraverso una formale denuncia di vizi di motivazione, richiede una (non
consentita nel giudizio di legittimità) rivisitazione delle risultanze probatorie. La
Corte territoriale, richiamando anche la sentenza di primo grado, ha adeguatamente
argomentato sulla consapevolezza da parte del Leone delle attività poste in essere dai
coimputati nella cantina (pag.19-20 sent.).
2.2) In ordine alla circostanza attenuante di cui all’art.114 c.p., va ricordato che,
secondo la giurisprudenza di questa Corte,”In tema di concorso nel reato la
circostanza attenuante della partecipazione di minima importanza si applica nei casi in
cui il ruolo di taluno dei concorrenti, o nella fase preparatoria o in quella esecutiva,
abbia avuto un’efficacia eziologica del tutto marginale nella causazione dell’evento,
nel senso che il reato sarebbe stato ugualmente compiuto anche senza l’attività del
correo”(cfr.ex multis Cass.Sez.2 n.18582/2009; Cass.Sez.2 n.6922/2011).
La Corte territoriale ha applicato correttamente tali principi e, con motivazione
adeguata ed immune da vizi logici, ha ritenuto che la messa a disposizione di un locale
per lo svolgimento dell’attività di raffineria non solo non costituiva un contributo di
minima importanza, ma rappresentava “addirittura il presupposto sul quale si sviluppa
poi la restante programmazione delittuosa” (pag.22 sent.).
Per di più (cfr. Cass. Sez. 3 n.19096 del 19.4.2012) “la circostanza attenuante della
minima partecipazione al fatto non è applicabile quando il numero dei partecipanti al
reato sia considerato come circostanza aggravante speciale, in quanto la riserva “salvo
che la legge disponga altrimenti” contenuta nell’art.112 cod.pen. non solo sta ad
indicare la prevalenza delle norme speciali sulla regola generale, ma esclude pure
l’applicabilità dell’attenuante
anche in presenza di siffatte norme speciali
(giurisprudenza consolidata
a partire da Cass.sez.2, 28.7.1987 n.8750; conf.

IN’

Cass.sez.6 n.11338 del 10.11.1994; Cass.pen. sez.2 n.6382 dell ‘8.5.1996; Cass. Sez.6
n.6250 del 17.10.2002).
2.3) Correttamente la Corte territoriale ha escluso l’applicabilità della diminuente di
cui all’art.116 co.2 c.p. non sussistendo, come evidenziato in precedenza, i due limiti
negativi indicati dalla giurisprudenza “e cioè che il soggetto non abbia partecipato
all’azione commissiva e che non abbia previsto l’evento neanche a titolo di dolo
eventuale o alternativo”.
2.4) Infine, in ordine alle doglianze sul trattamento sanzionatorio, contenute nei
ricorsi del Candalese e del Leone, va ricordato che ai fini dell’applicabilità delle
circostanze attenuanti generiche e della formulazione del giudizio di comparazione, il
giudice di merito deve riferirsi ai parametri di cui all’art.133 c.p., ma non è
necessario, a tal fine, che li esamini tutti, essendo sufficiente che specifichi a quale
di esso ha inteso far riferimento. Trattasi, invero, di un giudizio di fatto lasciato alla
discrezionalità del giudice, che deve motivare nei soli limiti atti a far emergere, in
misura sufficiente, la sua valutazione. Non è necessario, quindi, scendere alla
valutazione di ogni singola deduzione difensiva, dovendosi, invece, ritenere sufficiente
che il giudice indichi, nell’ambito del potere discrezionale riconosciutogli dalla legge,
gli elementi di preponderante rilevanza ritenuti ostativi alla concessione delle
attenuanti. Il preminente e decisivo rilievo accordato all’elemento considerato implica
infatti il superamento di eventuali altri elementi, suscettibili di opposta e diversa
significazione, i quali restano implicitamente disattesi e superati. Sicché anche in sede
di impugnazione il giudice di secondo grado può trascurare le deduzioni specificamente
esposte nei motivi di gravame quando abbia individuato, tra gli elementi di cui
all’art.133 c.p., quelli di rilevanza decisiva e le deduzioni dell’appellante siano
palesemente estranee o destituite di fondamento (cfr.Cass.pen.sez. 1 n.6200 del
3.3.1992; Cass.sez.6 n.34364 del 16.6.2010).
2.4.1) La Corte territoriale, con motivazione puntuale ed immune da vizi logici, ha
ritenuto, in relazione sia al Leone che al Candalese, che non potesse farsi luogo ad un
giudizio di comparazione in termini di equivalenza in considerazione della particolare
gravità del fatto “valutato nella sua reale potenzialità di contaminazione del territorio
attraverso la trasformazione delle materie prime..” e che la pena irrogata in primo
grado fosse assolutamente proporzionata all’entità dei fatti (pag.22).
3) I ricorsi debbono quindi essere dichiarati inammissibili, con condanna dei ricorrenti
al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi atti ad escludere la
colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al versamento alla cassa delle
ammende della somma di euro 1.000,00 ciascuno ai sensi dell’art.616 c.p.p.
P. Q. M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese
processuali e della somma di euro 1.000,00 ciascuno in favore della Cassa delle
ammende.
DL
N TATA 1
Così deciso in Roma il 20.12.2013

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